Il 20 settembre del 1870 terminava il regno del potere temporale più potente di tutti i tempi: quello dei Papi cattolici. Terminava a opera di qualche decina di migliaia di soldati del neocostituito Regno d’Italia, che aveva attaccato Roma dopo anni di virtuosismi diplomatici e vigliacchi doppi giochi finalizzati a rendere la Città Eterna capitale del regno, un posto che nell’immaginario collettivo le spettava di diritto.
La presa di Roma non era nei piani iniziali di Cavour, che non ha sempre avuto tra le sue priorità l’Unità d’Italia: eppure, anche lui si convinse che era necessaria per poter dare peso al regno sullo scacchiere internazionale, e in uno dei suoi ultimi discorsi, poco prima della sua morte e poco dopo l’Unità d’Italia, nel 1861, ne sostenne la proposta. L’annessione di Roma, specie nella visione di Cavour, avrebbe dovuto realizzarsi con accordi diplomatici: il Papa (Pio IX) avrebbe dovuto rinunciare al potere temporale in cambio della rinuncia al Giurisdizionalismo (ovvero l’amministrazione degli affari ecclesiastici da parte delle ragionerie del Regno) dello Stato italiano. Questo progetto, però, naufragò, e dunque si cominciò ad attivare la diplomazia e a ipotizzare i più vili stratagemmi pur di prendere Roma.
Il problema, infatti, non era tanto lo Stato Pontificio in sé, quanto la Francia che lo difendeva per via di un trattato precedentemente sottoscritto! Per quanto il neonato regno potesse contare sulle forze militari degli staterelli che lo avevano costituito, di certo inimicarsi la Francia di Napoleone III non sarebbe stata una buona idea. Fortunosamente, Garibaldi aveva piani diversi, ed iniziò a muovere verso il Lazio, sfruttando delle insurrezioni di matrice mazziniana nella zona. Fu sconfitto a Mentana dalle truppe pontificie, aiutate però da quelle francesi: una violazione del trattato in vigore, che prevedeva che le truppe italiane (che non erano unite ai garibaldini in questo caso) si tenessero lontane da Roma in cambio del non intervento di quelle francesi su altri campi. Con questa scusa, tre anni dopo, allo scoppio della guerra franco-prussiana che diede altri grattacapi da gestire a Napoleone III, l’esercito italiano entrò a Porta Pia e prese Roma.

L’influenza militare dello Stato Pontificio nel 1870 era significativamente ridotta rispetto agli anni d’oro, per quanto l’influenza religiosa fosse ancora forte. Eppure, che uno Stato osasse sfidare apertamente, per pura brama di conquista, il potere di Santa Romana Chiesa era ancora inaudito.
La celebrazione di questa tappa fondamentale della storia europea ed italiana fu oggetto di una festa nazionale che fu celebrata fino al 1929, con la firma dei Patti Lateranensi tra il governo fascista di Mussolini e Papa Pio XI: in tale data, il Vaticano ottenne la definizione di Stato Indipendente e il cattolicesimo fu proclamato religione di Stato. Assieme al pagamento degli assegni di congrua (una specie di piccolo stipendio pagato dallo stato ai parroci, prima con fondi derivanti dalla vendita dei beni ecclesiastici e, a partire dal 1932, con fondi dell’erario, cioè con le tasse di tutti), queste condizioni non mutarono fino al 1984, quando, con l’accordo di Villa Madama stipulato tra l’Italia e il Vaticano, il cattolicesimo smise di essere religione di stato e i finanziamenti alla Chiesa passarono al sistema dell’8 x mille (un sistema di finanziamento di tutte le confessioni religiose che stipulano un accordo con lo stato italiano, pesantemente sbilanciato a favore della Chiesa Cattolica).
Cosa resta della breccia di Porta Pia 149 anni esatti dopo? A leggere i giornali, ben poco. Lo Stato Italiano versa ancora ogni anno più di sei miliardi alla Chiesa Cattolica, senza chiedere alcun rendiconto o bilancio pubblico (così come non viene chiesto, va detto, alle altre confessioni religiose; però, per dire, i Valdesi non usano l’8 x mille per le spese di culto e ci sono svariati documenti giustificativi online). A fronte di un 37% di scelta per destinare la donazione alla Chiesa cattolica, poiché il meccanismo ripartisce le quote non assegnate in proporzione alle firme ottenute, questa ottiene l’80% del denaro dell’8 x mille.
L’ora di religione cattolica è ancora presente nei programmi scolastici, con docenti nominati dai vescovi (ma stipendiati con i soldi di tutti i contribuenti), e, anche se in teoria ci sarebbe la possibilità di scegliere un’alternativa, in pratica è raro che questa alternativa sia un valido sostituto, le poche volte in cui viene effettivamente messa in piedi.
Anche solo parlare di togliere i crocefissi dalle aule scolastiche della scuola pubblica, che vi stanno appesi in virtù di due diversi regi decreti di epoca fascista, scatena le reazioni più improbabili, fino ad arrivare a un’assurdo pronunciamento del Consiglio di Stato del 2006 secondo il quale il crocefisso esprimerebbe “valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato”.
La breccia di Porta Pia, dopo le Leggi Siccardi del 1850, è stata un passo fondamentale verso la laicità dello Stato Italiano: un passo reso di fatto vano dal Concordato mussoliniano, rimodellato ma senza mutarne significativamente il contenuto tra il 1984 e il 1986, in anni, vale la pena ricordare oggi, di ingerenze pesanti da parte delle gerarchie cattoliche in Italia. Se è pienamente legittimo che la Chiesa, in quanto entità ideologica e sociale, si esprima e indirizzi gli appartenenti alla sua corrente di pensiero verso questa o quella posizione politica, quello che è inaccettabile è che le cariche dello Stato diano precedenza alle richieste cattoliche, quando non vi si piegano direttamente, nelle parole o nei fatti. Per quanto l’attuale Papa sia amato da molti, soprattutto a sinistra, che lo vedono come un “riformista” per via delle sue posizioni su etica del lavoro e ambiente, sui temi dei diritti civili e sull’evoluzione della società anche Jorge Mario Bergoglio non si distanzia significativamente dai suoi predecessori: aborto, eutanasia, matrimonio egualitario, identità di genere, e più in generale l’autodeterminazione degli individui, sono temi sui quali le posizioni di Santa Romana Chiesa verosimilmente non muteranno a breve.
Eppure, la società civile si muove, e le conquiste fatte in tutti questi anni in nome della laicità e dell’autodeterminazione non verranno cedute facilmente. Divorzio, aborto, unioni civili, sono tutte scelte politiche fatte nonostante l’opposizione inamovibile e onnipresente delle gerarchie ecclesiastiche, come le già menzionate leggi Siccardi e come, naturalmente, l’assalto a Roma del 1870.
Mentre alcune di queste vengono addirittura rimesse in discussione, altri temi, come eutanasia e testamento biologico, entrano prepotentemente in scena, forti della potenza dei mezzi di comunicazione contemporanei. Il lavoro di associazioni come la Luca Coscioni, di idee politiche come quelle radicali e anche di espressioni storiche della laicità come l’UAAR si sostituisce alla politica nella rappresentazione delle istanze laiche, per preservare ciò che c’è di già conquistato e per conquistare ciò che ancora non lo è. Dove l’inerzia o la sottomissione della politica paralizzano, col pretesto di rappresentare la volontà dei cittadini, sono loro che alle domande di quegli stessi cittadini, molto più laici di quanto pretenda la politica, esigono risposte.
Guglielmo De Monte
@BufoHypnoticus
[Immagine in copertina: Breccia di Porta Pia di Carlo Ademollo, dal Museo del Risorgimento di Milano]
[Altre immagini: da Superfantozzi, di Neri Parenti; da emugifs.net]
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