Megan Rapinoe VS Donald Trump

“È veramente questo ciò che vuoi fare il giorno prima di salire sul palco più grande della tua vita?” 

“È esattamente per questo che lo voglio fare”. 

Se della storia recente di Megan Rapinoe facessero un film, queste probabilmente sarebbero le battute iniziali. È ciò che ha detto Megan a Sue, annunciandole che si sarebbe tinta i capelli di rosa il giorno prima della partenza per la Coppa del Mondo di calcio femminile in Francia. Là dove il mondo l’ha conosciuta, dove è stata consacrata come paladina dei diritti civili e LGBT (oltre che campionessa del mondo), dove il presidente Trump senza volerlo forse ha creato la sua vera nemesi, dov’è nata l’icona Pink hair vs Orange hair

Ormai siamo nell’autunno 2019 e le elezioni presidenziali 2020 sono alle porte. La fantastica sbornia estiva per la vittoria del quarto mondiale, dopo il victory tour, sta svanendo. I vari Biden, Sanders, Warren e Harris scaldano i motori per sfidare il presidente, ma nella testa e nei cuori di molti rimangono i gesti ed i discorsi di “Pinoe”, la sua querelle con Trump e quell’invito alla Casa Bianca che mai avverrà. Sfrontata, sicura di sè, dura, ma sempre con il sorriso sulle labbra, una Wonder Woman dai capelli rosa: è lei l’eroina che il popolo americano Lib-Dem aspettava?

Chi è Megan Anna Rapinoe

La calciatrice 34enne nasce il 5 luglio 1985 a Redding, rocciosa cittadina conservatrice nell’entroterra californiano, da Jim, impresario edile, e Denise, cameriera. È molto legata alla sua famiglia, non passa giorno senza sentirla, anche se le divergenze d’opinione non mancano. In una intervista per il The Guardian scherza molto sul fatto che non capisca come mai i suoi genitori non siano democratici. Il padre Jim, pur essendo molto orgoglioso di lei (e ci mancherebbe, ndr), ha probabilmente votato per Donald Trump alle scorse presidenziali e guarda Fox News, canale filo conservatore che più volte l’ha criticata. 

Impara a giocare giovanissima ad appena tre anni e comincia la sua carriera internazionale con le convocazioni per la nazionale Under 16 e Under 19, partecipando nel 2004 al mondiale femminile di categoria in Thailandia. Dopo due brutti infortuni al ginocchio che le precludono la possibilità di partecipare alla coppa del mondo in Cina nel 2007 e alle Olimpiadi di Pechino 2008, nel 2011 gioca finalmente il suo primo mondiale con la nazionale maggiore, in Germania. Questa esperienza, purtroppo per noi, passa anche per l’Italia. Le americane sono costrette ad uno spareggio contro le nostre azzurre per partecipare alla competizione. È proprio lei a servire l’assist per il gol qualificazione, ma non vogliamole male per questo. La loro esperienza è poi terminata con l’inattesa sconfitta contro le Giapponesi in finale. Una grandissima delusione per le statunitensi, una favola del calcio moderno per le nipponiche. 

Megan, oltre che per le doti tecniche, anche in quell’occasione si è fatta notare per una sua esultanza, allora stranamente molto patriottica. In occasione del suo primo gol nella competizione, ha preso un microfono da campo e intonato “Born in the USA” di Bruce Springsteen. Che dire, a casa avranno approvato! Tra il 2013 ed il 2014 ha giocato in Europa, all’Olympique Lione, e dal 2014 ad oggi è stata di casa al Seattle Reign FC, nello stato di Washington. Con la nazionale, ha vinto il mondiale 2015 in Canada e l’ultimo in Francia, riscattando ampiamente la sconfitta del 2011.

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Fonte: People.com

In primo piano per i diritti civili e equal pay

Nonostante il suo talento, la discreta fama nel mondo del calcio e il suo carattere ironico e solare le garantissero al liceo una certa popolarità, Megan non riusciva a godersela fino in fondo. Sentiva che c’era qualcos’altro, qualcosa che la bloccava, che non la faceva sentire dove voleva essere. Finché al primo anno di college non ha realizzato di essere gay. Il suo coming out non è stato per nulla traumatico, – racconta sempre al The Guardian – anzi, nonostante le preoccupazioni iniziali dei genitori, lei non ha mai pensato che la sua vita avrebbe potuto essere resa più difficile da questo. Si è sentita al suo posto, fuori dal mainstream finalmente, così come la conosciamo noi oggi. Il suo primo pensiero è stato: “Questo è meraviglioso! E se ad alcune persone questo non va giù, allora non mi importa proprio di avere quelle persone nella mia vita.” 

Nel luglio 2012 ha fatto pubblicamente coming out nella rivista LGBT Out, dichiarando la sua relazione con la calciatrice australiana Sarah Walsh. Dal 2016, invece, è fidanzata con Sue Bird, giocatrice di Basket delle Seattle Storm. 

Pur non avendo mai sofferto problematiche causate del suo orientamento sessuale, e non essendosi mai fatta molti problemi a rendere pubbliche le sue relazioni, è sempre stata molto attiva nel supporto e sostegno di attività contro la discriminazione di genere. In una recente intervista al The New York Times ha dichiarato : “Il mio attivismo nasce dal mio modo di vedere le cose e anche se non ho vissuto molta omofobia e non c’erano persone a insultarmi perché lesbica, essere gay ha dato una forma al mio modo di vedere la vita. È come se dicessi a Trump, ma anche ai detrattori in generale, che non ci toglieranno la nostra gioia come squadra, così come non ce la toglieranno come comunità LGBTQ e come America. E’ una sorta di vaffa…, ma carino. Molta della fiducia in me stessa deriva dal fatto che non sento la pressione sociale di dover essere qualcosa di diverso da ciò che voglio essere”.

Rapinoe assieme alle sue compagne di nazionale è una fiera sostenitrice della lotta per la parità di salario tra uomini e donne. Come nazionale e come atlete si sentono direttamente colpite da questo. Nel 2016 è stata una delle autrici di un esposto alla Equal Employment Opportunity Commission per la discriminazione delle giocatrici e la disparità di trattamento e salario rispetto ai colleghi meno titolati della nazionale maschile. Nel marzo 2019, 28 giocatrici della nazionale hanno intentato una causa contro la US soccer federation per discriminazione di genere.

Se avete avuto occasione di seguire il mondiale femminile e di vedere una delle partite della nazionale USA, avrete notato che lei era l’unica calciatrice americana a non cantare l’inno. Un fatto curioso, che ha attirato molta attenzione su di lei da parte della stampa internazionale. La “silent protest” non è una novità di quest’estate, ha radici ben più profonde. A venire simbolicamente contestato è l’inno stesso, uno dei simboli sacri degli USA. L’ultimo verso infatti recita “nella terra dei liberi e la casa dei coraggiosi”, chi contesta vuole denunciare come negli Stati Uniti di oggi non tutti siano realmente liberi, non siano più la casa dei coraggiosi. Nel 2016 (nei primi mesi del mandato Trump) Colin Kaepernick, giocatore di football, decide di inginocchiarsi durante l’inno prima delle partite della NFL per protestare contro la mancanza di rispetto dei diritti verso i cittadini afroamericani. Rapinoe aderisce alla protesta, e durante l’inno nazionale prima di una partita delle Reign FC anche lei si inginocchia. A seguito dichiarerà al The Players Tribune : “Essendo un’americana gay, so cosa significa guardare la bandiera e sentire che essa non protegge tutte le tue libertà. Ho scelto di inginocchiarmi perché semplicemente non sopporto il tipo di oppressione che questo paese sta concedendo contro il suo stesso popolo. Ho scelto di inginocchiarmi perché, nelle parole di Emma Lazarus, ‘Fino a quando non saremo tutti liberi, nessuno di noi sarà libero’ “. Dopo questo gesto la US Soccer Federation si affretta a fare una dichiarazione dove afferma di aspettarsi che tutti i giocatori ed i tecnici stiano in piedi ed onorino la bandiera mentre viene cantato l’inno. Richiesta che, qualche mese più tardi, diventa una vera e propria regola. A quel punto Megan dichiara : “Probabilmente non porrò più la mano sul cuore. Probabilmente non canterò mai più l’inno nazionale.” 

USA v Chile: Group F - 2019 FIFA Women's World Cup France
Fonte: nbcnews.com

La querelle mondiale e il discorso a Manhattan

Così arriviamo a quest’estate. Megan si definisce una “walking protest” contro tutto quello che è l’amministrazione Trump. In mondovisione non canta l’inno nazionale e i media trasmettono un video girato un mese prima del mondiale, dove alla domanda se lei fosse eccitata da un invito della squadra alla Casa Bianca al loro ritorno, lei ha pacatamente risposto : “I’m not going to the f*ing White House”. Insomma, che avrebbe declinato l’invito. Precisiamo che, nel 2015, dopo la vittoria mondiale, la nazionale era stata invitata dal presidente Obama, e Rapinoe c’era. A questo punto Donald Trump probabilmente non ci ha visto più e ha attaccato direttamente la co-capitana della nazionale su Twitter, affermando : “I club, a parte quelli di Nba, amano venire alla Casa Bianca. Io sono un grande fan della squadra americana e del calcio femminile, ma Megan dovrebbe pensare a vincere prima di parlare! Finisca il lavoro! Non abbiamo ancora invitato Megan o la squadra, ma lo faccio ora, sia che vincano oppure che perdano. Megan non dovrebbe mai mancare di rispetto al nostro paese, alla Casa Bianca o alla nostra bandiera, soprattutto perché è stato fatto tanto per lei e per la squadra. Siate orgogliosi della bandiera che rappresentate”. Ebbene la vittoria è arrivata, Megan ha anche segnato in finale. Sono arrivati i premi individuali, la scarpa d’oro ed il premio come miglior giocatrice del torneo, che lei ha accolto sorridendo con un sincero e sfrontato “L’ho meritato!”. Cosa non è arrivato? L’invito alla Casa Bianca ovviamente. Le compagne di squadra si sono schierate compatte con la co-capitana e per l’amministrazione probabilmente un rifiuto sarebbe uno smacco troppo grande in vista delle prossime elezioni presidenziali. Il presidente si è limitato alle congratulazioni alla nazionale per mezzo social. Meglio salire sul carro delle vincitrici, ma stando un po’ defilati, evitando di dare ancora più luce a un astro dei diritti civili.

È  servito a poco. Appena tornate in patria, per le 22 del calcio femminile a stelle e strisce  è iniziato il victory tour, prima tappa New York City, Manhattan. Tra ali di folla festante, cori che inneggiavano all’equal pay, fischi contro il presidente della US Soccer Federation presente sul palco, Megan ha tenuto un discorso memorabile, toccante, dimostrando una notevole abilità oratoria che sintetizza la sua battaglia per sé, per le sue compagne, per tutte le minoranze non tutelate o rappresentate dall’attuale amministrazione USA. 

“Questo gruppo è così resiliente, è così resistente e ha un grande senso dell’umorismo. Siamo tostissime. Non c’è nulla che lo possa spaventare. Non ci smuove nulla. Abbiamo preso il tè (NdR. in riferimento al gesto di festeggiamento che facevano sul campo di calcio), abbiamo festeggiato. Abbiamo capelli rosa e capelli viola, abbiamo tatuaggi e dreadlocks. Abbiamo ragazze bianche e ragazze nere, e tutto ciò che c’è nel mezzo. Ragazze etero e ragazze gay. Non potrei essere più orgogliosa di essere una co-capitana con Carli (Lloyd) e Alex (Morgan) di questa squadra. È un mio onore assoluto guidare questa squadra sul campo. Non c’è altro posto in cui vorrei essere, neanche in una corsa presidenziale. In questo momento sono occupata, mi dispiace”.

“Dobbiamo essere migliori. Dobbiamo amare di più, odiare di meno. Dobbiamo ascoltare di più e parlare di meno. Dobbiamo sapere che questa è una responsabilità di tutti. Di ogni singola persona che è qui, di ogni singola persona che non è qui, di ogni singola persona che non vuole essere qui. Di ogni singola persona che è d’accordo e di chi non è d’accordo. È nostra responsabilità rendere questo mondo un posto migliore”. “Questo è il mio impegno per tutti: fare quello che si può fare. Fare quello che devi fare. Uscire da te stesso. Siate di più, siate migliori, siate più grandi di quanto non siate mai state prima. Se questa squadra è il risultato di quello che succede quando lo si fa, per favore prendeteci come esempio.”

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Fonte: The New York Times

Qui il video integrale del discorso : https://www.youtube.com/watch?v=wS86ERg07bA

Megan e la politica

Tutti ormai le chiedono commenti, opinioni, tutti la vorrebbero in campo (non solo quello da gioco, ma quello politico) e tutti gli americani vogliono tenere questo confronto Pink hair vs Orange hair più vivo che mai. Qualcuno ha già stampato delle magliette Rapinoe Bird 2020, sognando la coppia candidata alle presidenziali. Lei più volte si è sottratta a ogni discorso a proposito di un suo possibile approdo in politica, almeno in tempi brevi. Ribadisce che è solo una giocatrice, che ci vogliono persone preparate e qualificate. Però, d’altro canto, ha anche affermato che il livello del confronto politico da quando c’è Trump si è molto abbassato e che, se chiamata in causa, sarà felice di dare il suo sostegno e appoggio ai candidati Dem

Forse il 2020 è troppo presto, troppo vicino, ma la numero 15 della nazionale ha già 34 anni, e ha saltato le ultime tappe del victory tour e le prime partite di campionato a causa di un infortunio. Che il momento di appendere gli scarpini al chiodo non sia così lontano? Eventualmente, quando sarà, in molti sarebbero felici di votarla e fare di lei la loro rappresentante al congresso. Potrebbe contare su un grandissimo sostegno nello stato di Washington, nel quale da anni risiede. Lì infatti ci sarebbero due seggi al Senato che sarebbero soggetti a rielezione nei prossimi cinque anni, entrambi attualmente occupati da donne. Staremo a vedere. Una cosa è certa, una nuova stella è nata, e non solo sul campo da calcio.

Riccardo Dotti

 

Fonte foto in copertina: People.com

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