Killing it softly: lo status di salute del pianeta secondo WWF

Killing it softly: lo status di salute del pianeta secondo WWF

Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Queste le domande su cui l’umanità si è sempre interrogata, degli evergreen. Figlia del nostro tempo è invece la domanda: “dove siamo diretti a bordo della barca che giornalmente contribuiamo a smantellare, prima l’albero, poi il boccaporto, l’amantiglio, fino alle stesse assi di legno?” Come ci cibiamo, come alimentiamo i nostri impianti, come finanziamo le nostre vite, come produciamo e consumiamo: tutto questo ha un impatto su foreste, oceani, fauna, terreno. Un impatto – come mostrano i dati di cui sotto – a tanti, tanti zeri. », realizzato ogni due anni dal WWF in collaborazione con la Zoological Society of London. Questo numero – una cosa come dieci volte il PIL dell’Unione Europea – è ciò che risulta sommando la stima del valore economico di tutto ciò che la natura crea e compie e di cui noi beneficiamo – dalle materie prime con cui si sintetizzano i medicinali, all’ispirazione e ai materiali che nutrono l’innovazione tecnologica, passando per i prodotti alimentari che nutrono noi, l’acqua utilizzata per i più disparati scopi, fino anche alla regolazione climatica, del ciclo dell’acqua e dell’erosione. Possiamo quindi  dire, in barba ai negazionisti, che non solo siamo dipendenti dal pianeta in cui viviamo e dalle sue risorse, ma che ne siamo fortemente dipendenti. L’exploit dei consumi umani sta facendo sentire il proprio impatto come in nessun altro periodo della storia del pianeta sul suo funzionamento – tanto che si sta parlando di una vera e proprio nuova era geologica, l’Antropocene – ed è fondamentalmente la forza trainante dei preoccupanti cambiamenti che stanno interessando l’ecosistema. Di base, abituate e abituati come siamo ai modelli economici del ventesimo secolo – in cui il tasso di consumo umano era notevolmente inferiore a quello della biocapacità, la capacità dell’ecosistema di rinnovarsi autonomamente – abbiamo dimenticato di fare l’aggiornamento al ventunesimo secolo. Un aggiornamento che prevede una serie di nuove consapevolezze: l’aumento esponenziale dei consumi e dell’inquinamento legati a stili di vita sempre più ; un antropocentrismo aggressivo a discapito della natura; una buona dose di cecità nel non accettare che i ritmi dei nostri consumi stanno al ritmo di rigenerazione dell’ecosistema come Usain Bolt sta a Bojack Horseman. Operazioni consigliate: ripensare come consumiamo e come produciamo e smettere di considerare l’ecosistema come un «nice to have», riconoscendogli la dignità di condizione necessaria all’esistenza umana almeno per come la conosciamo oggi. I dati presenti in questo report parlano ad alta voce; gridano, anzi. , si stima, sono sostanzialmente libere dall’impronta umana e le previsioni parlano di un ulteriore declino di un decimo entro il 2050. – un indice che misura il consumo umano di risorse naturali rispetto alla biocapacità – è aumentata circa del dell’ecosistema terrestre, con un impatto sullo standard di vita di almeno e che ancora il 90% delle barriere coralline possa scomparire, se il ritmo di pesca intensiva e su larga si mantiene costante. Il Living Planet Index ha registrato, tra il 1970 e il 2014, il , con punte fino all’89% nei Tropici. Tra le maggiori cause di questa carneficina la degradazione degli habitat, la frammentazione delle foreste, il sovrasfruttamento delle risorse, l’introduzione di specie aliene, l’inquinamento, il cambiamento climatico, con una menzione speciale all’agricoltura intensiva accompagnata da additivi sintetici. , come ci rassicura il Direttore generale di WWF International, Marco Lambertini «Oggi abbiamo ancora la possibilità di scegliere. Possiamo essere i fondatori di un movimento globale che cambi la nostra relazione con il pianeta, che assicuri un futuro per tutte le forme di vita della Terra, inclusa la nostra. Oppure possiamo essere la generazione che ha avuto la propria chance e non l’ha colta, che si è lasciata sfuggire la Terra. . Assieme possiamo farcela, per la natura e per le persone».