Come Salvini sta trasformando l’Italia in una fabbrica di illegalità

L’illusione è che l’immigrazione sia una problema che si può risolvere. Un’equazione, quella elaborata dal Ministro dell’Interno che della lotta contro i migranti ha fatto una bandiera, che somma fattori diversi: la criminalizzazione dell’attività delle ONG, l’abolizione della protezione umanitaria, il taglio dei fondi destinati all’accoglienza, l’istigazione costante all’odio verso il diverso che trasforma, sistematicamente, il sospetto in sentenza, l’ipotesi in comprovata verità.

Ecco allora che il calo degli sbarchi sulle coste italiane (4.259 arrivi via mare in Italia nel mese di novembre 2018 rispetto ai 13.216 dello scorso anno, nello stesso periodo. Fonte: UNHCR) si trasforma in una vittoria. Una vittoria di Pirro perché il domani che le politiche migratorie di oggi prospettano è fosco. L’Italia si prepara, infatti, a diventare una fabbrica dell’illegalità, un Paese dove un numero sempre crescente di persone si troverà senza documenti, senza un posto dove stare, senza una lingua con cui comunicare.

Entro il 2020 saranno 60.000 in più le persone che si troveranno in condizioni di irregolarità. Questa la stima di uno studio di Matteo Villa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) che ha analizzato le potenziali conseguenze del decreto Salvini, mettendo al centro dell’analisi proprio l’eliminazione della protezione umanitaria tra non rinnovi e mancate concessioni.

Nella retorica politica, queste persone dovrebbero essere rimpatriate nel loro paese, ma i tempi della politica non corrispondono a quanto accade davvero. I rimpatri, sia volontari che forzati, hanno dei costi molto elevati: secondo le stime di Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e di costiera, riportate da un articolo de LaVoce.info, ciascun rimpatrio costa, in media, 5.800€ che, dunque, alla luce del numero di irregolari attualmente in Italia (ipotizzando che si possa effettivamente procedere con il rimpatrio) verrebbe a pesare sulle casse pubbliche per quasi 3 miliardi di euro. Il tutto guardando alla questione solamente dal punto di vista economico che, però, non è il solo poiché gli stati debbono rispettare alcuni vincoli legali come il divieto di espulsione di massa (previsto dalla Carta europea dei diritti dell’uomo, CEDU), l’obbligo di rispettare in principio non refoulement per cui, ai sensi dell’art.33 della Convenzione di Ginevra, a un rifugiato non può essere impedito l’ingresso sul territorio né può esso essere deportato, espulso o trasferito verso territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate, fino ai principi costituzionali di rispetto dei diritti umani e di uguaglianza di fronte alla legge. La criticità maggiore resta, infine, quella degli accordi di riammissione tra il paese dove il migrante si trova e quello d’origine. In assenza di ciò, la persona forzatamente rimpatriata non potrà effettivamente rientrare a casa, ammesso che effettivamente ce ne abbia ancora una e che il paese d’origine sia un paese sicuro de facto e non soltanto a parole.

Non sorprende, dunque, scoprire che – dati alla mano – il governo giallo-verde non solo non sta mantenendo le promesse elettorali che immaginavano rimpatri massivi e diffusi, ma addirittura sta facendo peggio  dei predecessori quando al dicastero dell’Interno sedeva Minniti. Secondo i dati del Viminale riportati da Il Sole 24Ore Infatti, durante l’estate (da giugno ad agosto) sono stati rimpatriati in tutto 1.296 irregolari, a fronte dei 1.506 dello stesso periodo dell’anno precedente. Difficile immaginare che, entro il 2020, non solo l’Italia riesca a far “tornare a casa” le persone attualmente in condizione di irregolarità, ma addirittura gestirne l’aumento.

Crescerà, semplicemente, il numero di irregolari. E grazie alla riduzione dello SPRAR, il sistema di accoglienza che d’ora in poi riguarderà soltanto persone la cui domanda d’asilo è già stata esaminata e approvata, ovvero persone che si trovano in Italia già da mesi e in alcuni casi anche anni, si tratterà di persone che non avranno avuto l’opportunità di seguire un percorso di integrazione e formazione. Persone, per fare un esempio di grande impatto, private dei corsi di lingua poiché il sistema di accoglienza straordinario (ampiamente bocciato in questi anni) non è obbligato a proporli. È proprio lì, infatti, che i tagli promessi dal governo ai “famosi” 35 euro al giorno per ciascun migrante vanno a colpire il sistema, con l’effetto collaterale di un impatto negativo anche sull’occupazione, visti i posti di lavoro nell’accoglienza che hanno consentito a molti giovani di trovare un impiego.

Contestualmente, come evidenzia l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) in una delle numerose note di commento al decreto Salvini, anche la salute fisica e psichica del migrante è messa a repentaglio: l’esclusione dai percorsi di integrazione costringerà le persone a trascorrere periodi sempre più lunghi in strutture temporanee come gli ex CIE e i CAS dove le mantenere condizioni igieniche sanitarie degne è talvolta complicato, talvolta ritenuto poco prioritario. Non sono passati nemmeno sei mesi da quando, proprio per ragioni sanitarie, l’hotspot di Lampedusa è finito nell’occhio del ciclone e temporaneamente chiuso.

Fonte: AFP / ANDREAS SOLARO

Che alternativa resta a chi si trova e si troverà in questa situazione? Senza documenti, senza opportunità di integrazione, senza strumenti per comunicare: saranno, e sono, persone vulnerabili. Esposte ai rischi comuni a chi si trova ai margini della società, ma con un nuovo handicap in più, la spada di Damocle dello status di irregolare. La sopravvivenza legata ad un filo, alla volontà di un caporale, per esempio, che acquisisce ancor più potere e può attingere ad un bacino di potenziali “lavoratori” in crescita costante. Secondo il report “Sfruttati” pubblicato da Oxfam nel mese di luglio 2018, i braccianti assunti irregolarmente in Italia sono 430.000, dei quali 100.000 sottoposti a gravi forme di sfruttamento e lesione dei diritti fondamentali e per cui il lavoro nero e grigio rappresentano una strada senza uscita. Dati confermati anche dal Quarto rapporto Agromafie e Caporalato dell’Osservatorio Rizzetto di Flai Cgil che stima come questi due fenomeni insieme, in Italia, generino un business di 77 miliardi di euro all’anno (a fronte del fatto che l’accoglienza in Italia costa, in totale, circa 5 miliardi all’anno).

Esultare per il calo degli sbarchi – dimenticando chi, nel Mediterraneo, trova una tomba – è ancor più ipocrita, dunque, poiché altro non è che mettersi nei panni dello stolto che guarda il dito, quando il saggio indica la luna. Politiche migratorie che generano condizioni di irregolarità, mettendo migliaia di persone in una situazione in cui non possono fisicamente tornare indietro né seguire processi di integrazione ed accoglienza, altro non sono che fabbriche di illegalità, sulla pelle di chi avrà sempre meno voce.

 

Angela Caporale

Foto di copertina: Marcos Moreno/AFP

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