Capire il crollo di Lehman Brothers, 10 anni dopo

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Fonte: The Wall Street Journal

In questa bellissima collezione di immagini selezionate dal The Wall Street Journal vengono ritratti alcuni tra i dipendenti del colosso finanziario Lehman Brothers, dichiarato ufficialmente fallito il 15 Settembre 2008.

Cosa sono le banche d’investimento

Prima del fallimento del 2008, Lehman Brothers era la quarta più grande banca d’investimento. Primo passaggio: cosa sono le banche d’investimento? E come funzionavano negli USA?
Distinguiamo innanzitutto banche commerciali e banche d’investimento. Le prime sono quelle che comunemente chiamiamo “banche”: accettano i risparmi dei consumatori in forma di depositi (solitamente conti correnti o conti di deposito). Semplificando ai massimi termini, le banche commerciali raccolgono soldi dai cittadini, il modo meno costoso per finanziare investimenti su vari fronti (per esempio, mutui). La banca guadagna tramite la differenza tra a remunerazione dagli investimenti e l’interesse che paga per il costo della liquidità (correntisti, mercato interbancario, eccetera), al netto dei requisiti di regolamentazione (livelli minimi di capitale, riserve).

Le banche di investimento invece non possono accettare depositi. Come guadagnano? I loro guadagni derivano in gran parte- come per le banche commerciali – da investimenti di lungo periodo, ma che non potendo essere finanziate da depositi, si rivolgono sostanzialmente ai grandi investitori, facendo quindi gli intermediari (dealer, ma anche broker) su transazioni che riguardano securities, ovvero strumenti finanziari di più o meno qualsiasi natura.
Per esempio: un’azienda ha bisogno di costruire un nuovo magazzino, e per farlo vende bond aziendali (per gli addetti ai lavori: per semplicità, sorvoliamo su internal vs external finance). L’azienda si rivolge alla banca d’investimento, che si occupa di trovare investitori disposti ad acquistare i bond.

Negli USA banche commerciali e banche d’investimento sono necessariamente entità separate: la normativa di riferimento è il Glass-Steagall Act del 1933, in risposta alla crisi del 1929 e alle celebri “corse agli sportelli”.

Lo scopo era chiaro: le banche commerciali venivano sottoposte ad una regolamentazione più stringente visto che dovevano tutelare direttamente i risparmi dei consumatori.
Le banche commerciali si assumevano, in teoria, l’onere totale nell’assorbire le crisi di provenienza finanziaria.

Nota: [Il Glass-Steagall act venne poi superato dal Gramm-Leach-Bliley (GLB) Act del 1999 (firmato poi da Bill Clinton): le banche potevano nuovamente operare sia sul fronte investimenti che quello depositi. L’ipotesi che la cancellazione della netta divisione tra i due tipi di banche possa essere tra le maggiori cause della crisi non sembra trovare consenso tra gli economisti. Senza andare nei dettagli, i problemi fondamentali del sistema finanziario americano, che poi vennero in parte affrontati con il Dodd-Frank Act del 2010, erano presenti sia con il GS sia con il GLB.]

Il fallimento Lehman Brothers, come e perché

Nel 2006 Lehman Brothers è la quarta maggiore banca d’investimenti (per fees), e gli affari vanno piuttosto bene, tanto che nel giro di due anni, il presidente e direttore generale (CEO) Richard Fuld riceve sia un bonus in azioni del valore di $14.9 milioni, che il rinnovo del contratto: 188 milioni di dollari per 10 anni.

Numeri da capogiro dal punto di vista di un cittadino comune, ma non per il N°1 di un’azienda che dal 2003 al 2007 passa da $8 a $19 miliardi di ricavi, con un raddoppio nei guadagni, asset, valore azionario, e personale assunto (28,556 dipendenti nel 2007).

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Fonte: Bilancio Lehman Brothers

Un dato fondamentale per capire il sistema finanziaro pre-crisi è uno dei vari indici di leverage di Lehman Brothers: nel 2007 è 30.7x. Cosa significa?
La leva finanziaria (in questo caso, l’equity multiplier, il rapporto tra il totale degli asset, delle risorse della banca e il totale del capitale degli azionisti) è, in parole povere,  il rapporto tra quanti soldi si hanno e quanti di questi soldi vengono dal proprio portafogli.
Un esempio è fondamentale.
Immaginiamo di puntare 100€ sul 2 fisso in Inter-Cagliari: la vincita è il doppio della puntata: 200€.  Pensando di poter osare di più, chiediamo in prestito 50€. Ora in caso di vittoria si ottengono 300 euro, meno i 50 che dobbiamo restituire, per un totale di 250€. Abbiamo cioè guadagnato 50€ in più senza grande sforzo. Cosa succede nel caso dovesse vince l’Inter? Perdiamo i 100€ e dobbiamo restituire i 50€: apriamo il portafoglio e paghiamo.
Quanto era il leverage nell’esempio? Abbiamo fatto un investimento di 150€, mettendoci 100€ di tasca nostra: 150/100 = 1.5
Con una leva al 30x, avremmo vinto 3.000, prendendo in prestito 2.900€. Una bella somma, sia in caso di successo, ma anche in caso di perdita.

Tornando alla Lehman, leverage al 30 significa che dei 691 miliardi di asset, il valore dei soldi in mano agli azionisti, l’equity, era di circa 23 miliardi, mentre i rimanenti 668 miliardi di dollari erano in prestito. Un crollo del valore degli asset del 3% (di 23 miliardi) è sufficiente a dichiare la banca insolvente.

2007: la crisi dei subprime

Negli anni precedenti la crisi, Lehman Brothers aveva fortemente investito in strumenti finanziari legati al mercato immobiliare. Le perdite vennero quindi causate sia tramite un canale diretto, cioè il crollo del valore delle abitazioni e il congelamento del mercato, sia indirettamente, dato dall’enorme quantità di securities che avevano come collaterale pacchetti di mutui, pacchetti che ora subiscono declassamenti nel rating (il ruolo delle agenzie di rating nella crisi merita un approfondimento a parte).

Il fenomeno parte nel 2007 con il crollo del prezzo delle abitazioni, i problemi nell’attribuzione dei rating di default risk e gli effetti della cartolarizzazione dei mutui subprime (subottimali, cioè concessi senza buone garanzie) mettono sotto pressione i mercati finanziari, anche al di fuori del sistema di shadow banking.

Gli effetti sono globali:

  1. Luglio 2007: IKB Deutsche Industriebank è colpita dalla crisi americana dei subprime tramite il SIV Rhinebridge. Verrà salvata, ridimensionata, da una cordata di banche tedesche.
  2. Agosto 2007: BNP Paribas, una delle maggiori banche mondiali, blocca tre dei suoi fondi: Parvest Dynamic ABS, BNP Paribas ABS Euribor e BNP Paribas ABS Eonia.
  3. Settembre 2007: la banca britannica Northern Rock, quinta più grande banca per mutui sulla casa, è soggetta a una corsa agli sportelli, la prima dal 1866. Verrà nazionalizzata nel 2008. L’azienda ha nel 2006 un utile netto di circa 840 milioni di dollari, rispetto ai 4 miliardi di Lehman Brothers (cinque volte tanto).

Nel mercato americano vari fondi vengono chiusi,  cosa che poi porterà nel 2008 IndyMac al fallimento, Bear Stearns ad essere svenduta a JP Morgan Chase, le aziende governative Fannie Mae e Freddie Mac ad essere portate sotto il controllo diretto del Ministero del Tesoro.

Nonostante il clima di tensione, il quarto trimestre del 2007 si chiude in positivo per Lehman Brothers, come abbiamo visto in precedenza, e così che il New York Times titola “Lehman Profit Falls on Subprime, but Still Beats Estimates.”. Una situazione difficile, ma di profitto, come dichiara Fuld:

“Despite what continues to be a difficult operating environment, the firm’s results for the quarter highlight our ability to perform across market cycles and deliver value to our shareholders.”

Lehman in questo frangente perde forse l’ultima occasione per poter ristrutturare le sue posizioni per cercare di limitare i danni del contagio finanziario.

2008: il crollo

Dal grafico è chiaro come si mettono le cose nella prima metà del 2008:

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Fonte: Elaborazione a cura della nostra redazione su dati CRSP.

Il valore delle azioni crolla del 60%, e gli investitori cominciano a mettere in dubbio la capacità di Lehman di rimanere sul mercato, anche alla luce del crollo di Bear Stearns.

Il 12 Giugno 2008 il chief operating officer Joseph Gregory e la chief financial officer Erin Callan vengono rimossi dall’incarico e, nonostante i tentativi del CEO Fund di calmare i mercati promettendo una riduzione del leverage, il secondo trimestre si è chiuso con una perdita di circa 3 miliardi. In un clima di panico generale, la situazione non migliora: l’estate culmina con l’ultima tranche di licenziamenti.

Nella prima settimana di settembre le azioni crollano del 77%.

Gli ultimi giorni sono ben descritti in un articolo del The Wall Street Journal:

12 settembre
Lehman comunica che il terzo trimestre si è chiuso con una perdita di 4 miliardi. JP Morgan vuole indietro i soldi che ha prestato, e Fund non è riuscito a convincere la Korea Development Bank a iniettare liquidità.

13 settembre
Fund spera di trovare un accordo di acquisizione con Bank of America (la strada che prenderà in seguito Merrill Lynch) o con Barclays, come sembra inizialmente possibile durante gli incontri alla Fed (la banca centrale USA).

14 settembre
L’acquisizione di Lehman da parte di Barclays richiede un voto da parte degli azionisti di Barclays. Il 14 settembre 2008 è una domenica: impossibile organizzare la votazione, serve quindi un intervento statale (americano o britannico), il tempo di organizzare il voto.
L’accordo non si completa: Lehman Brothers, fondata nel 1850, dichiara il fallimento.

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Avrebbero dovuto salvare Lehman Brothers?

Gli effetti del crollo di Lehman Brothers sono simili nella forma a  quelli di Bear Sterns: crollo del mercato finanziario e congelamento della liquidità nel mercato degli intermediari. Ma gli effetti quantitativi sono ancora più pronunciati, data il diverso peso nel mercato.

Chi avrebbe potuto salvarla? E perché non lo ha fatto?

  1. Una Banca privata avrebbe potuto guidare il bailout, come per IKB Deutsche Industriebank o Merrill Lynch. Come raccontato sopra, le condizioni disastrose di Lehman non lo rendevano un investimento attraente, nonostante gli incontri sponsorizzati dalla NY Fed.
  2. Il Ministero del Tesoro guidato da Henry Paulson non poté usare gli strumenti dedicati alle banche commerciali. Inoltre in quel momento l’impatto del fallimento venne parzialmente sottovalutato, e il tesoro non poteva giustificare l’utilizzo di denaro dei contribuenti per il salvataggio di una banca in quelle condizioni. Basta ricordare il dibattito italiano sull’intervento governativo sulle 4 banche per capire quanto l’argomento sia delicato in tutti i paesi.
  3. La Fed, guidata da Ben Bernanke. Come “prestatore di ultima istanza” la banca centrale avrebbe potuto prestare a Lehman quanto serviva. Tuttavia, Lehman non aveva sufficiente collaterale per accedere ai canali ufficiali di prestito. Parte dell’idea sottostante, criticata ex-post da alcuni, era quello di dare un forte segnale ai mercati: non esiste una banca too-big-too-fail, se questa non è solida. Salvarla, come ha dichiarato Bernanke, sarebbe voluto dire andare contro la legge.

Il dibattito rimane in realtà aperto, visto che gli effetti del crollo portarono poi la Fed a compiere azioni di politica monetaria non convenzionale, che riguarderanno anche e soprattutto i mortgage-backed securities. Ma questa è un’altra storia, o meglio la storia della lezione che abbiamo imparato sulla stretta relazione tra mercati finanziari, bancari e l’economia reale.

Il finale, purtroppo, lo conosciamo tutti:

Giacomo Romanini

Fonte immagine di copertinagettyimages

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