Calcio, aiuti ed elezioni: la ripartenza dell’Iraq dopo l’Isis

Calcio, aiuti ed elezioni: la ripartenza dell’Iraq dopo l’Isis

i propri territori dalle milizie dell’Isis ponendo fine a quasi quattro anni di . Oggi il Paese vive una fase delicata, caratterizzata dai fantasmi degli uomini in nero, da una turbolenta campagna elettorale che terminerà con le Nonostante l’instabilità generale, alcuni segnali rivelano che il vento dell’Iraq sta cambiando, spinto dalla società civile e dalla comunità internazionale: i cristiani della Piana di Ninive, costretti a scappare con l’arrivo dell’Isis nel 2014, stanno poco a poco tornando con l’aiuto della Chiesa; quasi trentennale che impediva all’Iraq di ospitare partite di calcio internazionali in casa; e i molteplici in arrivo permetteranno di ricostruire, se non tutto, parte di ciò che la guerra ha portato via. Le bandiere nere non sventolano più su Tikrit, Ramadi, Mosul e le altre città irachene. I miliziani dell’Isis sopravvissuti al conflitto con l’Iraq hanno riparato verso la Siria, dove ora per la resistenza delle poche roccaforti ancora sotto il loro controllo nella regione, come Hajin e Dashisha. La liberazione dell’Iraq, però, non ha ancora inaugurato una stagione di pace nel Paese come ci si sarebbe potuto aspettare. L’Isis, infatti, una volta archiviata la sconfitta, ha concentrato le proprie forze rimaste per , quella che lo caratterizzava alle origini e che non ha mai abbandonato, una guerra non meno preoccupante e non meno cruenta. È proprio sotto questo pesante clima che si colloca la prima campagna elettorale post conflitto, esacerbata da , desideroso di estendere la propria, già importante, influenza nel Paese. L’esito elettorale è oltremodo poiché le divisioni politiche in Iraq sono oggi maggiori rispetto al passato, anche all’interno delle stesse contrapposte correnti, quella sciita e quella sunnita. ”, che il conflitto ha finito per enfatizzare e mettere in secondo piano allo stesso tempo. I curdi, infatti, proprio durante i combattimenti con l’Isis nel 2014, riuscirono ad approfittare della sopraffazione dell’esercito di Baghdad per estendere il loro dominio territoriale oltre la (la loro “patria legittima”) sconfinando fino alla città di Kirkuk. Quest’ultima venne dall’Iraq solo lo scorso ottobre, quando l’Isis ormai non rappresentava più una seria minaccia. L’episodio della conquista curda di Kirkuk potrebbe aver lasciato degli strascichi tra il governo di Erbil (capitale del Kurdistan iracheno) e il governo di Baghdad, soprattutto se si considera che solo un mese prima della caduta della città i curdi avevano votato in massa un (91,8% di sì). La faccenda è indubbiamente legata all’esito elettorale: quanto e come si muoverà (o non si muoverà) il nuovo governo di Baghdad nei loro confronti? , sospesa di tanto in tanto da un attacco terroristico, contrassegnata da incertezza generale e da consapevolezza che il futuro prossimo riserverà problematiche da affrontare, a cominciare dalla formazione del nuovo governo. Eppure, accanto a tutto ciò, arrivano diversi segnali di speranza, a testimonianza che il futuro potrà anche essere incerto, ma almeno sarà possibile. I cristiani che abitavano nella Piana di Ninive, nel nord dell’Iraq, fuggiti a causa dell’invasione dell’Isis, stanno finalmente . Grazie all’ingente raccolta fondi promossa dall’Acs (Aiuto alla Chiesa che soffre) il Comitato per la ricostruzione di Ninive è riuscito a riparare, al momento, circa 3.000 delle 13.000 abitazioni distrutte per mano dei guerriglieri dell’Isis. “ don Salar Boudagh, vicario generale della diocesi caldea di Alqosh e membro del Comitato. “ Le tensioni tra il governo di Baghdad e quello del Kurdistan hanno influito sul livello di sicurezza e sulle condizioni economiche ”, aggiunge. Al 25 marzo scorso erano oltre 8.000 le famiglie già rientrate nella Piana, il 42% di quelle che erano state costrette a fuggire, segnale che la voglia di ricominciare non manca. Maggiormente simbolica, ma non meno importante per comprendere come l’Iraq stia tornando alla normalità, è invece la . In seguito all’offensiva irachena in Kuwait del 1990, infatti, la massima organizzazione del calcio mondiale decise di impedire all’Iraq di ospitare partite internazionali su suolo casalingo. Un provvedimento che è stato prorogato negli anni per motivi di sicurezza, a partire dalla sopraggiunta guerra con gli Stati Uniti nel 2003, e che il 16 marzo scorso è  stato rimosso. La FIFA ha preso atto della fine del conflitto con l’Isis e ha deciso di concedere la facoltà all’Iraq di poter ospitare partite internazionali su tre località: Basra, Karbala e Erbil. La prima partita internazionale giocata dopo la sospensione del ban, tra il club Al-Zawraa di Baghdad e il club Al-Ahed di Beirut, ha fatto il pienone raggiungendo circa 30.000 spettatori. Il destino ha voluto che proprio il Kuwait, motivo originario del calcistico all’Iraq, sia stato l’organizzatore di una grande conferenza internazionale per la delle città irachene distrutte dall’Isis. La conferenza, del febbraio scorso, ha permesso di raccogliere 30 miliardi di dollari, non quanto necessario per una completa ricostruzione (100 miliardi), ma comunque una cifra ragguardevole. Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite l’ha per 11 milioni di dollari, confermando l’impegno a versare altri 260 milioni di dollari a tassi vicini allo zero. Federica Mogherini, che è intervenuta in apertura della cerimonia conclusiva della conferenza in qualità di Alto rappresentante dell’Unione Europea, L’Iraq oggi ci dà speranza. Solo tre anni fa lo Stato Islamico sembrava fosse impossibile da fermare. Ora siamo a un nuovo inizio. Non saremmo a questo punto senza il sacrificio di tanti soldati, senza il premier Haider al Abadi, il suo Governo, e milioni di iracheni: la vittoria è vostra, vi appartiene Così, tra fitte nubi spezzate qua e là da tenui spiragli di luce, l’Iraq si appresta a scrivere un nuovo, incerto, capitolo della sua storia. Queregosh, nella Piana di Ninive, dopo la sconfitta dell’Isis, fonte: providencemag.com ]