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Sfruttamento e abusi sessuali, il lato oscuro degli aiuti umanitari internazionali

Nei primi mesi del 2018, l’intero settore della cooperazione internazionale è stato investito da una bufera che ne ha messo fortemente in dubbio la credibilità agli occhi dell’opinione pubblica. Lo scandalo che a inizio febbraio ha incriminato i vertici di Oxfam, accusati di sfruttamento della prostituzione durante la missione di Haiti,  seguita al disastroso terremoto del 2010, ha dato avvio a una sorta di indagine virtuale e mediatica, che ha spinto numerose organizzazioni a uscire allo scoperto, autodenunciando i comportamenti scorretti e criminosi di quanti tra i propri dipendenti si sono resi colpevoli di abusi o molestie sessuali. Lo scenario che è andato delineandosi evidenzia una problematica strutturale, quasi endemica, inerente all’intero settore, aggravata dalla carenza di controlli in loco e da uno sforzo di trasparenza troppo spesso insufficiente.

Scandalo Oxfam: l’ONG che costrinse le vittime del terremoto di Haiti a prostituirsi

Top Oxfam staff paid Haiti survivors for sex”. Così recitava la prima pagina del Times, in data 9 febbraio 2018. L’inchiesta condotta dal quotidiano britannico denunciava come membri di primo livello dello staff di Oxfam avessero pagato donne sopravvissute al terremoto che nel 2010 colpì lo Stato caraibico e a cui essi stessi avevano il compito di prestare soccorso, affinché si prostituissero durante festini organizzati in una villa presa in affitto a spese dell’organizzazione. Secondo quanto emerso, i vertici dell’ONG sapevano della vicenda e ne hanno coperto i colpevoli, minacciando al contempo i testimoni e costringendoli al silenzio. A peggiorare la posizione già scomoda di Oxfam, si aggiunge il fatto che la mente organizzatrice di questi sex parties, descritti in seguito da alcuni partecipanti con l’inquietante appellativo di “orge alla Caligola”, sarebbe stato lo stesso Roland van Hauwermeiren, direttore a capo della missione di Haiti.

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Fonte: Caroline Gluck/Oxfam International

Oxfam si è difesa, pubblicando i risultati dell’indagine interna condotta all’epoca dei fatti, che già aveva portato alla rimozione di quattro membri dello staff dal loro incarico e alle dimissioni di altri tre – i nomi sono stati tuttavia accuratamente censurati, suscitando critiche nei confronti di questo tentativo di trasparenza. Roland van Hauwermeiren, al contempo, ha negato le proprie responsabilità, affermando di non aver mai pagato donne haitiane in cambio di sesso, ma ha ammesso che nella gestione della missione del 2010 sono stati commessi alcuni “errori”.

A pochi giorni di distanza, fatti della stessa entità sono stati denunciati anche in relazione alla missione Oxfam in Ciad nel 2006, che era stata diretta, ancora una volta, da van Hauwermeiren.

Oltre lo scandalo Oxfam: l’universo delle ONG sotto inchiesta

Le accuse avanzate nei confronti di Oxfam e la bufera che ne è emersa, hanno spinto molte altre organizzazioni non governative a mettersi al riparo da possibili critiche della stampa, pubblicando di propria iniziativa report e comunicati sull’argomento. Così, il 21 febbraio, Plan International, grande ONG che opera nei Paesi in via di sviluppo per la tutela dei diritti dell’infanzia, ricordando che nel proprio universo non vi è alcuno spazio per comportamenti di tale natura, ma che, ciononostante, nessuna realtà è “immune da abusi di potere”, ha rivelato che dal 1° luglio 2016 al 30 giugno 2017 vi sono stati 6 casi confermati di abusi sessuali su minori perpetrati da membri del proprio staff e altri 9 di molestie sessuali, in maggioranza di tipo verbale. Per la gran parte, i colpevoli sono stati licenziati e Plan International si è detta pronta ad impegnarsi per incrementare e migliorare i meccanismi di salvaguardia a protezione dei bambini da essa assistiti.

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Fonte: UNHCR / F. Noy / December 2011 / Flickr

Due giorni dopo, il Comitato Internazionale della Croce Rossa, in un comunicato che esordisce prendendo le distanze da qualsiasi forma di discriminazione, molestia o abuso e ribadendo il proprio impegno a creare un ambiente dove ogni individuo sia rispettato e protetto, ha ammesso che, dal 2015 ad oggi, 21 dei propri dipendenti sono stati licenziati – o si sono volontariamente dimessi a seguito di indagini interne – per aver pagato donne in cambio di servizi sessuali, mentre ad altri due non è stato rinnovato il contratto in seguito ad accuse della medesima natura. I dipendenti della Croce Rossa, si legge, sono contrattualmente vincolati al rispetto del codice di condotta dell’organizzazione, che vieta in maniera esplicita tali comportamenti, anche nei Paesi in cui la prostituzione è legale.

Il 24 febbraio, inoltre, la UNMISS (la missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan) ha fatto sapere di aver sospeso dal servizio un’unità di 46 agenti di polizia di stanza a Wau, dopo che, durante indagini preliminari interne, era emerso che alcuni dei membri del corpo si sarebbero resi colpevoli di sfruttamento della prostituzione.

Siria, favori sessuali in cambio di cibo e aiuti umanitari

Ad amplificare i dubbi sulla credibilità delle ONG e degli enti che operano in situazioni di crisi ha contribuito anche la pubblicazione del report “Voices from Syria 2018” dell’UNFPA (il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione), che analizza le condizioni di vita di donne e bambini nelle zone di guerra. Il documento evidenzia come in diversi governatorati siriani siano venuti alla luce numerosi casi di giovani donne vittime di molestie e abusi da parte di operatori e dipendenti delle ONG, che hanno avuto luogo nelle aree di distribuzione degli aiuti umanitari internazionali. Sono stati denunciati svariati episodi in cui membri dello staff delle organizzazioni hanno assillato donne locali per ricevere il loro numero di telefono, o hanno offerto loro passaggi fino a casa in cambio di una notte insieme, arrivando perfino a vincolare queste richieste alla distribuzione dei pasti e degli stessi aiuti umanitari. Secondo il report, le principali vittime di queste avance sono donne sole, senza protettori perché vedove o divorziate e, pertanto, particolarmente vulnerabili. In molte hanno ammesso di non tentare nemmeno di accedere agli aiuti internazionali per paura di divenire vittime di abusi e vessazioni. In numerosi siti di distribuzione, soprattutto nel sud della Siria, è emerso infatti come non vi siano sufficienti controlli di sicurezza, né tantomeno meccanismi di reclamo per denunciare le molestie subite.

aiuti umanitari

Aiuti umanitari e abusi: un problema di fondo?

In un’intervista alla BBC, in riferimento alla situazione siriana, la cooperante Danielle Spencer ha affermato: “Qualcuno deve aver deciso che è accettabile usare e abusare del corpo delle donne, affinché gli aiuti internazionali continuino ad essere distribuiti per un più ampio numero di persone”. Pare evidente, dalle rivelazioni degli ultimi mesi, che esiste un problema strutturale che interessa l’intero settore della cooperazione umanitaria internazionale, o quantomeno gran parte di esso. Il principale deficit riscontrato è chiaramente quello della mancanza di controlli estensivi sull’operato dello staff in loco e di dispositivi per segnalarne comportamenti scorretti.

È difficile comprendere cosa spinga persone incaricate di portare aiuto a compiere simili abusi, approfittando della propria posizione di potenza e della vulnerabilità delle donne che dovrebbero assistere. Ancor più impensabile accettare tali gesti. L’azione delle ONG e di tutte le organizzazioni che offrono soccorso alle popolazioni in difficoltà è senza alcun dubbio essenziale e indispensabile. Ciononostante, non si può e non si deve assolutamente sorvolare su quanto emerso e ignorare l’orribile gravità delle accuse che pendono ora sul loro capo. L’intero settore della cooperazione umanitaria è pertanto chiamato ad una generale assunzione di responsabilità, che dovrà necessariamente prevedere la garanzia di maggiore trasparenza riguardo quanto accade nelle rispettive aree di intervento, nonché la definizione di procedure più efficaci tese a salvaguardare chiunque acceda agli aiuti da esse forniti.

 

Alessia Biondi

[Immagine di copertina di Oxfam International]

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