È il 15 marzo quando il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma è stato avvertito della presenza di alcuni gommoni in difficoltà, ad una settantina di chilometri dalla costa libica. L’SOS viene diffuso, come da prassi, a tutte le imbarcazioni nell’area, compresa quella della ong Proactiva Open Arms.
L’immediato soccorso della nave umanitaria spagnola viene stroncato dall’arrivo di una motovedetta libica. Un pattugliatore intima l’equipaggio di consegnare le persone soccorse. Al rifiuto di Proactiva segue la minaccia libica di aprire il fuoco. Sono ore di tensione che sfociano in una dura resistenza: 218 migranti sono stati portati in salvo.
Così, non chiedendo aiuti all’isola di Malta che non accoglie i migranti, sbarcano in Sicilia e più precisamente a Pozzallo, grazie all’autorizzazione della centrale operativo di Roma. Il giorno successivo, però, la ong verrà accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la nave posta sotto sequestro. Ma nella giornata di ieri 16 marzo, il gip di Ragusa – Giovanni Giampiccolo – ha emesso il provvedimento di dissequestro.
Chi aveva coordinato i soccorsi?
Sicuramente la zona di soccorso e ricerca affidata alla Guardia costiera libica è una delle questioni più pungenti che coinvolge il Mediterraneo. Nel 2017, infatti, ha reclamato la sua “sovranità” sulle acque internazionali, ma di fatto non gli è mai stata concessa. Nonostante questo, in un comunicato del 19 marzo 2018, la Guardia costiera italiana afferma che i soccorsi avvenuti il 15 marzo erano sotto il coordinamento di Tripoli. D’altro canto l’Associazione per gli Studi Giuridici per l’Immigrazione afferma che la prima centrale contattata ha la responsabilità giuridica di attivarsi per salvare le barche dei migranti e dei rifugiati in pericolo e condurli in un porto sicuro. Appare chiara, dunque, la posizione dell’ASGI: Proactiva ha ben operato.
Qui si apre un altro fronte. In quale porto approdare?
Secondo quanto previsto dal codice delle ong, fortemente voluto dal Ministro dell’Interno Marco Minniti e firmato da Proactiva Open Arms, è lo Stato di bandiera dell’imbarcazione – in questo caso la Spagna – a dover chiedere all’Italia di permettere l’approdo del mezzo umanitario. Ma da questo non arriva nessuna indicazione. Come accade sistematicamente nel Mediterraneo, la nave, nonostante la vicinanza dell’isola di Malta, ha proseguito verso le coste italiane, sino a ricevere l’ok a dirigersi fino al porto di Pozzallo per lo sbarco dei migranti salvati.
Ieri il giudice ha osservato che gli spagnoli possono essere accusati di disobbedienza, ma sono giustificati dallo “stato di necessità”. Ha aggiunto, inoltre, che “non si dispone di alcuna informazione sulla concreta disponibilità di Malta ad accoglierli”.
Le accuse e la “liberazione”
Associazione a delinquere – accusa esclusa in un secondo momento – e favoreggiamento dell’immigrazione “clandestina”, erano state le accuse mosse dal PM di Catania, Carmelo Zuccaro, all’organizzazione non governativa.
“Abbiamo agito secondo la legge, non potevamo riconsegnare i migranti ai libici, avremmo violato le leggi internazionali, non si tratta di una motivazione umanitaria, ma di legalità” afferma, come riporta Internazionale, Riccardo Gatti, portavoce di Proactiva Open Arms.
Ma per il Giudice risultava particolarmente grave la violazione del codice di condotta da parte della nave spagnola. Inoltre, gli indagati avrebbero manifestato la precisa volontà di sbarcare i migranti in territorio italiano non avendo avuto cura di chiedere aiuto alle autorità maltesi. In effetti, il capitano e la coordinatrice della ong hanno confermato di non aver chiesto lo sbarco – mai avvenuto in passato – a Malta.
In sintesi, l’accusa sosteneva che la ong spagnola rifiutandosi di consegnare i migranti ai libici e dirigendosi verso Pozzallo per lo sbarco abbia agito per favorire l’ingresso irregolare delle persone salvate in Italia.
Nella mattinata di ieri arrivano le motivazioni del dissequestro: “Non si ha prova che si sia pervenuti in Libia ad un assetto accettabile di protezione dei migranti soccorsi in mare. Manca la prova anche della sussistenza di porti sicuri in territorio libico in grado di accogliere i migranti soccorsi nelle acque Sar di competenza nel rispetto dei loro diritti fondamentali. In difetto di tale prova, la scriminante dello stato di necessità rimane in piedi”.
Marc Creus Reig e Ana Isabel Montes Mier rimangono indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Non è convalidato, però, il sequestro della nave. Il gip sostiene che i soccorritori abbiano agito in uno “stato di necessità”. Questa condizione fa decadere il reato di favoreggiamento, come previsto dall’articolo 54 del codice penale italiano che stabilisce l’impunità per chi ha commesso un reato “costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave”.
Francesca Lisi
[Tutte le immagini sono tratte dalla pagina Facebook di Proactiva Open Arms]