Tor Bella Monaca, reportage dall’Italia dove non c’è diritto alla casa

Tor Bella Monaca, reportage dall’Italia dove non c’è diritto alla casa

il sole ha appena iniziato a fare capolino tra la foschia tipica di questi ultimi giorni d’inverno. In giro per il quartiere non c’è ancora nessuno, tolti, ovviamente, i pochi assonati lavoratori mattinieri che aspettano infreddoliti l’autobus che li porterà in città. Già, perché nonostante ci troviamo a pochi chilometri dal centro, questo quartiere sembra lontano anni luce dalle vie lastricate di sampietrini e affollate di turisti. Enormi palazzoni tutti uguali, buche che assomigliano di più a voragini e cassonetti stracolmi di spazzatura raccontano, infatti, di un , Tor Bella Monaca è l’ultimo grande esempio di piano di che dal Dopoguerra in poi erano spuntate come funghi. Stretti come sardine e privati di migliaia di immigrati provenienti dai paesi intorno non avevano trovato altra che quei tuguri fatiscenti. Gli urbanisti, beffardamente, oggi la chiamano ancora “ . La stessa che si può leggere nei volti stanchi di coloro che, ogni giorno, affollano il dove lavorano Maria Vittoria e le sue colleghe. Un via vai continuo, che non si placa nemmeno quel pomeriggio. Frutto anche di un . “Sono stanca – sbotta una signora sull’ottantina – non vedo l’ora ”. Il sarcasmo, crudele, con cui i romani sanno apostrofare i momenti difficili lascia disarmati. Anche quando, come in questo caso, fa stringere il cuore. Poi è il turno di una donna di mezz’età dai capelli rosso fuoco. “Se c’hai scritto sulla carta d’identità che vivi a via dell’Archeologia, lavoro non lo trovi È questo il contesto in cui si ambienta questa storia. In quella che Maria Vittoria definisce come “una sacca in cui mettere dentro tutte le di questa città che si vogliono tenere nascoste. Il risultato – aggiunge – sono ”. È stato così fin dall’inizio, quando il quartiere fu costruito. Dalle zone limitrofe, ricorda Maria Vittoria, c’era chi chiedeva di innalzare dalla “feccia” che qui dicevano sarebbe arrivata. È così adesso, a più di di distanza, che è cambiato il colore della pelle o la nazionalità dei Ma facciamo un passo indietro. La prima volta che incontro Maria Vittoria è in programma uno . A poche centinaia di metri dal suo ufficio, Glauco e sua moglie aspettano che da un momento all’altro arrivi la per eseguire le operazioni e liberare la casa dove la coppia ha vissuto per una decina d’anni. In realtà, questa , hanno deciso di rientrare: “La paura da queste parti – giurano – è che mentre non ci sei qualcun altro occupi il tuo appartamento”. per portare via le loro poche cose, c’è un divano a bloccare la porta e una donna incinta. Ultimi baluardi a difesa di quelle quattro mura. Con il passare delle ore la per far scattare tutti sull’attenti. Il ruolo di Maria Vittoria e di . Ci mette così tanta passione da farla apparire una missione. Quasi ogni giorno si alza all’alba, prende bandiere e megafono e insieme ad altri cerca di far valere le ragioni di questa gente. Degli “ultimi”, come li chiama lei. “Non è facile, però. La battaglia è impari, mi dice. Negli ultimi sette anni, infatti, ). È una storia lunga, quella della lotta per la casa a Roma. Che si trascina da decenni e che nessuna amministrazione nel tempo, ha saputo o voluto risolvere. L’episodio più famoso, quello che – come si dice  – ha fatto storia, risale al lontano . A farne le spese, dopo ore di scontri tra residenti e forze dell’ordine, fu , morto durante i disordini e diventato presto il simbolo di una città ostaggio del persino il corriere della GLS non viene da solo. Mentre uno scarica la merce, un collega aspetta sul furgone”. Questa, però, è un’altra storia. La nostra vorrebbe raccontare la catastrofe del romano. Di come, mi spiegano da Asia-Usb riportando alcuni dati del abitazione sfitte, ci siano persone costrette a dormire in macchina. “Mentre – mi assicura Maria Vittoria – a Torre Angela si costruiscono 27 palazzine private di 7 piani. Alla faccia del consumo di che è una briciola rispetto alla media europea. Questo ti fa capire come il (art. 42 della Costituzione) non è mai stata una questione centrale”. La ragione è presto detta: “Si è voluto favorire l’ . Maria Vittoria ci tiene subito a precisarlo: “Il grande errore è considerare tutti, indistintamente, come degli . Così va a finire che nel grande calderone di chi se ne approfitta, continuando a pagare 100 euro al mese per un appartamento con vista Colosseo, ci finisce anche chi avrebbe diritto ad affitto agevolato. Magari, invece, pur di non lasciare la casa finisce per dover pagare un Come Teresa, per esempio, che prima di essere sfrattata ha abitato in quella casa per 32 anni. La cui unica colpa è stata di . Il caso della signora Paola, invece, è più emblematico se non altro perché diffusissimo in queste borgate. Entrata come ospite, alla morte della proprietaria è rimasta a vivere lì. Sono moltissimi, mi dicono, i casi di che dopo anni di servizio decidono di restare in casa. C’è anche, poi, Per evitare proprio questo tipo di situazioni, il primo obiettivo dell’Asia-Usb è una . Da inserire, magari, nella finanziaria che la Regione Lazio non ha ancora votato. Una sorta di regolarizzazione di tutti gli “occupanti” con i requisiti reddituali minimi per accedere alle case popolari. Per gli altri, vista l’impennata degli affitti, potrebbero essere messi a disposizione i . “Una cosa che – secondo Michelangelo – potrebbe essere fatta subito. Dando fondo al contributo GESCAL che i lavoratori versano all’INPS. Invece, si preferisce mandare le persone nei dormitori o, direttamente, in mezzo alla strada”. . Maria Vittoria lo racconta con un pizzico d’orgoglio. “Mai avrei pensato – mi dice – che queste donne sole, spesso con figli a carico e che hanno sempre vissuto chiuse in casa, mi avrebbero seguito alle . Può sembrare banale, ma in questi contesti non si deve dare per scontato che ci si relazioni molto tra donne”. . Lo hanno fatto chiedendo giorni di permesso, come mi confida una ragazza, rischiando così di perdere anche il posto di . Che da queste parti è prezioso come il pane. “Nonostante la drammatica emergenza, però, dai palazzi della Regione e del Comune tutto tace”, mi dice Maria Vittoria. A parlare, per il momento, sono solo le procedure degli