Marginale nella dialettica elettorale, del tutto scomparso nel dibattito post voto, il tema occupazione torna attuale con la pubblicazione dei dati Istat circa il IV trimestre del 2017. La situazione che emerge sembrerebbe positiva, il condizionale è però d’obbligo. In una Repubblica come quella italiana fondata sul lavoro, anni e anni di crisi economica, sociale e culturale hanno scavato un solco molto profondo, quasi irreparabile, nella stratificazione sociale che nessun dato mascherato potrà sanare.
Complessivamente il 2017, si caratterizza per un nuovo aumento dell’occupazione, sia nei valori assoluti, sia nel tasso che coinvolge anche i giovani di 15-34 anni. I dati, sicuramente in rialzo rispetto agli anni precedenti, descrivono pur sempre una realtà, quella del mondo del lavoro, precaria e altalenante. Più nel dettaglio, dal lato dell’offerta di lavoro, nell’ultimo trimestre del 2017 l’occupazione presenta una leggera crescita congiunturale (+12 mila, +0,1%), trainata dall’ulteriore aumento dei dipendenti a termine (+57 mila, +2,0%) che compensa il calo di quelli a tempo indeterminato (-25 mila, -0,2%) e degli autonomi (-20 mila, -0,4%). Cresce l’occupazione, dunque, ma quella a tempo determinato, che ha la scadenza come lo yogurt, precaria per utilizzare un termine pruriginoso, sadismo puro.
Quando il paradigma diventa architrave sociale, mediaticamente è inutile ribadire l’ovvio e dunque festeggiamo l’aumento delle percentuali sull’occupazione. A metà tra i dati positivi e quelli negativi sopra citati, si nasconde neanche troppo velatamente una piaga sociale, quella del precariato, trasversale e intergenerazionale e che oggi conosce una nuova fase, quella dell’economia dei lavoretti – la famigerata Gig Economy – che con le sue sfumature post moderne spaventa ancora poco gli analisti.
Negli ultimi anni, pochi e deboli sono stati gli sforzi politici affinché il tema del lavoro non restasse solo una questione di percentuali da consegnare agli almanacchi, ma tornasse ad essere elemento fondante della vita di un individuo. I governi che si sono alternati sono stati incapaci di fornire risposte concrete e lungimiranti in merito a sviluppo, innovazione, legislazione sociale e lavoro. La questione giovanile è ancora aperta e, più in generale, la nuova questione sociale è ben lontana dall’essere risolta. Non abbiamo guardato la luna, ma il dito che la indicava. Ridurre la disoccupazione tentando di limarne al ribasso le percentuali non paga neanche elettoralmente e questo lo abbiamo appreso di recente. Intervenire sul fenomeno del precariato non è semplice, bisogna ammetterlo, perché in primo luogo, questo fenomeno bisogna conoscerlo, viverlo, riconoscerlo e comprenderlo per poi capire che è solo la punta di un iceberg.
Mariano Leoni
Fonte immagine copertina: dirittiglobali.it