Classici, social e pop: le anime dell’orchestra Senzaspine

La musica classica non ha spine, anzi “è talmente bella che si può toccare e sperimentare in tutte le forme”, parola del maestro , realtà sinfonica bolognese attiva dal 2013 e che giovedì 15 marzo porterà sul palco del Teatro Duse di Bologna (in replica il 16 marzo al Teatro Nuovo di Ferrara ed il 18 marzo al Teatro Consorzionale di Budrio) il “ . Senzaspine, nel panorama della musica classica, si presenta come un progetto dalle idee chiare: avvicinare il grande pubblico alla musica classica, impresa non da poco considerato il calo di fondi destinati allo spettacolo e la crescita costante dell’età media del pubblico. “C’è bisogno di una rivoluzione culturale – spiega Ussardi – che vogliamo portare avanti su due versanti: da un lato, , necessario per l’esistenza stessa dei teatri, e dall’altro creare opportunità professionali per i musicisti classici che, tra i 20 e i 35 anni, sono pronti ad entrare nel mondo del lavoro.” Ma come accade anche in altri ambiti, orchestre e teatri sono luoghi pressoché inaccessibili dove prevalgono contratti a progetto, soluzioni flessibili e altre alternative che fanno sì che, per vivere, un musicista debba non solo suonare in più ensemble, ma anche, per esempio, insegnare. “Basti pensare che ogni anno si diplomano 6.000 musicisti e, in Italia, ci sono 12.000 posti di lavoro in orchestra in totale!” Il modello dell’orchestra è, dunque, semplice: ogni anno, all’inizio dell’autunno, vengono indette delle audizioni per tutti gli strumenti. “Nel 2017 abbiamo ricevuto più di 800 domande – racconta il direttore d’orchestra – ascoltiamo tutti e, mirando all’alta qualità, individuiamo chi ha un certo livello, caratteristica che garantisce l’accesso alla rosa di persone che possono lavorare alle varie produzioni.” che popolano la comunità dell’orchestra e associazione Senzaspine, legati dall’esigenza di porre un rimedio a questo problema culturale per cui lo fanno con una comunicazione e una strategia che viaggia sui social, laddove le persone, e soprattutto i giovani cercano condivisione ed intrattenimento. Una strategia consapevole e ben precisa, al punto che ai follower viene chiesto addirittura di – racconta Ussardi – nasce nuovamente dall’esigenza di coinvolgere il pubblico: attraverso una comunicazione attraente a proposito di Tchaikovsky, Brahms o Mendelssohn speriamo di . C’è chi vota e basta, ma anche chi magari va ad ascoltare i brani, e questa è già una forma di divulgazione preziosa.” per i Senzaspine che già hanno sperimentato altre iniziative per rendere lo come il ‘conduct us’, i laboratori di sartoria e scenografia per la produzione dell’’Elisir d’amore’; tutti svolti al , ex mercato di quartiere a Bologna, ormai quartier generale dell’orchestra che, grazie al bando ‘Incredibol!’ del Comune di Bologna, l’ha trasformato, animandolo di concerti, workshop, eventi e serate danzanti. Viene da chiedersi se delegare, in un certo senso, anche l’attività di al pubblico, per di più al pubblico dei social, sia una mossa che garantisca una proposta di . Ussardi non ha dubbi e riflette sul fatto che, da un lato, è difficile che il grande pubblico conosca di per sé molti brani, oltre a quelli famosissimi come la Quinta Sinfonia di Beethoven o la n.40 K550 di Mozart; dall’altro proporre dei capolavori, collocati in maniera coerente nel percorso di crescita dell’orchestra, mette al riparo da eventuali problemi. “Di fatto, incanaliamo il margine di scelta individuando a monte e sarà, dunque, eseguita al Duse insieme ad un altro caposaldo della produzione del compositore russo: il Concerto per violino e orchestra op. 35, eseguito dalla 20enne un vero e proprio concorso nazionale a cui hanno partecipato un centinaio di giovani musicisti. Ancora una volta il linguaggio della musica classica e quello spiccatamente pop della televisione e dei social si intrecciano in maniera imprevedibile. anche per gli stessi musicisti: “a volte – sorride il direttore d’orchestra – sono il primo a stupirmi di quanto siano pop i musicisti classici in verità. Vedo molta più ricercatezza da parte di persone che non studiano alcuno strumento. Insomma, , per dirne una, e quindi era complesso immaginare cosa avrebbe provocato un concorso chiamato ClassXfactor.” I numeri sembrano dare ragione all’associazione bolognese, ma non mancano i casi in cui, per timidezza o ritrosia, nomi come “Senzaspine” o “ClassXfactor” non vengono inclusi nei curricula: “si tratta di vere e proprie frecce che bucano il CV. Il nostro , come se in un ambiente in cui ci si veste sempre di nero, di colpo qualcuno indossasse capi colorati.” Il punto, come sottolinea Ussardi che dirige l’orchestra insieme al , è che per compiere una missione ambiziosa come quella di essere davvero Senzaspine, la riflessione non può che coinvolgere i musicisti stessi: “dovrebbero interrogarsi su cosa significa vincere un concorso, ragionando anche sulle possibilità, sul prestigio effettivo o su cosa conquisti con la tua vittoria.” , con un concerto interamente dedicato al genio di Ludwig Van Beethoven. Solista d’eccezione sarà il violinista , che eseguirà il Concerto in Re Maggiore per Violino e Orchestra op. 61. Seguirà la celeberrima Sinfonia n. 3 in Mi b Maggiore op. 55, detta “L’Orchestra Senzaspine – sottolinea Ussardi – torna ad esibirsi in un tempio della musica come il Manzoni, a coronare un altro anno di incessante lavoro per la diffusione universale della musica colta di qualità. Per questo evento, abbiamo scelto una delle sinfonie più note ed ampie del repertorio classico. che raggiunge l’apice del pathos nel secondo movimento”. La scelta di tributare un omaggio speciale a Beethoven non è, quindi, affatto casuale. “In Beethoven ci identifichiamo – conclude Ussardi – perché è stato un ribelle, un anticonformista sempre pronto a stupire e capace di imprimere un incredibile impatto emotivo”. La classica può essere pop, ma il pop è meglio se resta così com’è È difficile misurare un cambiamento finché è in corso e il percorso dei Senzaspine coglie sì i primi frutti, ma ha bisogno di tempo per vedersi realizzato. Coniugare una comunicazione pop con proposte musicali di qualità, in modo da essere competitivi per gli addetti ai lavori e realizzare l’obiettivo di alfabetizzazione musicale del pubblico, non è impresa banale. “Sono convinto che la nostra forza sia riuscire a manifestare la qualità quando ci confrontiamo con solisti di fama e teatri prestigiosi, esponendoci anche con repertori meno convenzionali, L’idea, quindi, è quella di mantenere la qualità al centro della proposta: “ . Spesso, piuttosto, accade una cosa piuttosto grave: si parla di musica classica pop quando si usano strumenti classici per fare una parodia della musica leggera. Da parte nostra c’è, invece, la volontà di vivere con spirito più popolare ed orientato all’intrattenimento un linguaggio classico sinfonico di qualità. Non sono il pianoforte o il violino a fare la musica classica pop”. Si fa presto a dire che la colpa della confusione per cui una hit suonata da un’orchestra venga considerata “musica classica pop” ricade tutta sul pubblico, alimentando una rappresentazione della “ per cui lo starnuto diventa sintomo di disattenzione, e il musicista deve combattere contro i mulini a vento del pubblico che la musica classica non è difficile da ascoltare, ma è un linguaggio che ha bisogno di attenzione. Per fortuna, però, – sottolinea Ussardi – sebbene ci sia molto da capire in ogni brano, la percezione pura è assolutamente svincolata da qualsiasi alfabetizzazione.” , e proprio superare questa barriera è un obiettivo fondamentale, secondo i Senzaspine, per raggiungere quel fine di divulgazione musicale al grande pubblico che si pongono da statuto. “Dal punto di vista professionale – riflette il direttore d’orchestra – ci sono due tipi di problemi: il fatto che il musicista per primo non è ascoltatore della musica classica e l’ . È come se ci si dimenticasse di stare su un palcoscenico dove ci si trova per mostrare qualcosa ed esprimersi.” Questa è l’essenza, dal punto di vista del suono, dell’interpretazione e del concerto, dell’anima “pop” dell’orchestra: “il musicista deve vedersi come artista, riuscendo ad esprimersi in tutto quello che fa, in ogni piccolo gesto, da quando si accendono i riflettori a quando l’ultimo spettatore ha lasciato la sala.” Sono importanti, poi, tutti i tentativi, più o meno spettacolari ed evidenti anche al pubblico, di , assecondando anche con il corpo il suono che è pur sempre un fenomeno fisico. Si tratta di una consapevolezza di sé, secondo il presidente dell’associazione, poco diffusa tra i musicisti in Italia, figli anche di senza valorizzare la dimensione performativa dell’orchestra. “Forse la caduta del linguaggio classico è addirittura solo colpa dei musicisti. Dal canto nostro, lo sforzo che io e Matteo Parmeggiani facciamo ad ogni produzione è quello di anche nel magma unico che è la formazione orchestrale, evitando che ci si possa nascondere nel gruppo.” “Avete mai guardato il video di una grande orchestra senza suono?”, chiede il maestro Ussardi. “Sono sufficienti le immagini per . Quando poi arriva anche la musica, è un’esplosione incredibile”, come solo la musica e l’arte possono trasmettere, senza filtri e, come in questo caso, anche senza spine.