14 strofe belle dal concerto dei Fine Before You Came (con bonus track)

14 strofe belle dal concerto dei Fine Before You Came (con bonus track)

, che venerdì 26 gennaio organizzano una succosa preview dell’Inverno Fest, presenti i vera e propria, che si preannuncia imperdibile, arriverà il 16 e 17 febbraio sempre al Covo ( la pagina Facebook dell’evento), e vedrà sul palco Idles, Bee Bee Sea, DOTS e Lourdes Rebels (la prima serata) e KVB, HIS ELECTRO BLUE VOICE, Rijgs e Alberto Almas (la seconda). Seconda premessa: è difficile immaginare una recensione dei Fine Before You Came nel vuoto pneumatico. Se non li conoscete dovreste prima sentirli, se li conoscete sapete già di cosa sto parlando. Nel secondo caso, o vi piacciono molto o non vi interessano (poche vie di mezzo). Nel primo, il mio consiglio è cliccare sui titoli delle canzoni in quest’articolo (che seguono la del loro concerto sold out al Covo) e ascoltarle durante la lettura dell’articolo, poi andarli a sentire il prima possibile. Vorrei che il magone fosse un grande mago che ti strappi un sorriso sono una cosa terribile, specie se uno non è bravissimo a farle. Forse sono surclassate in negativo solo dalle , quell’insieme di correlativi oggettivi legati alle stagioni che si usa solo quando davvero non si sa che dire su quello che si è ascoltato (non è un esempio astratto, personalmente ne ho scritta più di una da giovane, poi per fortuna sono invecchiato). Ci siamo adoperati per conoscere ogni cosa ed essere ogni dove debitore dagli esordi a Van Pelt e Slint ma che ha saputo evolversi per conto suo (specie dopo il passaggio all’italiano); non solo per i testi di Lietti, nel loro ambito musicale quelli più capaci, tra gli stilemi di genere (linguaggio ed immagini quotidiane, attenzione ai sentimenti, ), di flirtare con la poesia senza perdere nulla in spontaneità. Ancora una volta non sono per niente sicuro soprattutto di me continuo a guardarmi alle spalle e a vedere gli sbagli che ripeterò e ripeterò […] È che un concerto dei FBYC è anche un’esperienza catartica, un rituale da non mancare almeno una volta all’anno: un’occasione per alzare il proprio braccio in aria e sfogarsi delle frustrazioni inevitabilmente accumulate fino a quel momento – perché così va il mondo, così va la vita, così siamo noi – mentre e tutto l’insieme ti ricarica e ti fa pensare che domani sarà più facile, che lo affronterai meglio almeno per un po’. (ma volevo scrivere: proletario) di cui sono capaci i FBYC ne fanno gli unici eredi credibili, negli anni duemila, di quello che per la new wave italiana erano i Diaframma: cioè il miglior gruppo misconosciuto e senza successo (al di fuori della propria nicchia) della musica italiana. Potremmo trovarci di tanto in tanto a patire per ciò che ci si addice di più Quel rimboccarsi le maniche, evidente non solo dai testi delle canzoni, ma dall’ del gruppo milanese, compare del resto in ogni recensione di dischi e concerti del gruppo, spesso sussunto dalle parole , e deriva tanto da un’attitudine personale quanto (credo) dalla fortuna di essersi ritrovati a muoversi in coordinate di fruizione (quelle dell’indie più che dell’emocore) spesso legate alla rincorsa un po’ effimera di un a cui i FBYC sono totalmente immuni, continuando ormai da una decina di anni a fare il loro, disco dopo disco e tour dopo tour. Che sia in parte una questione di genere musicale è evidente anche ascoltando il gruppo spalla, i e a esperienze come quella del Teatro degli Orrori – poi io che sono un vecchio più che il math-rock (il basso a cinque corde, quanto tempo che non ne vedevo uno dal vivo) o il noise ci ho sentito il Comunque, il punto è che nonostante non sia il tipo di musica che preferisco l’unica cosa che si può dire è che i il cui corrispettivo in ambito indie (o ITPOP, vogliamo dire ITPOP?) non esiste – giacché anzi uno dei più evidenti difetti del genere è la difficoltà di molti artisti a tenere il palco in maniera quantomeno decente. I BRUUNO invece travolgono tutto, impacchettano, ringraziano e lasciano spazio “ai capi”. arrivano, il pubblico si anima come percorso da una scossa elettrica a base di malessere – eccola di nuovo, la : ma è davvero difficile riconoscere il lavoro del gruppo a livello musicale senza minimizzare. Si potrebbe dire che sono piuttosto precisi, si può aggiungere che gli arrangiamenti (poche sovraincisioni no giochi di prestigio) facilitano una resa efficace live, che si possono apprezzare le variazioni ritmiche che ne fanno una delle realtà meno scontate anche nell’emocore italiano (genere di cui comunque, sia chiaro, non so praticamente niente). Ma a un certo punto si dovrebbe per forza parlare di quanto sono – ed ecco, il cerchio si chiuderebbe di nuovo. Però il punto è quello, no? Non è andare a sentire un concerto suonato e cantato in maniera impeccabile, ma andare a farsi contagiare delle emozioni, andare presi a male ad ascoltare musica presa a male per farsi prendere meglio – è qui la catarsi con un sasso sulla pancia e un pensiero bello in testa (2017), attraversando quattro lavori e mezzo di poche tracce (mai più di sette) con la capacità di mantenere sempre intatta la coerenza espressiva e contenutistica. Per inciso, tutti i dischi del gruppo sono disponibili, completi di (bellissimi) artwork, sul Adesso che cambiare tutto è come prendere a schiaffi uno scoglio dalla scaletta per cui periodicamente rendo grazie ai Fine Before You Came di esserci ogni volta che sento il bisogno di ascoltarli e dal vivo almeno una volta l’anno. Ho tirato pugni da ogni parte solo per uscire da un sacchetto di carta […]