Buon lunedì, cari lettori! Siamo tornati, puntuali come promesso con la nostra speciale selezione di notizie e articoli delle ultime due settimane.
E senza indugiare, buona lettura!

Quick et nunc
Tre giorni fa c’è stato un nuovo attentato a Londra, o perlomeno un nuovo tentativo. L’esplosione di una bomba ha ferito trenta persone, senza fare, per fortuna, nessuna vittima. La polizia ha identificato un sospetto. Secondo gli esperti, l’ordigno era fabbricato in casa, con componenti e principi simili al tragico attentato nello stadio di Manchester, ma qualcosa è andato storto, e l’esplosione non è avvenuta. O almeno, non al massimo del suo potenziale.
L’ordigno si trovava sulla District Line della metropolitana, ed era sicuramente destinato a una delle stazioni più affollate nel percorso, ma un difetto di fabbricazione l’ha fatto detonare in anticipo e in modo meno virulento. Le prove sembrano puntare a un solo attentatore ispirato dalla propaganda fondamentalista, piuttosto che a una cellula dell’Isis vera e propria. Una piccola consolazione, ma poteva andare molto peggio.

Scavando a fondo
Manca meno di una settimana alle elezioni in Germania, e se da un certo punto di vista il risultato appare scontato, i pieni risvolti di questo avvenimento sono tutto fuorché prevedibili. Angela Merkel, per citare l’articolo qui presente, si comporta “come se avesse già vinto” e di fatto il clima generale pare confermarlo. L’economia tedesca rimane decisamente solida e il rigore della cancelliera piace a chi teme derive populiste.
La domanda seguente è: chi formerà il governo in Germania, e in che modo ciò influirà sulle politiche europee? I socialdemocratici, storici alleati del partito della Merkel, vogliono ritrovare se stessi e la propria identità di sinistra, imbavagliata da anni di governo di coalizione. D’altro canto, un’alleanza con la destra antieuropeista che guarda con favore verso la Russia di Putin, appare improbabile. Liberali e Verdi potrebbero essere altri candidati papabili. Fra circa una settimana ne sapremo di più. Nel frattempo, si respira l’aria di una commedia americana prima del ballo della scuola. Chi sceglierà la reginetta Angela?

Consigli per i click
La crisi dei Rohingya in Birmania è quasi un manuale: un manuale su come mettere in atto un genocidio e restare impuniti, fra l’inerzia degli apparati internazionali e l’indignazione di una parte dell’opinione pubblica, che purtroppo non basta a cambiare le cose. Questo articolo del magazine The Conversation spiega in dettaglio ogni punto della macabra lista: ‘altrificare’ la comunità, in modo da rendere insensibile e connivente l’opinione pubblica nazionale; esercitare violenze prima sporadiche, poi sempre più frequenti, in modo da indurli ad andarsene; fare leva sul sentimento patriottico e dipingere la comunità come un pericolo per tutti gli altri.
Rohingya crisis: this is what genocide looks like
Un tale elenco sembrerebbe a prima vista sufficiente affinché l’ONU si mobiliti per la salvaguardia dei Rohingya; invece loro continuano a scappare, a morire in mare o al confine con il Bangladesh o sul confine fra Thailandia e Malesia. La Cina non vuole influenze occidentali nell’area, perciò qualunque mozione all’ONU è sicura di incontrare il suo veto, come anche quello della Russia. Inoltre la definizione di genocidio per gli organi internazionali è piuttosto puntigliosa: se non c’è massacro sistematico di esseri umani decretato da una corte di giustizia, non è genocidio. Peccato che la disumanizzazione, l’isolamento e l’indebolimento della comunità siano le fasi preliminari.

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L’uragano Irma è passato e il capo dell’Agenzia di Protezione dell’Ambiente ha detto che “il tempo e il luogo per discutere gli effetti di queste tempeste non è adesso”. Potrebbe sembrare un controsenso, finché non ci si ricorda che Scott Pruitt, politico del Partito Repubblicano, è stato nominato da Trump, di fatto per rendere inoffensiva la stessa istituzione a cui fa capo. Pruitt rappresenta tutto ciò che gli scienziati e i normali cittadini preoccupati dai recenti effetti disastrosi del cambiamento climatico, esecrano: è completamente sicuro di sé e apparentemente cieco a quanto dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti.
Hurricane Irma and why the only thing worse than climate change denial is acceptance
Tuttavia, l’articolo non parla di questo: essere d’accordo con climatologi, ecologisti e con una buona porzione di individui informati, non è sufficiente. Molti, se non tutti, siamo colpevoli di un’altro comportamento, molto più pericoloso perché più facile: l’inerzia. Sappiamo che c’è un pericolo e che i disastri accadono per un motivo, ma ci culliamo nella speranza, o consapevolezza a seconda della posizione geografica, che il problema non toccherà noi per molto tempo. Alcuni, che pure avrebbero i mezzi per agire, preferiscono costruirsi bunker e fare scorte prima che sia troppo tardi. Assicurarsi la propria pelle, e pazienza per gli altri. Peccato che quegli altri, per quanto non esenti dallo stesso peccato, siamo noi.

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Dunque: Hillary Clinton pubblica un libro sulla sua sconfitta alle elezioni dell’anno scorso, un memoriale che entra nei dettagli della campagna, dal suo disgusto per la retorica di Donald Trump fino ai suoi pensieri nel giorno delle elezioni. Il memoriale si intitola Stronger Together, e Trump non ha perso occasione per criticarlo in numerosi tweet, come d’abitudine. E poi, Hillary ha risposto.
While you were offline: Hillary Clinton gave Trump a great book recommendation
La sua risposta è stata un consiglio: Hillary ha pubblicato su twitter una foto del suo bestseller degli anni novanta, It Takes a Village, rimasto per 18 mesi nella classifica del New York Times e che le valse nel 1997 un Grammy Award per la versione audio. Ok, direte, ma qual è il punto? Il tweet mostra la versione ridotta per bambini. *Mic drop*

Schermi diversi
Nel Regno Unito una ragazzina di dodici anni rischia di essere incriminata per la produzione e condivisione di materiale pedopornografico. Cos’ha fatto? Ha inviato una foto in topless a un pedofilo online. L’uomo l’ha bombardata con richieste sconce da un falso account Instagram e lei, estenuata dalla pressione continua, ha inviato la foto. Successivamente ha smesso di rispondere, mentre le richieste si facevano più pesanti, e ha detto tutto alla madre, la quale si è rivolta alla polizia.
Girl, 12, could face charges after sending topless photo to paedophile who groomed her online
La polizia però ha informato la ragazza e la madre che c’è il rischio che quanto accaduto finisca sulla fedina penale della giovane, sebbene abbiano assicurato che “i dipartimenti in questi casi seguono il buon senso nel decidere quando ciò non è opportuno”. Il pedofilo, invece, non è ancora stato trovato. Una storia dal sapore di paradosso kafkiano, che per il momento rimane in sospeso, nella sua piccola triste assurdità.

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Buon compleanno Gifs! Uno degli elementi di divertimento più gratuiti, variegati e all’apparenza infantili del web, in realtà è già bello che adulto: le Gifs compiono trent’anni quest’anno e l’articolo del Guardian che condividiamo con voi ci regala una carrellata di alcuni classici intramontabili. Ah, giusto perché lo sappiate, la pronuncia originale era proprio Gifs, all’italiana, ma in seguito i madrelingua inglese l’hanno modificata nel più familiare (per loro) ‘Ghifs’.
Gifs: 30 years of reactions, dancing babies and popcorn
I gatti sono senza dubbio i protagonisti indiscussi delle immagini più divertenti, per quanto gli occhiali da sole e Michael Jackson con i popcorn siano anch’essi piuttosto popolari. L’articolo stranamente non menziona Gifs a tema felino. Probabilmente è stato scritto da un cinofilo.

Altro giro, altro regalo
Dopo vent’anni, la sonda spaziale Cassini ha finito la sua missione, ed è stata ‘sepolta’ sulla superficie di Saturno. Un finale col botto che ci ha regalato le immagini più vicine finora del pianeta ad anelli. Il video non ha bisogno di ulteriori presentazioni. Buon viaggio nello spazio.
Parole, parole, parole

Citazione della settimana:
“I think that’s one of the more outrageous comments that anyone could make, and certainly something that I think is a fireable offense by ESPN.”
Il segretario della stampa della Casa Bianca Sarah Huckabee Sanders chiede il licenziamento di una giornalista ESPN per aver chiamato Donald Trump “un suprematista bianco”.
Francesca Maria Solinas