Comincia settembre e riprende la nostra rassegna bisettimanale. Non che se ne fosse mai andata, obietterete voi attentissimi lettori. Certo, rispondiamo noi, ma avrete notato, voi a cui non sfugge mai nessun dettaglio, una certa incoerenza nelle date. Prima ogni due settimane, poi a venti giorni di distanza, insomma un appuntamento ballerino. Ecco, da oggi le cose cambiano, e saremo puntuali come un metronomo, ogni due lunedì stesso posto, stessa ora, stesso minuto, stesso millisecondo… Ok, magari non così tanto, ma il giorno è garantito.
Del resto settembre, come gennaio, è un mese di nuovi inizi. E allora cominciamo!
Fonte: Flickr
Quick et nunc
Noterete un tema ricorrente nella nostra rassegna di oggi. Iniziamo a bomba (ok, mi flagello da sola per questa battuta) con la notizia che la Corea del Nord starebbe preparando nuovi lanci di missili. Forse addirittura missili intercontinentali. Al momento, gli avvenimenti si succedono in modo frenetico. Dall’articolo della BBC:
“The South has carried out live-fire exercises in response to the test.
The US has warned that any threat to itself or its allies will be met with a “massive military response”.
The North says it tested a hydrogen bomb that can fit on to a long-range missile.”
Negli ultimi due mesi, la Corea del Nord ha condotto numerosi test di missili nucleari, tra cui uno pochi giorni fa che ha sorvolato il Giappone. La tensione nell’area cresce, e oggi ci sarà un incontro di emergenza dell’ONU per valutare come rispondere all’atteggiamento provocatorio del paese, che afferma di avere test in corso per produrre missili con bombe a idrogeno.
Immagine dei test diffusa dalla Corea del Nord lunedì. Fonte: BBC
Scavando a fondo
Negli USA, si affronta la scia di devastazione lasciata dall’uragano Harvey. Gli allagamenti a Houston non rappresentano solo un danno enorme a case, persone e attività, ma anche un grave rischio per la salute e l’ambiente. Le acque che ancora allagano parte della città sono “un ribollire di agenti chimici tossici, acqua fognaria e detriti”. Si temono attacchi di colera, tifo e altre malattie infettive.
L’inondazione ha coinvolto il 30% della quarta città più grande degli Stati Uniti, e l’articolo del New York Times approfondisce in particolare i rischi legati ai siti di stoccaggio di rifiuti tossici, il cui allagamento avrebbe causato perdite di piombo, arsenico e altri elementi inquinanti e dannosi per la salute. Inoltre, Houston è un centro importante per l’industria petrolchimica, con quasi 500 centri. Le strutture danneggiate dall’uragano hanno rilasciato nell’atmosfera circa 900 tonnellate di sostanze pericolose fra cui benzene e ossido di azoto. Al momento, tuttavia, la maggiore preoccupazione è costituita dalle case in cui la gente si è ritrovata a camminare in mezzo all’acqua; case che dovranno essere, non solo prosciugate, ma anche bonificate. “Quell’acqua è contaminata e ha contaminato le case. Lo sappiamo da subito.”
Facciamo un bagnetto, che dite? Fonte: The New York Times
Consigli per i click
I nostri consigli per i click cominciano con un interessante articolo dal Guardian. Ora che le elezioni in Germania sono alle porte, il giornale propone un’intervista a una fra le tante famiglie di rifugiati siriani che il paese ha accolto negli ultimi due anni. Ruaa Abu Rashed, le sue sorelle e i genitori raccontano il loro viaggio periglioso, la sfida dell’integrazione e le difficoltà nell’apprendere il tedesco e navigare le contorta burocrazia.
L’intervista è soffusa di gratitudine verso la Germania come paese di accoglienza, ma prende in considerazione anche i problemi. Ciò che colpisce, da expat, è quanto questi problemi siano simili all’esperienza di tanti che espatriano in Germania: Ruaa parla della sua sorpresa nello scoprire i difetti del suo paese di accoglienza, il freddo dogmatismo degli insegnanti, i burocrati che “sembrano voler sempre scaricare le responsabilità su qualcun altro”, l’arbitrarietà delle regole. Una lettura che dimostra quanto le esperienze di espatrio possano essere svariate e allo stesso tempo straordinariamente simili, e che in fondo siamo tutti uniti di fronte al nemico comune: la burocrazia.
Fonte: The Guardian
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Il secondo consiglio che abbiamo per voi oggi è una di quelle storie che suscitano una risata piuttosto amara. Le due donne in foto si chiamano Penelope Gazin e Kate Dwyer: sono le fondatrici di Witchsy, un negozio online dedicato a opere trasgressive e insolite, descritto come “il figlio di Etsy e PornHub”. Verso l’inizio della loro avventura da imprenditrici, Gazin e Dwyer hanno notato che alcuni collaboratori uomini non le prendevano sul serio: rispondevano tardi alle mail, impiegavano un tono paternalistico ed erano spesso maleducati e accondiscendenti. Le due hanno deciso di fare un test: hanno inventato il profilo di Keith, un cofondatore, da utilizzare per interagire con i personaggi più difficili. Ha funzionato.
La biografia di Keith secondo Gazin e Dwyer era quella del macho modello: ex giocatore di football, sposato, felice di “aiutare le ragazze nel loro piccolo progetto finché non troveranno marito”. Nell’interazione con Keith, gli stessi collaboratori che trattavano le due donne con sufficienza erano solleciti e quasi ossequiosi. Le risposte per cui prima Penelope e Kate aspettavano giorni, erano adesso immediate. Come l’articolo di Quartz fa notare, non è sorprendente che il metodo funzioni, del resto le donne hanno usato pseudonimi maschili per molto tempo, soprattutto scrittrici come le sorelle Brontë o George Eliot. Ciò che più che sorprendere infastidisce, è che questi meccanismi siano ancora gli stessi. E Keith? Ora che il sito è consolidato e operativo, Penelope e Kate hanno trovato collaboratori più… collaborativi. Inoltre, affermano che l’esperienza nei panni di Keith ha insegnato loro a essere più dirette e meno accomodanti. Keith al momento, non essendo più necessario, ha lasciato l’azienda per fare il papà a tempo pieno. Tanti auguri, Keith.
“E poi mi ha detto: Keith, ma perché con tua moglie non venite da noi a vedere il Superbowl?” Fonte: Quartz
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Chiudiamo i nostri consigli con una notizia di letteratura originale e un filo spiazzante su Terry Pratchett, il prolifico autore della saga di Mondo Disco e molto altro ancora. Lo scrittore, scomparso nel 2015 dopo una lunga lotta contro l’Alzheimer, aveva lasciato disposizioni affinché tutti i suoi lavori lasciati incompleti venissero distrutti. In che modo e per quale motivo? Lo scopriamo in questo pezzo del Guardian: i suoi desideri sono stati infatti esauditi.
Esatto: l’hard drive contenente tutti i lavori incompleti di Pratchett è stato schiacciato con un rullo compressore; a dimostrazione, secondo il suo esecutore testamentario, che la moderna tecnologia non può nulla contro la potenza della Rivoluzione Industriale. E credo che non ci sia nulla da aggiungere.
“E non provate a scrivere sequel, capito? Sennò sotto il rullo ci finite voi!” Fonte: The Guardian
Schermi diversi
Per rassicurarvi sul futuro, condividiamo con voi una pillola video di Wired sull’evoluzione delle armi nucleari a partire dagli anni 40. Come potete immaginare, le dimensioni sono diminuite in modo direttamente proporzionale all’aumento della potenza. Insomma, c’è di che stare allegri. Inoltre, ci sono quelle tanto belle immagini d’epoca dei funghi atomici.
In tre minuti, il video spiega in modo dettagliato la differenza fra le bombe a fissione nucleare del passato e le bombe a fusione di oggi, più piccole e con una potenza esponenzialmente maggiore. Scopriamo poi che nove paesi possiedono armi nucleari, e che nel mondo sono presenti circa 1800 ordigni pronti per l’uso immediato in caso di… necessità? Abbiamo comunque fatto progressi, passando da una stima di 70.000 armi nucleari presenti nel mondo negli anni 80, alle circa 15.000 di oggi. Inoltre, perché non è ancora scoppiato un conflitto nucleare? Insomma, un video adatto per una pausa relax.
Non vi spaventate per il rumore d’inizio del filmato. Quella è l’esplosione. Fonte: Wired
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Continuiamo con uno scandalo che riguarda alcuni social media, come Twitter e Instagram, accusati di contribuire alla censura in Iran, o quantomeno di cercare accordi con il governo adattando le proprie politiche sui contenuti. Secondo il nuovo ministro delle comunicazioni, ci sarebbe un dialogo in corso con le piattaforme finalizzato a permettere loro di operare con maggiore libertà nel paese, purché aderiscano alle severe norme sulla moralità iraniane. Al momento Twitter e YouTube sono censurati in Iran, ma le persone accedono comunque utilizzando server intermedi (anche chiamati VPN).
Il problema, per molti, sta proprio nella disponibilità delle compagnie a seguire le norme sulla moralità. Nel caso di Instagram, per esempio, si sta discutendo il blocco di pagine “immodeste”, che non potranno essere visualizzate nel paese. Dal momento che le piattaforme social rimuovono già contenuti violenti o pornografici, gli attivisti per la libertà di espressione temono una rimozione di contenuti legati ad altri ambiti, come la contestazione del governo, o la sessualità dell’utente.
Fonte: Independent
Altro giro, altro regalo
Voi fareste celebrare il vostro funerale a un robot? In Giappone, una compagnia sta studiando questa possibilità, e ha creato un robot chiamato Pepper, in grado di celebrare i riti buddisti e anche i funerali. In un momento in cui le donazioni ai templi sono in declino e i monaci lavorano sempre di più part-time, la compagnia ha creato un confratello robotico che potrebbe dare loro una mano. Quello che però si chiedono molti, soprattutto i monaci, è: un robot potrà mai incarnare la componente spirituale del rito?
Parole, parole, parole
Citazione della settimana:
“Mi pareva che l’allarme avesse un suono diverso oggi. Dice lancio missile Corea del Nord. Trovate un edificio solido o andate sottoterra.”
Quegli annunci che ti svoltano la giornata. Fonte: The Journal
Parola della settimana:“rotten apple”: continua la nostra serie di idiomi sulla frutta. Questo è particolarmente interessante, perché è presente anche in italiano. La “mela marcia”.
Ma perché ce l’abbiamo tanto con le povere mele marce? Vediamolo insieme. A quanto pare l’espressione, usata come sappiamo per indicare una persona che si comporta male all’interno di un gruppo, deriva da un proverbio di origine latina del quattordicesimo secolo, secondo cui “una mela marcia danneggia i suoi vicini”, poi rielaborato in “una mela marcia ne rovina un barile”.
Il proverbio deriva ovviamente dallo spargersi di muffa, parassiti o malattie, nel cibo conservato tutto insieme, ma in senso metaforico si riferisce anche al fatto che la comunità è responsabile delle azioni del singolo, perciò se il singolo diventa una “mela marcia”, ne rispondono tutti. Insomma, uno non può nemmeno marcire in santa pace che subito sono tutti lì a darti addosso.
L’espressione ha avuto una certa fortuna nella cultura popolare, anche se mai quanto la top banana del SumUp #6. “Rotten apple” è il titolo di una canzone degli Alice in Chains e di un album di Lloyd Banks del 2006, mentre gli Smashing Pumpkins hanno lanciato un disco di greatest hits nel 2001 intitolato “The Rotten Apples”. Si vede che attraversavano una crisi di identità.
Classe 1988, dalla Sardegna alla scoperta del mondo. Probabilmente ho imparato a leggere e a scrivere prima che a parlare. Le mie abilità sociali sono di recente sviluppo. Nella vita reale, sono una traduttrice freelance, faccio parte di un'associazione di cinema, scrivo rassegne stampa buffe o tragiche e mi concentro nella ricerca del risotto perfetto. La multipotenzialità è un vizio di famiglia.
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