Dieci Paesi in crisi, distrutti da conflitti dimenticati

Dieci Paesi in crisi, distrutti da conflitti dimenticati

, ve ne sono molte altre che logorano altri Paesi da anni, nella L’atteggiamento assunto nei confronti di queste problematiche è quasi di rassegnazione, di “dato per scontato”, di disinteresse, per non dire di ignoranza. Qui c’è qualche spunto di riflessione per andare oltre l’agenda proposta dai media mainstream, per e che continua, in certi casi da decenni, a danneggiare gruppi sociali o Paesi interi. Nel regime eritreo presieduto da oltre 25 anni dal partito unico di Isaias Afewerki Nel 1993 Afewerki salì al potere, cominciando a rafforzare la sua influenza e mandando in fumo le aspettative di pace e stabilità dei cittadini, stremati da anni e anni di guerre per l’indipendenza dall’Etiopia. Da allora il controllo serrato da parte della polizia nei confronti dei cittadini è degenerato in per tutti gli accusati di non essere uniformati ai voleri del regime o per quelli la vera sovrana: sia interna che esterna, ha condizionato irrimediabilmente il Paese determinandone ormai il fallimento. Alle ultime elezioni diversi Stati islamici tra cui Turchia, Sudan, Emirati Arabi e Qatar sono intervenuti ne l tentativo di condizionare l’esito del voto per promuovere una certa idea di Islam dalle sfaccettature politiche. Oltre a questo, le guerre intestine per la riconquista dei territori controllati dai ribelli estremisti islamici unite alla corruzione e alle frequenti siccità rendono la Somalia uno dei Paesi che soffrono di più la fame. Considerato da molti come la “minoranza più perseguitata al mondo”, il popolo Rohingya è rifiutato e maltrattato da Paesi come Birmania, Thailandia, Malesia ed Indonesia. In particolare, la Birmania nega loro qualsiasi diritto non riconoscendoli come facente parte del popolo Birmano, esponendoli così a episodi di intolleranza e discriminazione a causa della loro : un déjà vu, dato che non è la prima volta che le due fazioni si scontrano, tuttavia colpisce il fatto che di anno in anno la situazione vada sempre peggiorando. Basti pensare al fatto che il governo centrale ha ritirato le “carte di identità temporanee” dei Rohingya rendendoli, a tutti gli effetti, apolidi nel proprio Paese. , una minoranza sciita che non accettò mai la vittoria alle elezioni del 2012 del presidente Hadi. Nel silenzio generale, decine e decine di bombe sono state scagliate su ospedali, scuole e altri edifici pubblici. Le conseguenze sono drammatiche: La situazione afgana è stata oggetto di attenzione mediatica nel corso dei primi anni del 2000 per poi finire nel dimenticatoio, nella routine, nell’insieme di quelle situazioni trascurate perché quasi scontate. Nessuno più si stupisce o si preoccupa per l’ennesima bomba in Afghanistan , e ormai si parla sempre meno del lascito dell’operazione americana: una sorta di stato militare che, è estremamente frammentato, dove più gruppi e Paesi continuano a esercitare influenza e a infiltrarsi bloccando uno Stato intero sotto la morsa della violenza, della corruzione e degli interessi particolaristi. Un segnale del deteriorarsi della situazione sicurezza è la decisione della Cooperazione italiana di ritirare i suoi dipendenti da Kabul, una città sempre più pericolosa come ci ha raccontato è diventato presidente delle Filippine, nel Paese si stanno consumando quotidianamente vere e proprie in nome della quale si massacrano consumatori, distributori, o anche semplici sospettati. Le accuse spesso sono infondate e sembrerebbe essersi creata una sorta di dove torture, uccidere e organizzare funerali sono diventati un vero e proprio business. l’attenzione mediatica nei confronti dei conflitti e delle tensioni che bloccano il Paese si è ridotta al silenzio. , mentre le prospettive di risoluzione del conflitto sono lontane. Tra gli scontri sostenuti dai ribelli, la militarizzazione della Crimea da parte delle truppe della Russia, i tentativi di attentati e gli arresti strategici la situazione appare tutt’altro che rilassata: a complicare il quadro vi è il braccio di ferro tra Russia ed Europa sul caso. si alternano periodi di violenza a periodi più tranquilli. La ragione dello scontro riguarda il controllo della zona, causa di diverse guerre combattute tra i due Paesi in passato. Nel 1948 l’Onu attribuì il territorio all’India che avrebbe poi dovuto tenere un referendum per far decidere alla popolazione a che nazione affidarsi, ma non avvenne mai nulla di fatto e da allora ciclicamente le tensioni tornano ad esplodere, come è successe lo scorso anno, con un gran numero di vittime. Lo scorso marzo le forze militari cinesi hanno sfilato nei territori del Tibet in occasione dell’anniversario della rivolta del 1959 promossa dai sostenitori dell’indipendenza del Tibet, in cui morirono oltre sessantamila persone. Anche il Tibet, quindi, soffre ancora una situazione che si protrae da anni e anni nella quasi totale indifferenza, dove l’intransigenza regna sovrana e represse la libertà di parola, di religione, di movimento, di associazione e di riunione in tutto il territorio tibetano. , che pone fine a un conflitto interno durato oltre cinquant’anni, in Colombia si parla ancora di “crisi invisibile”. Infatti, , soprattutto nei confronti dei difensori dei diritti umani e afro-colombiani. Gli autori di queste violenze sarebbero, ancora una volta, provenienti da gruppi paramilitari che hanno abilmente riempito il vuoto di potere creatosi successivamente all’accordo con le Farc, imponendosi sulla scena. Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)