Una cosa semplice in cima a un castello: Mish Mash Festival

Quando le cose nascono all’ultimo momento c’è sempre paura di sentirsi spaesati, incapaci di orientarsi, privi di una bussola che mi faccia sentire a casa. Ma questi sono problemi miei, di una persona che vive con lo spettro dell’inadeguatezza addosso. Perciò, quando all’ultimo minuto si è presentata l’occasione di andare a Milazzo, vicino Messina, per la seconda edizione del Mish Mash Festival, avevo paura di non essere pronto a goderne appieno. E invece, grazie alla solerzia dell’organizzazione e alla gentilezza di una volontaria (che per motivi di privacy chiameremo Carola), sono riuscito a rendermi conto che per  sentirsi a casa basta poco: una line-up coerente, un panorama mozzafiato, rapidi rifornimenti di vettovaglie e diverse installazioni artistiche in un castello millenario.
Forse proprio poco non è, ma al Mish Mash il tutto si è presentato con grande semplicità ed altrettante efficacia.

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E così, sabato 5 agosto, appena arrivato dalla punta sud-orientale dell’Isola, ho fatto in tempo ad ascoltare il set di Andrea Normanno sull’Island Stage. Catanese, aka 1984, ha spazzato fuori ogni granello di polvere dalla stanza del castello che lo ospitava con il suo live: suoni duri, volumi altrettanto forti per la poetica dark/industrial di Normanno. In realtà, da lì in poi, sarà tutta in discesa: ci si sposta sul palco che fronteggia il castello e dà le spalle al lungomare di Milazzo.

Dopo una breve attesa è il turno del grande protagonista della tripletta che occuperà il main stage: l’indie italiano contemporaneo. Primo della lista Giovanni Imparato da Senigallia, in arte Colombre: il live è energico, lui carismatico e le canzoni godibilissime. Le tastiere di Pietro Paroletti, fedeli al disco, fanno gran parte del lavoro che rende le atmosfere di Colombre vicine a quello che con forte sprezzo delle analogie si potrebbe definire un macdemarc-ismo risciacquato in Adriatico.

Subito dopo, il regno del Tirreno ha inizio: dalla Trastevere di Carl Brave e Franco 126 per  concludere con Flavio-Gazzelle. In ordine, il duo romano riesce in qualcosa che mai e poi mai mi sarei aspettato da qualcosa di [hip-hop]: dal vivo le parole si capiscono molto meglio. Nonostante l’abuso del vocoder – che in questo caso giudico essere una fortunatissima scelta che combina il pur infelice Zeitgeist di produzione musicale odierno e una necessità di insapidire una pietanza ben strutturata ma potenzialmente ignorabile [versione breve: in questi anni in cui ormai anche Al Bano canta col vocoder, secondo me in questo caso ci sta proprio] – per qualche miracolo di fonica le liriche stupidotte e per questo efficaci della collaborazione dei due amici sono state più comprensibili che nella versione da studio. Anche se, a onor del vero, il “e c’avrei scommesso su noi due” è stato misheard dalla mia gentile accompagnatrice in favore di un viepiù poetico “pesce fresco sulle dune”.

Ai regà romani si perdona molto volentieri anche la sincera tamarreria che accompagna gli intermezzi tra una base e l’altra, mentre il pubblico – età media sotto i 25 anni – vibra già per il concittadino Gazzelle, che senza mutar d’accento infila le sue hit più conosciute accompagnato dalla sua folta band di supporto, anche stavolta tastiere decisamente sugli scudi. Nonostante parte dello show sia stato martoriato da problemi di fonica (per il grande scazzo dell’altrimenti attivissimo tastierista), il concerto è ampiamente portato a casa dal gruppo romano. In platea l’esaltazione generale è sempre su livelli alti e cori spontanei fanno capire che, per dirla con Lodo Guenzi, “il popolo di Gazzelle” esiste eccome.

La chiusura, su tutt’altro mood e genere, è affidata al progetto world dance di Digi G’Alessio: Clap! Clap!. Il dj toscano ha portato a Milazzo la sua sapiente miscela di campionamenti provenienti dall’Africa a drop e casse dritte che più occidentali non si può. Il risultato è veramente notevole in termini di pacca e di raffinatezze all’interno di un contesto prettamente dance. L’evento, sponsorizzato dalla bibita a base di taurina, potrebbe a parer nostro aver trovato un testimonial vita natural durante. (a quanto pare non esistano video che testimonino la proattività del G’Alessio, purtroppo. Ulteriore motivo per invitarvi a vederlo dal vivo, oltre che ad ascoltare l’ultimo A Thousand Skies).

Mentre stanchi e soddisfatti riscendiamo il viale che ci allontana dal castello, vediamo silenziosi fuochi d’artificio illuminare una piccola porzione di cielo, dall’altro lato dell’insenatura. Una cosa piccola, semplice, eppure d’effetto. Mish Mash, speriamo di rivederci nel 2018.

Filippo Batisti
@disorderlinesss

Immagine di copertina: mishmashfestival.com

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