Salvatore Nocera. Un decennio di ritardo

Salvatore Nocera. Un decennio di ritardo

dell’artista costituisce quel tassello mancante che giunge ad arricchire il mosaico storico-artistico bolognese: Nocera fu , da madre bolognese e padre siciliano, per poi trasferirsi a Firenze poco prima del compimento dei vent’anni. Qui si iscrisse alla Facoltà di Architettura e poté appassionarsi all’arte rinascimentale, conoscendo, fra gli altri, . Fu proprio l’affermato storico dell’arte ad esortarlo a dedicarsi alla pittura, impressionato dal suo talento. Il giovane artista non esitò a seguire il suo consiglio e già nel 1949 iniziò a raccogliere i primi frutti della sua vocazione: grazie all’ , rimasto colpito dal suo lavoro, riuscì a partecipare con una grande – molto apprezzata dalla critica – a un concorso nazionale quale il Premio Cremona. Abbandonata la carriera universitaria, decise di rientrare a Bologna per iscriversi all’ . Da qui ebbe inizio il suo cammino artistico, tra mostre regionali e proficui sodalizi, che finì per portarlo in terra francese, quando nel 1959 decise di affittare con la moglie uno studio a . Fu proprio l’esperienza parigina ad ampliare gli orizzonti di Nocera, aggiungendo al suo già ricco bagaglio artistico esperienze artistiche vicine, come l’ dei francesi Jean Fautrier e Jean Dubuffet, ed altre lontane, come le neonate tendenze newyorkesi dell’ . Fu proprio in questo periodo che la sua estetica prevalentemente figurativa iniziò a subire le prime contaminazioni . Nonostante il decollo della sua carriera, costellato di esposizioni e continui riconoscimenti, una gli impediva di sentirsi pienamente appagato, sia in Italia che in terra straniera. Ben presto la frustrazione si fece strada, tra vizi, abuso di alcool, fumo e uno smodato interesse per le armi. A tal punto da portare la moglie Carolina a chiedere il divorzio. , crollano i capisaldi della vita di Nocera. La crisi personale lo riporta a Bologna, dove il cambia ancora una volta la rotta della sua produzione artistica. Abbandona in parte la pittura per dedicarsi a nuove tecniche come il , ottenendo bizzarri fotomontaggi analogici. Lo stesso Nocera la definisce un’ , fatta di interventi di rottura e riassemblamento di materiali trovati, , sua nuova compagna di vita, dona nuova linfa vitale alla sua produzione e alla sua esistenza. Tuttavia, come fu per Van Gogh, Rimbaud o Caravaggio, Nocera fu uno di quegli uomini vissuti per l’arte e consumati dall’arte. Da questo momento, i recidivi problemi di salute causati dal fumo e dall’alcool uniti a traumi della vita privata – come la morte della madre nel 1985 – portano la sua produzione ad una progressiva sfioritura, che si trascina fino al Una storia e un’arte travolgente, quelle di Salvatore Nocera, la cui produzione è stata esaltata al meglio dall’allestimento di questa mostra; nata da un’idea di Mario Giorgi, che conobbe l’artista quando era in vita, e realizzata grazie ad Eva Picardi e alla madre Felicia Muscianesi, entrambe eredi testamentarie. La curatela è stata invece affidata alla dottoressa Elisa Del Prete, che ci regala un ampio scorcio sulla vita dell’artista, facendoci passeggiare fra i suoi imponenti dipinti e lasciandoci curiosare tra lettere e pagine di diario. Mentre i colori, accesi e brillanti nel periodo figurativo, poi densi e terrosi nel periodo astratto, vengono valorizzati dalle , che si stagliano nella luce naturale delle finestre della Sala Ercole. Finalmente Salvatore Nocera ha ricevuto anche nella patria natia la meritata visibilità. È proprio il caso di dirlo… meglio un decennio di ritardo che mai! Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)