Cronache sparse dalla galassia vaccini

Cronache sparse dalla galassia vaccini

, la questione dei vaccini è prettamente politica e necessita l’intervento di filosofi e politologi, poiché è noto che ogni volta che si ha mal di denti bisogna andare a tagliarsi i capelli. Nella delicata questione, continua Fusaro, sono in gioco interessi multinazionali di enti privatistici, che essendo “smaccatamente sovranazionali” entrano in conflitto con l’interesse nazionale. La dei vaccini obbligatori merita di essere affrontata, a detta del buon Diego, non da medici, immunologi, tecnici o virologi, ma da una “diversa angolatura”, che è un modo carino di dire che ha ragione lui. I vaccini coatti sono una questione essenzialmente politica, e la politica non va lasciata ai tecnici. Occorre reagire alla tecnicizzazione integrale oggi in atto, a causa della quale sparisce la Il vaccino è una vernice che occulta i reali rapporti di la retorica dei diritti è un modo di tutelare l’interesse multinazionale. Lo stato dovrebbe avere a cuore l’interesse dei cittadini, invece pensa solo a vaccinarli. Gli enti privatissimi non hanno a cuore l’interesse della società, ma solo i loro interessi, ugualmente privatissimi. Nel 2014, in spazi non-reali si era deciso che l’Italia sarebbe stata l’apripista dei vaccini obbligatori, ed eccoci tutti schiavi del pensiero unico. Poco conta il caso del bambino di Monza, malato di leucemia e morto per complicazioni legate al morbillo, da cui era stato contagiato dai fratelli non vaccinati. Poco conta il caso del bambino di Porcari morto di meningite, a cui era stata posticipata la vaccinazione. Ma questa degradazione della critica biopolitica foucaultiana di Fusaro conta adepti anche meno insigniti accademicamente. , altro lume del movimento no-vax, apripista della manifestazione tenutasi a Pesaro pochi giorni fa. Un malcontento tristemente diffuso e un sentimento che somiglia più all’invidia che alla protesta da pensiero critico serpeggia: gli scienziati credono di essere il Sapere! Ma basta un unico esperimento per dimostrare che si sbagliano. (dov’è questo esperimento? ) Si parla del poco spazio occupato nei telegiornali dalla questione dei vaccini: persino Berlusconi e il sosia di Dudù hanno ricevuto maggiore attenzione mediatica, ma Berlusconi è Berlusconi, per non parlare di Dudù, che è un adorabile cucciolo morbido, . La frequenza e il potenziale commerciale e ricreativo di quanto circola in tv può dunque essere considerato una valida unità di misura di attendibilità? Non potrebbe essere vagamente plausibile che l’antipatia per la stragrande maggioranza dei telespettatori per qualsiasi cosa odori anche solo lontanamente di impegnativo, intellettuale o vagamente istruttivo tenda, magari solo un pochettino, a dettare l’agenda televisiva? No, perché ci sono i poteri forti. E i complotti. E le scie chimiche. Tutto condensato nei vaccini. Ma procediamo. “La messa dei dotti, dei medici e dei sapienti è allineata al pensiero unico e, per paura del confronto, non tollera il dibattito. Si sottrae e soprattutto deride, offende” tuona Paragone sul Fatto Quotidiano. Ognuno si sente un novello Galileo, quello che venne costretto ad abiurare nonostante avesse ragione, nonostante i poteri forti dell’epoca non accettassero supinamente di vedere il paradigma che fondava l’ordine cosmico letteralmente sovvertito. Magari ci credevano pure loro, che la Terra girava intorno al Sole e non viceversa, ma in ogni caso non si poteva certo dire ad alta voce. Il punto, però, è che Galileo rappresenta ciò che ora è il paradigma dominante, e quindi l’analogia si spezza ancora prima di cominciare: la riproducibilità e falsificabilità della scienza non sono più un’optional, almeno sulla carta. E qui tornerebbe parte dell’eterno dibattito filosofico sul dubbio, che in gran sintesi si può riassumere con: dubitare è giusto, e necessario. Ma ci devono essere (ci sono) delle condizioni in cui è legittimo dubitare. La difesa del dubbio per se stesso è come difendere il diritto di orinare: indispensabile, ma secondo alcune regole (perlomeno contestuali). , Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia, Dottore di Ricerca in Scienze Microbiologiche e Specialista in Immunologia Clinica ed Allergologia che pare abbia la pretesa di saperne di più di Diego Fusaro (laureato in filosofia) sui vaccini. Ricorda un po’ il Vannoni santificato dalle Iene, sempre in nome di una “speranza” e di un “dubbio” che si sono rivelate, anche agli occhi della magistratura, speculazione travestita da scienza d’avanguardia, costruita sulla disperazione delle famiglie di persone ammalate. Burioni ritiene che le vaccinazioni obbligatorie dovrebbero essere quattordici e risponde agli scettici che il primo requisito fondamentale perché un vaccino sia messo in circolazione è la sua sicurezza, testata con appositi, accuratissimi, studi clinici. Si può discutere sull’aggressività della comunicazione di Burioni, che finisce per essere sfiancante e antipatica, prima che rassicurante, ma certo non sulla sua preparazione da medico. Il tono della discussione è acceso e aperto a insulti, prima che a evidenze e dati. Si sprecano i master sulla comunicazione scientifica, la cosiddetta divulgazione, e forse, boh, dal prossimo anno saranno inclusi 12 CFU di “Blastare la ggente”. È facile farsi prendere dal sacro fuoco dell’oggettività e usarlo come spada invincibile. Ma non si fa (comunicazione della) scienza per avere ragione, la si fa per cambiare le cose – come ha più o meno detto anche Carlo Marx diversi anni fa. Detto questo, la diatriba sui vaccini non dovrebbe diventare una sorta di gara a chi la spara più grossa, ma finisce per poter essere spiegata con una classica (e già abusata) citazione di Nanni Moretti: “Parlo mai di astrofisica? Parlo mai di botanica? Parlo mai di epigrafia greca? Io non parlo delle cose che non conosco!” Quella che sembra una gara a chi ce l’ha più grosso, dovrebbe invece preoccupare per aver fatto luce sul quasi inesistente senso di comunità di chi non vaccina i figli e parla di libera scelta, mettendo poi a rischio i figli di tutti (compresi quelli che hanno subito la scelta). Chi non vaccina mette in pericolo le fasce più deboli: chiunque abbia delle malattie croniche, chi è sieropositivo, chi purtroppo non può scegliere di proteggere se stesso e gli altri, come i neonati. Fino a maggio 2017 le vaccinazioni obbligatorie in Italia erano quattro – antidifterica, antitetanica, antiepatite B e antipoliomielitica – anche se molte altre venivano comunque offerte attivamente e gratuitamente dal servizio sanitario, come previsto di volta in volta dal calendario vaccinale. Questi sono le vaccinazioni obbligatorie previste da maggio: antipoliomielica, antidifterica, antitetanica, antipertosse, antiepatite B, Anti Haemophilusinfluenzae tipo B, antimeningococcica B, antimeningococcica C, antimorbillo, antiparotite, antirosolia, antivaricella. Già offerte gratuitamente dal Sistema sanitario ma escluse dal decreto legge sull’obbligo ci sono anche la vaccinazione antipneumococcica (da effettuare a 3, 5 e 11 mesi di vita) e quella contro l’HPV (da effettuare in età adolescenziale) , perché ogni ASL fornisce i dati sulla copertura vaccinale, ma la pratica è diversa: se già un paio di strutture non forniscono i dati sul territorio, se non lo fanno bene, tutto crolla. Questo rende plausibili i dubbi degli scettici, ma non per questo li rende vincenti. Quando si decide un piano terapeutico, si prende in considerazione la proporzione rischio-beneficio della cura in questione. Per quanto riguarda la questione dei vaccini, la proporzione è eclatante, basti osservare, ad esempio, la seguente tabella: Il problema della scarsa informazione sussiste, ma resta il dilemma se debba assumere , stile tabloid, o se invece non sia il caso di investire in un L’ottimista vede il bicchiere mezzo pieno, il pessimista lo vede mezzo vuoto, lo scienziato di 65 ml. Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)