In tutto il mondo sempre più società e fondi di investimento decidono di mettere a disposizione il loro denaro per la ricerca nel settore delle monete virtuali, le cosiddette cripto-valute. Da New York a Pechino passando per Berlino e Londra fino a Singapore, nell’ultimo anno quasi 1,7 miliardi di dollari sono stati investiti nel settore, attraverso la creazione di start up tecnologiche.
Tuttavia la cosa interessante risiede nel fatto che questo enorme flusso di denaro, non è indirizzato all’espansione diretta del mercato della moneta digitale ma bensì alla tecnologia che ne permette il funzionamento e ne garantisce un così alto grado di efficienza. Tale tecnologia prende il nome di Blockchain.
Stiamo parlando di una piattaforma tecnologica rivoluzionaria, che gli esperti del settore e gli addetti ai lavori paragonano addirittura all’invenzione del web. Il suo ruolo consiste semplicemente nel trasferire informazioni (nel caso delle cripto-valute trasferisce valore-moneta) in totale sicurezza e riservatezza. Per spiegare in cosa consiste nello specifico la Blockchain bisogna però fare necessariamente un passo indietro, bisogna partire dal principio.
Siamo nell’autunno del 2008, la crisi finanziaria globale è appena agli inizi e le conseguenze sembrano già devastanti. Le banche di tutto il mondo accusano il colpo, il settore del credito rischia di crollare e con lui tutta la struttura economica contemporanea. Nel bel mezzo di questo scenario compaiono su internet otto pagine firmate e sottoscritte da un enigmatico e misterioso personaggio che utilizza lo pseudomino di Satoshi Nakamoto. In queste otto pagine vengono descritte per la prima volta la struttura e le modalità di funzionamento di una moneta digitale. Nakamoto, prendendo in prestito i concetti di libro contabile (consultabile da chiunque) e di crittografia (scrittura digitale segreta decifrabile solo da chi conosce il codice) a cui affianca una potenza di calcolo elevatissima grazie al collegamento in rete di più computer, crea la prima cripto-valuta della storia: i Bitcoin.
Fin da subito l’invenzione di Nakamoto sembra poter soddisfare una particolare esigenza, che in quel momento storico risultava essere una necessità incombente: la possibilità di gestire il denaro senza dover per forza affidarsi all’intermediazione bancaria. Da questo momento in poi, grazie ai Bitcoin, si è trovato il modo di effettuare pagamenti, trasferire valore e gestire depositi personalmente.
Di monete digitali come i Bitcoin ne esitono oramai moltissime come Ethereum, Ripple o Litecoin anche se quella inventata da Nakamoto resta comunque la più famosa e la più utilizzata, con un giro di affari che sfiora i 10 miliardi di dollari. Per capire l’inarrestabile ascesa di quello che Bill Gates ha definito come “un’invenzione cool”, basta osservare l’andamento della quotazione. Agli inizi un singolo Bitcoin poteva essere acquistato per pochi centesimi di dollaro, oggi, nell’aprile del 2017, il suo valore è salito fino a toccare i 1.279 dollari e con un volume di transazioni complessivo, stimato a 333.632.913,99 $ (Fonte: blockchain.info).

Come funziona il Bitcoin?
Proviamo ora ad addentrarci nei meccanismi di funzionamento di questa cripto-valuta. Come oramai è sicuramente chiaro, i Bitcoin non esistono materialmente, vengono infatti creati e scambiati unicamente all’interno del web. Possiamo definire il sistema Bitcoin come un metodo di pagamento elettronico decentralizzato. Infatti dietro alla creazione di moneta digitale non esiste nessuna società, non ci sono amministratori e neanche dipendenti. Ma allora chi controlla l’emissione di tutto questo denaro? E chi garantisce le transazioni che vengono effettuate? Nessuno. O meglio, essendo i Bitcoin una piattaforma open source, i garanti delle transazioni eseguite sono proprio coloro che le transazioni le effettuano. Ed è qui che entra in gioco la tecnologia Blockchain, la quale non fa altro che controllare e garantire che lo stesso denaro non venga speso due volte. Provo a spiegarmi meglio.
Quando un utente entra nella rete Bitcoin si collega automaticamente a tutti gli altri utenti, che nel gergo di Nakamoto prendono il nome di nodi. Una volta effettuato l’accesso, ogni utente scarica la Blockchain e cioè una specie di libro mastro in cui vengono registrate in ordine cronologico tutte le transazioni eseguite. Quando si procede ad una transazione, questa viene trasmessa a tutti gli altri utenti della rete. Ogni 10 minuti infatti, le transazioni effettuate vengono inserite in un blocco che poi a sua volta viene memorizzato (in modo permanente) all’interno della Blockchain, per mezzo di una codifica crittografata che garantisce il completo anonimato. Quindi la Blockchain è composta da una catena di blocchi, in cui l’ultimo blocco inserito è cronologicamente posteriore a quello che precede. Per questo motivo ogni utente volendo, ha la possibilità di risalire la catena dei blocchi fino ad arrivare alla transazione che ha determinato l’emissione del primo Bitcoin.
Se ci pensiamo un attimo, alla luce di queste particolari caratteristiche, la tecnologia Blockchain rappresenta l’evoluzione digitale della partita doppia. È come sostituire le movimentazioni in dare e in avere con una catena di firme protette dalla crittografia. Quindi come già detto un intermediario esiste, ma la particolarità è che può essere chiunque abbia abbastanza potenza di calcolo e competenze informatiche, da intercettare per primo i codici delle transazioni e poi inserirle all’interno della Blockchain e chiudere il blocco.
Queste particolari persone prendono il nome di miners. I minatori sono in genere matematici o ingegneri, che presiedono gli snodi importanti della lunga lista di blocchi. E se inizialmente quella del minatore era un’attività portata avanti singolarmente, oggi è competenza di una piccola compagine di aziende che ne hanno fatto un business. Infatti maggiore è la quantità dei codici intercettati e quindi di blocchi che vengono chiusi, maggiore sarà la quantità di Bitcoins emessi in automatico come ricompensa attraverso un algoritmo. In sintesi è la stessa piattaforma Blockchain che alimenta il sistema dei Bitcoin.

Ma quante altre forme applicative potrebbero usufruire della tecnologia Blockchain? Infinite, ed è questo l’aspetto principale che giustifica il flusso ingente di investimenti che ha caratterizzato questo settore negli ultimi anni. Perfino le banche se ne sono rese conto. Le stesse banche che inizialmente vedevano l’invenzione dei Bitcoin come uno scomodo concorrente nato per sostituirle, ora la considerano una risorsa. E capire il perché non è difficile.
La tecnologia Blockchain permetterebbe alle banche di risparmiare sugli ingenti costi di transazione (in cui rientrano i costi di gestione e di compensazione) che ad oggi sono pari a circa 90 miliardi complessivi. In poche parole gli istituti di credito riuscirebbero a ridurre a zero le spese per la circolazione del denaro. Il grado di espansione della Blockchain va addirittura oltre la sfera economico-monetaria. Provate a pensare a quanti benefici trarrebbe il consumatore. A partire dal settore alimentare con la tracciabilità del cibo all’interno della catena di trasformazione. Infatti ad esempio, dalla carne che arriva nelle nostre tavole si potrebbe risalire a ritroso fino alle caratteristiche dell’animale allevato. Il consumatore potrebbe così usufruire di una garanzia di qualità certa e sicura.
Altre applicazioni potrebbero interessare il settore sanitario: la Blockchain potrebbe registrare le variazioni dello stato di salute di un paziente nell’arco di un’intera vita e allo stesso tempo garantirne la privacy attraverso il linguaggio crittografato. Come già detto le possibilità sono infinite e stiamo parlando di un sistema che non richiede la fiducia al consumatore, ma la garantisce a priori. Un sistema che non ha bisogno né di autorità né di controllo. Quello che sicuramente manca, però, è una regolamentazione che lo renda realmente applicabile a tutte queste opzioni. Se qualcosa o qualcuno dovesse mai rendere il sistema inefficiente, la mancanza di autorità e di controllo andrebbero a discapito del cittadino e del consumatore. La domanda che quindi sorge spontanea è: se qualcuno dovesse svegliarsi la mattina e non trovare più tutti i suoi soldi, da chi andrebbe a protestare o a chiedere spiegazioni?
Andrea Buini
Fonte immagine di copertina: perseus.co
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