10 stereotipi da sfatare sui videogiochi

10 stereotipi da sfatare sui videogiochi

1. “Quel serial killer giocava ai videogiochi” = I videogiochi generano violenza . È il luogo comune più diffuso, forse al pari di quello povertà – criminalità. Recentemente è stato mandato in onda un servizio presso un noto , in cui si faceva un collegamento del tutto gratuito tra un omicidio e il fatto che il colpevole fosse un videogiocatore. Dunque, ovviamente, un violento. Il principio alla base è: se uccido una persona in un videogioco allora lo farò anche nella realtà. Non appena i mass media veicolano un messaggio distorto riguardo all’uso dei videogame, l’italiano medio diventa d’un tratto una vera e propria spugna che assorbe tutte le distopie e le ansie sociali basate sulla paura del nuovo. Nel nostro Paese c’è una , ma è bene ricordare che in ogni prodotto esiste la famosa classificazione PEGI e, indovinate? La categoria dei videogiochi più “violenti”, usufruibili dai maggiori di 18 anni (PEGI 18) 2. “Gli sequestro la console così divento un genitore modello” = Il problema educativo è risolto ancora chiudendo a chiave il joypad nel cassetto della camera da letto. Già dieci anni fa usciva sulla condizione minorile e la fruizione dei videogame prodotto da AESVI (Associazione Editori e Sviluppatori Italiani) e Istituto IARD, nel quale si sfatava del tutto questo tabù. Anzi, si ribadiva che i videogiochi sono educativi e stimolano la creatività e la socialità , diffusi in Italia sempre da AESVI, si legge che “si registra un progressivo peggioramento dell’attenzione e del rendimento scolastico nei soggetti che guardano giornalmente la televisione per più di tre ore. Il prolungato uso del computer non è invece collegato a bassi livelli di attenzione e di profitto scolastico”. Avete poi pensato che per ? Sempre più musei europei (e qualcuno italiano) usano i videogiochi per attività educative rivolte ai più piccoli e ai più grandi. Il risultato è un maggior interesse per ciò che si va a visitare, perché vi si interagisce giocandoci. 3. “Davvero alla tua età giochi ancora ai videogiochi?” = I videogiochi sono roba per bambini Passano gli anni, ma questo continuo a sentirmelo ripetere. In Italia nel 2015 i videogiocatori erano 29,3 milioni e immaginiamo che, circa due anni dopo, questa cifra sia aumentata. Le ultime la fascia d’età in cui si registrano più videogiocatori è quella tra i 35 e i 44 anni (24%). Seguono quella tra i 45 e i 54 anni (20%) e quella tra i 25 e i 34 anni (18%) L’ex Presidente degli USA Frank Underwood quando gli abbiamo comunicato che molti suoi coetanei italiani giocano ai videogiochi – Fonte: 4. “Per fortuna ho una figlia femmina, almeno non dovrò comprarle videogiochi” = Anche la realtà videoludica non è esclusa dagli stereotipi di genere. Ma le ultime ricerche in Italia parlano chiaro: non solo il pubblico femminile è aumentato a dismisura, ma ha praticamente raggiunto quello maschile nell’interazione con i videogame. contro un 51% maschile. A tal proposito citerò la conversazione avuta con un’amica che lavora nel mondo dei videogiochi: «Nessuno mi ha mai detto, esplicitamente, che giocare è una cosa da maschi. Ma quando dico che “scrivo di videogiochi” immancabilmente sui loro volti compare un’espressione di puro stupore. E increduli mi domandano “ma quindi stai molto tempo a giocare?”». Insomma, 5. “Da quando gioca ai videogiochi non riesce più a smettere” = I videogiochi causano dipendenza e disturbi psicologici è stato ed è tuttora oggetto di studio e ricerche, soprattutto negli Stati Uniti. Un uscito sul NY Times confuta per l’ennesima volta la tesi secondo cui la dipendenza da videogame deve essere trattata alla stregua di quella da alcol o droghe. Per chi pensa che i videogiochi facciano male alla salute, consiglio la lettura di un possano addirittura aiutare a superare problemi di concentrazione e disturbi di ansia sociale. Se alla base del modello educativo per un sano sviluppo del bambino si pongono strument 6. “Da quanto non ti fai una doccia? Posa quel coso (joypad, e datti una lavata” = Chi gioca non si cura della propria igiene Puzzare di stantio non ha mai reso attraenti nessuno, neanche davanti a uno schermo. , penserete. Ma davvero: questo è il luogo comune su cui ho meno parole da spendere. E se all’ennesimo monito il vostro caro fratellone videogiocatore vi risponde che “i cavalieri non asservono la propria volontà ai burocrati” allora avrete via libera per chiamare i Nas. 7. “Non mi guardi più, pensi soltanto a quello stupido gioco” = Più giochi ai videogiochi, meno fai all’amore No, non vi parlerò della mia vita sessuale, anche se un mio amico che giocava a Travian, mi ha confermato che spesso è riuscito (con successo) a coniugare il rapporto con la sua ragazza e quello con i videogiochi. Lo stratagemma perfetto quando ti trovi invischiato nell’eterno scontro tra Romani e Barbari – Fonte: Diamo invece una voce a un ragazzo della nostra redazione che si è gentilmente prestato per qualche domanda. Daniele: « Dopo sette anni felici mi è capitato di mettere a serio rischio la relazione con la mia ragazza per colpa di Football Manager. Le cene fuori, il sesso e il mondo reale mi sembravano solo distrazioni dalla mia panchina. In quel periodo ascoltavo l’album di Nicolò Carnesi . In cuor mio ero giustificato: c’erano da portare a casa la Champions League e il campionato con il Milton Keynes Dons Football Club dopo una scalata di 6 stagioni». In rete poi si trovano degli esempi davvero strambi, come quello su “ “, ma, a dirla tutta, crediamo che in futuro sempre più coppie di prima giocheranno insieme e l’unica bilancia da equilibrare sarà nella disputa per il posto migliore sul divano. 8. “Da quando giochi non ti interessa più il mondo esterno allo schermo e le persone reali” = I videogiochi causano asocialità Sì, me l’hanno detto nel post laurea. Si sa, quello è un periodo complicato, ma di vitale importanza per gli anni che seguono. La verità è che i momenti difficili possono arrivare per tutti e alcuni videogame più di altri consentono esperienze immersive con cui è facile distrarsi dalla quotidianità. : «Più che un gioco, è un mondo che gratifica soprattutto chi vi esercita una piena cittadinanza e io, per qualche tempo, ho vissuto nel suo mondo e quella cittadinanza l’ho rivendicata. All’epoca vivevo a Roma, grazie a una borsa di studio letteraria molto ambita, circondato da persone interessanti e di grande talento e, in modo del tutto naturale, sono sprofondato in una depressione più spaventosa e intensa di qualunque altra prima o dopo di allora. , in qualche modo, non abbia accentuato la mia depressione, ma mi ha anche dato qualcosa con cui riempire le giornate che non fosse il logorarmi nell’autocommiserazione. a volte la vita ha bisogno di distrazioni; i videogiochi sono una facile via d’uscita dai problemi della vita 9. “Fai un po’ di movimento invece di giocare tutto il giorno seduto sul divano” = Chi gioca ai videogiochi non fa attività fisica Nel senso che, chi gioca in casa e non ha il dono dell’ubiquità, non può trovarsi allo stesso tempo al parco per una corsetta. Non sono così cattivo da citarvi gli innumerevoli casi di atleti professionisti di qualsiasi sport appassionati di videogame. Tuttavia, cediamo un po’ il passo a questo luogo comune. Da una parte esistono vari sulla promozione dell’attività fisica attraverso i videogiochi). Dall’altra parte è comprovato il modo in cui i videogame sportivi possano stimolare la competitività e le performance delle persone. Il risultato è che, quando metti piede fuori dalla stanza per andare a giocare al calcetto con gli amici, ti rendi conto che la realtà non è PES o FIFA. E vai avanti. Classica azione di ripartenza avversaria che mette in luce le disillusioni di mezza età – Fonte: 10. “Hai mai pensato di trovarti un lavoro invece di continuare a giocare?” = Chi gioca non lavora o non lavora abbastanza Tra videogiochi e lavoro c’è un bel dibattito in corso. Sono sempre più numerose le prodotti videoludici con cui i dipendenti possano competere e relazionarsi tra di loro, giocando , termine abusato e ancora di difficile classificazione. Al di fuori del contesto lavorativo, meglio concentrarsi sul tempo speso ai videogiochi e tempo speso alla ricerca del lavoro. Fare un collegamento tra la ricerca di svago videoludico e la ricerca attiva del lavoro è alquanto ardito. E, inoltre, chi non lavora ha molto più tempo libero rispetto a chi lavora? Altro grande luogo comune. Si potrebbe obiettare, al massimo, che il tempo speso ai videogiochi è collaterale alla disoccupazione. Tuttavia esistono poche indagini a riguardo. In Italia il numero degli inattivi è alto (coloro che non lavorano e non lo cercano) e sarebbe interessante approfondire il rapporto con i videogame. Per tutti gli altri, sappiamo bene che lo stile di vita lavorativo è in continua evoluzione, gli orari sono sempre meno definiti durante la giornata, spesso non esiste neanche un vero e proprio ufficio e il lavoro pervade più di 12 ore giornaliere. In sostanza, a chiunque farebbe comodo crearsi una propria fattoria a Farmville. Fare il contadino come ad Age of Empires non ti consentirà di pagare neanche la metà dell’affitto della tua casa – Fonte: tu che hai letto questo articolo ti trovi dalla parte giusta. quando ti trovi un vero lavoro e la smetti di smanettare con i videogiochi?