“Elle”, Eros e Thanatos
Buio e urla. Si apre così il nuovo film del regista olandese . La sequenza iniziale scivola in una soggettiva animale: vediamo la scena dal punto di vista di un gatto. È lui il testimone silenzioso dello stupro subito dalla protagonista, Michèle. La vediamo inerme a terra, mentre un uomo nero, il viso coperto da un passamontagna, si allontana. Sulla coscia di scorre del sangue. Ma come se niente fosse, si alza e ripulisce i cocci di vetro sparsi per terra. Si fa un bagno. Ordina da mangiare. A interpretare la protagonista femminile è una assolutamente da Oscar (solo designato, a conquistare il Premio come Migliore attrice protagonista è stata Emma Stone per ), con una recitazione fatta di sguardi e di micromovimenti facciali. L’intero film ruota attorno al suo personaggio, che non riusciamo a capire fino in fondo. Da una parte, , a capo di una compagnia di videogiochi. È lei che decide, che comanda. Una femmina ormai adulta ma affascinante, che ha il potere di conquistare tutti gli uomini che desidera. Dall’altra, la sua è una vita intervallata da è forte. Non la vediamo mai piangere, mai perdere il controllo. E forse è per questo che lo spettatore non riesce ad entrare in completa empatia con il suo personaggio . O forse perché una parte di noi è esattamente come lei e non riusciamo ad accettarlo? , tra momenti improvvisi di tensione e momenti più piatti, nei quali la lunghezza del film si fa sentire. Un dominante appare più volte sullo schermo e sembra seguire non solo il vicino di Michèle, Patrick, ma anche la protagonista stessa, spesso sporca di sangue, proprio o altrui. La scena dell’abuso sessuale iniziale si ripete più volte, attraverso flashback, ma non solo. E ogni volta, spettatori e personaggi, la vivono in maniera diversa. Perché il , posta in primo piano. Sesso imposto con ferocia, che fa però godere la protagonista molto più di quanto non potrebbe essere se si fosse concessa volontariamente a un uomo, portandola ad avere un lungo e intenso orgasmo. Poi c’è l’ , anche questo attraversato da una sottile vena di morte. Come quando la protagonista si finge senza vita, a letto con uno dei suoi amanti. E ancora, l’ si masturba osservando Patrick, dalla finestra di casa sua. Mentre gli occhi incredibilmente umani e inquietanti di Baldassarre (il Re Magio di colore) la fissano insistentemente. Un altro uomo nero. , lasciando a fuoco solo i volti mentre tutto il resto appare sfumato, poco definito. Come le vite dei personaggi. In una storia dove la sembrano coincidere. Dove si è invidiosi della felicità dei propri amici, ma allo stesso tempo li si ama. Dove si è possessivi e violenti. Dove si è fragili e perversi, forti e consapevoli. Un film nel quale Eros e Thanatos, dio della morte, si incontrano e sembrano parlare alla parte di noi più remota e sconosciuta. O che facciamo finta di non vedere, che ci sforziamo di ignorare. E scopriamo così che dapprima così lontana da noi, è invece molto più vicina di quanto ci aspettassimo. Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
