“Una Europa a più velocità” è una di quelle idee che riguardano l’integrazione europea e che ciclicamente ricompaiono, ma un conto se queste parole vengono pronunciate da qualcuno di vicino alle posizioni euro-scettiche, un altro è se a proporle è Angela Merkel, e quindi assumono tutto un altro peso. Ma è davvero la soluzione alle sfide dell’Unione Europea di oggi?
A margine del summit di Malta (che tra l’altro ha portato risoluzioni del tutto discutibili), Merkel e Hollande hanno contemplato la possibilità di diverse velocità per gli stati membri dell’Unione Europea (un’idea non del tutto nuova, ne avevano già parlato Merkel e Sarkozy nel 2011). Poco alla volta anche altri leader hanno rilasciato dichiarazioni simili, ad esempio Romano Prodi si è recentemente aperto all’idea, anche se con un certo tono di rassegnazione:
“È chiaro che un’Europa a più velocità avrà partecipanti diversi a seconda degli specifici obiettivi. […] È tuttavia essenziale che tutti però abbiano l’obiettivo di una integrazione sempre più forte. […] Certo io avrei voluto un’Europa che si realizzasse in modo veloce e lineare, una specie di discesa libera mentre adesso dovremo andare avanti con un complicato slalom. L’importante però è che il traguardo sia lo stesso per tutti e che si vada finalmente avanti con valori condivisi.”
Ma già un anno fa, l’attuale Presidente della Commissione Europea, Junker, sembrava essere disposto a un’Europa a due velocità. In una ventata di cinico realismo, come spesso avviene quando Junker esprime le sue idee, concluse:
“Non sarà più possibile per il futuro che 33, 34, 35 Stati andranno alla stessa velocità e nello stesso momento verso una stessa direzione”.
Con queste parole Junker alludeva a un ulteriore allargamento dell’Unione, ma allontanandosi dall’idea di una integrazione lineare per tutti, un’idea nettamente osteggiata dal precedente Presidente della Commissione, Barroso. Ad ogni modo, anche senza provenire dalla scuola realista, è difficile dare torto a Junker; dopotutto è il paradosso che troviamo in gran parte delle istituzioni internazionali: più gente è seduta al tavolo in cui si prendono decisioni e più le stesse decisioni saranno difficili da prendere (a causa delle varie discussioni e compromessi).
Ma prima di tutto, bisogna capire cosa si intende per “Europa a più velocità”. Diverse sono le interpretazioni: da chi condivide la difesa come valore comunitario, a chi adotta l’Euro e chi no. Sicuramente, chi sembra avere un’idea più chiara è Wolfgang Schäuble, il ministro delle finanze tedesco, da molti descritto come un falco della politica; per lui, i 6 stati che hanno fondato l’Unione Europea dovrebbe aver maggior potere decisionale e esecutivo, specialmente per quanto riguarda le politiche economiche. Un progetto, che se oggi applicato, sembrerebbe voler significare: più esclusione, invece che integrazione. Ma oltre a questo mantra di Shäuble, non c’è molto altro da aggiungere su cosa tecnicamente consista questa “Europa a più velocità”.
Quello che fino a qualche tempo fa era un tabù impronunciabile, ora grazie alle parole di diversi leader sembra essere diventata un’idea più solida che in passato. Quello che è sicuro, è che quando si parla di economia, gli italiani si fanno subito prendere dal panico. Anche se in Italia il fronte pro-Euro non è così ampio, vi è comunque una contraddittoria paura di rimanere esclusi dall’eventuale “Europa che traina”. Subito dopo le parole della Merkel a Malta, Massimo Giannini, di La Repubblica, ha ben analizzato la questione italiana, infatti: Gentiloni ha appoggiato immediatamente le parole della Cancelliera tedesca, non tanto perché ci creda realmente, ma perché l’Italia ha paura di essere esclusa dal gruppo di testa, nonostante le chiare difficoltà economiche. Certo, la nostra economia non galoppa e il nostro debito “ci fa sempre sfigurare alle feste” che si tengono quando si tratta di Europa. E per questo il pensiero di Shäuble (nonostante lo pensò nel 1994) potrebbe includere oggi anche a noi, dopotutto non siamo di certo maestri nel rispettare il patto di stabilità.
Ad ogni modo l’ipotesi esclusivista è stata demolita dal Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, definendo la moneta unica come “IRREVERSIBILE” (una parola che Mario Draghi ha ripetuto così tante volte che potrebbe quasi farlo scrivere sulla sede della BCE), acquietando quindi: le parole della Merkel, le nostre paure di finire tra i “secondi” e sotterrando così i dubbi delle parole di Shäuble, che ai più maligni poteva far intravedere un Euro di serie “A” o “B. Ma quindi in cosa consiste questa Europa a più velocità?
Innanzitutto, bisogna diffidare delle varie versioni come: Europa alla carta, Europa a geometria variabile, o addirittura Enhanced Cooperation (cooperazione rafforzata). In realtà non c’è molto di cui parlare e argomentare, l’Europa a più velocità è semplicemente un progetto che non esiste; cioè, sì esiste a parole, ma è un concetto di una vaghezza enorme, ancor di più se si pensa che non c’è alcuna bozza o progetto su cui discutere. Quando si parla delle diverse velocità che l’Europa dovrebbe avere, sembra di essere stati coinvolti in una di quelle chiacchiere da bar: in cui prende vita un ardente dibattito, ma poi non si arriva mai a una conclusione. È vero che parlandone in questi giorni è stato rotto il tabù, ma le parole della Merkel e di Hollande lasciano, in questo caso, il tempo che trovano. Anche perché un’Europa a più velocità esiste già, non tutti gli stati europei hanno accettato gli accordi europei, mentre altri stati non-europei ne hanno invece accolti alcuni; basta vedere la mappa qui sotto per averne una prova:

Invece, quel che preoccupa di queste parole è la tendenza di come si vede l’Unione Europea, sempre più vista come un impiccio. Invece che trovare una maggiore coesione tra Stati, sembra che si cerchi di allontanare o comunque di marginalizzare le parti “deboli o diverse”, senza alcuna ottica di condividere i problemi. E dire che le sfide che tutti gli Stati europei affrontano sono così tante e a volte pure le stesse, che è difficile capire perché la collaborazione sia così difficile; basti pensare alle pressioni provenienti dalla Russia, alla disaffezione del nuovo presidente americano verso l’Unione Europea, la Brexit, la questione dei migranti e le varie debolezze economiche. Se la lunga strada per la creazione degli Stati Uniti d’Europa passa attraverso una marginalizzazione mascherata da “più velocità”, allora gli europeisti convinti (come me) possono anche già abbandonare l’idea di un’Europa completamente unita nel medio termine.
Riccardo Casarini