Come raccontato da Sofia nel suo articolo sui Simpson, spesso la letteratura (in quel caso filmata) anticipa la realtà, e i fumetti Marvel non fanno eccezione.
Alle volte risultano addirittura inquietanti i parallelismi tra la fantasia e il mondo reale, soprattutto nei casi in cui non sono altro che fortuite coincidenze. Mi spiego: il nuovo evento Marvel in arrivo, Secret Empire, affronta le tematiche emerse negli ultimi mesi direttamente, creandovi dei paralleli nei fumetti. Non se ne sa molto, e in ogni caso non vorrei spoilerare i quattro lettori di TBU (oltre a me) che leggono fumetti Marvel, ma credo che abbiate capito.
In passato, invece, sono accaduti fatti sconvolgenti nell’universo Marvel che sembrano inquietanti previsioni per il futuro degli Stati Uniti: in particolar modo, le conseguenze di Secret Invasion che hanno poi portato a Dark Reign e il primo story-arc degli Incredibili Avengers di Rick Remender.

Secret Invasion, un evento scritto e ideato da Brian M. Bendis, che per alcuni anni è stato una punta di diamante della Marvel ma ora pare aver perso lo smalto (leggere Civil War II per credere), vedeva gli Skrull (i Chitauri di Avengers di Joss Whedon, che però si ispiravano più ai Chitauri di Ultimates di Mark Millar e Bryan Hitch – che a loro volta erano una versione moderna degli Skrull classici), una razza di alieni mutaforma, trovare un modo per eludere la sorveglianza terrestre – quella tecnologica di Iron Man, telepatica del professor Xavier, i supersensi di Wolverine, le arti magiche del dottor Strange, eccetera – e riuscire a infiltrarsi tra i ranghi della comunità superumana, sostituendo anche personaggi di rilievo come Hank Pym (Calabrone/Giant Man/ il primo Ant-Man) e Jessica Drew (la Donna Ragno), quest’ultima sostituita da Veranke, la regina degli Skrull che ha ideato il piano. Se qualcuno ci vede dei paralleli con la tattica del terrorismo islamico di infiltrarsi nei paesi che intende colpire, ebbene, li ho notati anche io. Ma la somiglianza più inquietante con i recenti avvenimenti è rappresentata dalla conclusione della storyline: gli Skrull vengono sconfitti, ma a infliggere il colpo mortale a Veranke durante la battaglia finale sarà niente meno che Norman Osborn: Goblin!

Norman Osborn è il più classico dei nemici dell’Uomo Ragno (suo antagonista principale nel primo Spider-Man di Sam Raimi, interpretato da un ottimo Willem Dafoe), ed è un industriale del settore chimico-farmaceutico, inizialmente, ma negli anni immediatamente precedenti Secret Invasion aveva svolto l’incarico di direttore dei Thunderbolts, un supergruppo composto principalmente da supercriminali redenti o presunti tali, affidatogli da Tony Stark (Iron Man), che era da poco subentrato a Maria Hill (che a sua volta era subentrata a Nick Fury) come direttore dello S.H.I.E.L.D..
Dunque, in una posizione potente abbiamo un personaggio molto popolare e apprezzato, anche se commette qualche errore, mentre il suo successore, un po’ per colpa dei suoi errori, dato che Stark in effetti non aveva saputo prevedere l’invasione segreta degli Skrull, ma soprattutto per una fortuita coincidenza, ovvero trovarsi al momento giusto della battaglia, è praticamente l’incarnazione del male.
Difficile non pensare a Obama e Trump leggendo di Stark e Osborn, ma c’è un lato positivo: ovviamente Norman (come il suo omonimo Hitchcockiano) è un pazzo psicopatico, e ci vorrà poco a Loki (il dio dell’inganno e fratellastro di Thor, che si finge suo alleato) per farlo tornare il Norman di sempre, facendo riemergere la personalità di Goblin, causando il tracollo del suo regno oscuro (Dark Reign, come il brand che aveva dato la Marvel alla storyline) in una battaglia finale tra i suoi Vendicatori oscuri e gli Asgardiani (gli dei nordici di Thor), che porterà alla detronizzazione di Osborn e a una nuova Heroic Age per gli eroi dell’universo Marvel (un po’ come, se avete letto l’articolo di Sofia citato sopra, la presidenza Trump ipotizzata da Groening nel 2000 aveva poi portato alla presidenza d’oro di Lisa Simpson).
Secret Invasion, comunque, è una storia di ormai quasi dieci anni fa, e la situazione politica negli Stati Uniti era completamente diversa da quella odierna, dunque per quanto sia affascinante cercare e trovare dei parallelismi questi non sono voluti.
Nel primo ciclo di Uncanny Avengers, Rick Remender, uno dei migliori scrittori in forza alla Marvel negli ultimi anni, crea una sua versione del Teschio Rosso (un clone dell’originale, tenuto ibernato in un bunker nazista per decenni) i cui discorsi sono inquietantemente simili a quelli della cosiddetta alt-right americana. Sebbene Johann Schmidt (il Teschio, o meglio, il suo clone) sia tedeschissimo, infatti, i suoi slogan antimutanti non possono non richiamare alla mente quelli antimusulmani di molti supporter Trumpiani. Durante lo story-arc, intitolato “The Red Shadow”, il Teschio riesce a far esplodere la violenza anti-mutante (i mutanti sono esseri umani positivi al gene-X che conferisce loro i superpoteri: gli X-Men sono il gruppo di supereroi mutanti), ma ci riesce soprattutto grazie al supporto di tale Honest John, ovvero un superumano con il potere di apparire rassicurante a chi lo guarda, e grazie al fatto di aver trafugato il cervello del telepate più potente della Terra, il da poco defunto Charles Xavier.

Di certo non tutti gli elettori di Trump sono nazisti dell’Illinois, ma allo stesso tempo il magnate newyorkese non ha sicuramente trafugato il cervello del professor X, dunque i suoi avversari dovranno organizzarsi seriamente per contrastarlo e analizzare profondamente le ragioni della sua vittoria.
Nell’epilogo dello story-arc, però, in anticipo di tre anni su Bernie Sanders, Remender fa dire a Havok (Alex Summers, frattelo di Scott, ovvero Ciclope degli X-Men) che catalogare gli esseri umani in gruppi pre-costituiti non fa che dividerli: “Siamo definiti dalle nostre scelte, non dai nostri geni.”

Il discorso di Havok fu molto criticato, sebbene nella stessa serie fosse stato messo in discussione da Rogue, mutante e compagna di squadra di Havok: da alcuni era stato visto come delegittimante per molte battaglie condotte da diversi gruppi di persone (afroamericani, omosessuali), e Remender, pur avendo chiarito che non era affatto questo il suo intento, forse per questo motivo ha accantonato l’approccio “politico” negli story-arc successivi di Uncanny Avengers. Come accennavo, poco dopo l’elezione vinta da Trump Sanders fece notare che forse concentrarsi troppo sulle minoranze e poco sulle classi più povere, indipendentemente dal colore della loro pelle o dal loro genere, forse era stata una scelta poco felice, che aveva finito per favorire uno a cui comunque sembra importare molto poco sia delle minoranze che dei più poveri.
Il teschio rosso è poi tornato nelle storie di Remender, ma in una storia, Axis, molto più tradizionalmente supereroistica, che ne ha visto la sconfitta (naturalmente non definitiva).
Di sicuro questi due esempi Marvel non sono gli unici segnali della crisi ampia che ha portato alla Vittoria di Trump, eppure, nel loro piccolo, fanno capire che, forse, ce ne potevamo accorgere prima.
Guglielmo De Monte
@BufoHypnoticus
[L’immagine di copertina è tratta da New Avengers, vol.2, #18 ed è di Mike Deodato]