Il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne. Come ogni anno, in questi giorni si tirano le somme sulle donne uccise da partner o ex-partner, padri e fratelli: in Italia siamo a 123 dal 1 gennaio a oggi. Qualche giorno fa, il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna ha pubblicato i dati regionali relativi ai primi dieci mesi del 2016: sono 2.930 le donne accolte dai Centri in tutta la Regione, di queste il 93,5% ha subito violenza. Nel 63,2 % dei casi si tratta di donne italiane, mentre il 36,4% sono straniere. Il 79,1% delle nuove accolte ha figli/e, e sono 1.440 i/le minori che subiscono violenza diretta o assistita. Se la fascia d’età preponderante tra le donne che subiscono violenza è quella dai venti ai quaranta anni, non si può escludere nessun periodo della vita in cui la donna è potenzialmente vittima di violenza. Purtroppo, la violenza è democratica e trasversale e non tiene conto né dell’età né della nazionalità.
Trama di Terra, accanto a tutte le donne
Nella sola Emilia-Romagna, sono tredici i centri antiviolenza, fra questi vi è Trama di Terre, un’associazione di promozione sociale, nata a Imola nel 1997 da un gruppo di quattordici donne di cinque diverse nazionalità. Al 31 dicembre 2014 conta 118 socie di ventitré diverse provenienze geografiche. Il Centro Antiviolenza nasce nel 2012, si avvale dell’esperienza e delle competenze di un gruppo di operatrici formate nel contrasto alla violenza di genere in ottica interculturale e di avvocate esperte anche nel diritto di famiglia dei Paesi di origine delle migranti. Il centro offre i suoi servizi a donne e ragazze, italiane e straniere, e ai loro figli e figlie, che subiscono o assistono alla violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, stalking, cyber-stalking, legata a pratiche tradizionali o altre limitazioni della libertà personale.
Alessandra Davide, responsabile del Centro Antiviolenza mi racconta come funziona Trama di Terre e quali sono le attività che svolge. Il centro possiede una casa rifugio con diversi posti letto e una casa di emergenza per le donne che dopo aver esposto denuncia si trovano in una situazione particolarmente pericolosa per la loro incolumità e devono essere immediatamente messe sotto protezione.
Alle donne che si rivolgono al centro, l’associazione offre dei colloqui informativi con delle operatrici e sostegno per superare il vissuto di violenza. Si tratta di colloqui non giudicanti, nei quali la donna racconta la propria esperienza e, insieme all’operatrice, capisce come nominare la violenza subìta e decide qual è la strada migliore da percorrere. É solo in seguito ai colloqui con le operatrici che si decide se è il caso di rivolgersi ai servizi sociali, all’avvocato, al pronto soccorso o alla polizia. Altre attività svolte dal centro sono la prima consulenza gratuita con l’avvocata e i gruppi, che Alessandra chiama “gruppi di autodeterminazione”, in cui le donne si riuniscono per parlare e condividere le loro esperienze. Questi gruppi sono importanti perché aiutano a superare insieme un momento, causato dalla violenza, di rottura con se stesse e con l’esterno.
Raccontare è importante, fa sentire meno sole. Fa capire che non si è sbagliato, aiuta a superare i sensi di colpa nei confronti di se stesse e dei figli, se ci sono. Non è facile cambiare vita, abbandonare tutto e ricominciare da capo. Ancora più difficile è spiegarlo a un bambino. È per questo che sentire la storia di altre donne – che hanno chiaramente provato un’emozione diversa, ma hanno vissuto delle storie simili – aiuta ad andare avanti. Chiedo ad Alessandra se sono previsti anche incontri con una psicologa e mi spiega che il consulto psicologico si organizza soltanto su richiesta dalle donne stesse.
“La violenza non è una malattia, è un prodotto di questa società e di questa cultura. Le donne non possono pensare di essere responsabili, né che la violenza dipenda da loro per una malattia o per un problema psicologico. Le donne devono avere la possibilità di trovare spazi dove incontrare altre donne con le quali confrontarsi e relazionarsi, per essere ascoltate, credute, sostenute ed uscire dall’isolamento sociale che la violenza costruisce. È importante iniziare a ribaltare le prospettive con le quali leggiamo le storie di violenza: ci sono uomini che agiscono con violenze e maltrattamenti, ci sono donne che si ribellano a questo e altre donne le sostengono. Il nostro Centro Antiviolenza vuole rimandare così un messaggio di forza e coraggio alle donne che decidono di superare questa esperienza nel rispetto della propria autodeterminazione. È solo in condivisione con le donne che si attivano gli strumenti che possono essere adatti al superamento della situazione. Non c’è nulla d’imposto, perché ogni storia è particolare, porta con sé esperienze diverse, emozioni diverse, un bagaglio culturale diverso”.
Giulia: “Volevo lasciarlo, scappavo, ma mi ritrovava sempre.”
Durante la mia visita a Trama di Terre ho avuto la possibilità di parlare con Giulia[1], una giovane donna che ha voluto condividere la sua storia. Giulia, come molte di noi, dieci anni fa aveva conosciuto, tramite alcuni amici, un ragazzo. Inizialmente l’aveva ospitato a casa sua perché lui aveva bisogno di un posto in cui appoggiarsi. Poco dopo, avevano intrapreso una relazione.
Una storia iniziata come tante altre, senza nessuna particolarità. Dopo i primi tempi, però, lui aveva iniziato a dimostrare una forte possessività e gelosia nei suoi confronti. Se all’inizio si trattava di qualche commento quando Giulia usciva con le amiche o scherzava con gli amici, poi si è passati al controllo delle chiamate e dei messaggi. Da quel momento, un crescendo di gelosia che dagli schiaffi è arrivata alla violenza fisica più pesante. Mi dice di aver provato molte volte a lasciarlo ma di non esserci mai riuscita, perché anche se prendeva delle case in affitto all’insaputa di tutti, perfino della famiglia, lui riusciva a trovarla, la minacciava e, alla fine, era costretta a tornarci insieme.
Dopo parecchi anni di sofferenze fisiche e psicologiche, nottate passate al pronto soccorso e trasferimenti da una città all’altra, Giulia arriva a Imola. Un’assistente sociale le aveva consigliato di rivolgersi a un centro antiviolenza e tramite delle amiche riesce a mettersi in contatto con il centro Trama di Terre. Con un sorriso e una forte emozione nella voce Giulia mi confessa che da quel giorno, da quel primo colloquio con un’operatrice del centro, la sua vita è cambiata.
“Quello che sono oggi lo devo al centro, se non ci fosse stato il centro ad aiutarmi oggi non sarei qui a parlare con te”. In tre giorni il centro le ha trovato una casa dove stare, le ha fornito assistenza per il suo bambino e soprattutto le ha creduto. È stata questa la cosa più importante. Denunce ne aveva già fatte molte, case in cui trasferirsi ne aveva trovate sempre, aveva già provato a raccontare la sua storia agli amici, ma spesso le dicevano che era sicuramente stato solo qualche schiaffo dopo una litigata, che era perché lei aveva alzato la voce. Ma non era così. Perché una donna dovrebbe sopportare tutto questo? Perché molte di noi crescono con l’idea che sopportare le violenze famigliari sia il nostro destino?
Per questo Giulia consiglia a tutte le donne, non solo a quelle che vengono picchiate, di rivolgersi ai centri antiviolenza. “Ciò che rovina di più una donna è essere denigrata dal proprio uomo, le parole sono le ferite più profonde. Ti fanno perdere la fiducia e l’autostima in te stessa”. Quello di cui aveva bisogno Giulia era qualcuno che la ascoltasse e la consigliasse.
Ripercorriamo insieme il momento del primo colloquio con l’operatrice. Giulia aveva paura e per questo voleva che un’amica rimanesse con lei. L’operatrice però le ha spiegato che sarebbe stato meglio per lei rimanere da sola a raccontare la sua storia ed effettivamente è così: “Con un’amica vicino non riesci a raccontare tutto, provi vergogna”. Giulia ribadisce anche l’importanza dei “gruppi di autodeterminazione” in cui ci si può confrontare con altre donne. “Ti aiutano molto a capire dove hai sbagliato, perché senti le storie di altre donne, ti rivedi in tante cose, ti rendi conto che avresti potuto evitare molto di quello che ti è successo. Soprattutto, capisci che non sei sola”.
Oggi Giulia ha di nuovo una vita normale e questo grazie a Trama di Terre. Oggi Giulia aiuta altre donne a superare esperienze simili alla sua. Quello che ci insegna questo breve racconto è che qualcosa lo possiamo fare tutti noi nel nostro piccolo. Quel qualcosa è ascoltare, credere e non giustificare alcun tipo di violenza.
[1] Per tutelare privacy e incolumità della persona che ha voluto condividere la sua storia con noi, nomi e date utilizzati sono fittizi.
Sabrina Mansutti
2 pensieri su “No alla violenza contro le donne, la storia di Giulia”