L’evento di inaugurazione del decimo Terra di Tutti Film Festival si è tenuto Mercoledì 12 ottobre e ha dato il via alle proiezioni successive con una (fantastica) proposta: The Harvest, un film-documentario sulla situazione della comunità Sikh nell’Agro Pontino che è – per ora – ancora in fase di montaggio. Una mossa azzardata che, tuttavia, ha dato i suoi frutti, offrendo a tutti una serata di racconti sulla produzione di cultura e cinema dal basso e sulla situazione nell’Agro Pontino, una serata di discussione sul progetto e sulle possibili soluzioni per una distribuzione collettiva, autogestita, dal basso e orizzontale di materiale culturale.
Come già detto, la scelta all’inizio è parsa rischiosa: in molti si aspettavano una piccola anteprima e la decisione di portare al TTFF, un festival che ha per oggetto documentari e film dal sud del mondo, un progetto relativo a un problema nostrano poteva risultare strana. Invece, siamo tutti usciti con una nuova idea di produzione della cultura e dell’arte multimediale e una profonda riflessione sulla nostra quotidianità e su come il cosiddetto “Sud del mondo” non sia più collocabile geograficamente in un mondo globalizzato.
The Harvest: il progetto
Il documentario, se in questo modo può essere definito The Harvest, intreccia diversi linguaggi cinematografici, dal documentario al film, passando attraverso intermezzi che Andrea “Paco” Mariani, uno dei registi, definisce da “musical”, raccontandoci della partecipazione alle riprese del gruppo di danzatori e musicisti “Bhangra Vibes”. Gruppo che, alla fine dell’evento, si è esibito in alcune danze tipiche bhangra.
Grazie al supporto di Marco Mizzolo, sociologo e responsabile scientifico dell’associazione InMigrazione, è stato possibile comprendere al meglio le dinamiche del caporalato dall’interno, attraverso osservazione partecipante, ovvero lavorando insieme ai braccianti Sikh per comprenderne al meglio le dinamiche e le problematiche all’interno del fenomeno.
Il progetto nasce dalla volontà della SMK Videofactory, una casa di produzione indipendente, di denunciare la situazione della comunità Sikh ed il fenomeno del caporalato nell’Agro Pontino. Tralasciando per un secondo il tema, credo sia interessante riflettere sul metodo di SMK, ovvero una produzione popolare e basata sul crowdfunding. La scelta di essere una produzione indipendente rivela un nuovo modo di intendere la produzione culturale in Italia: tutti sono invitati a partecipare e ad essere coproduttori del progetto, attraverso un finanziamento e condividendo idee e suggerimenti sul montaggio e sul progetto in generale, proponendo un modello di condivisione e di sostenibilità economica. Infine, attraverso la piattaforma online Distribuzioni dal Basso, The Harvest sarà disponibile, insieme ad altre centinaia di progetti prodotti in modo indipendente, a tutti.

Il tema: caporalato e sfruttamento
Il tema, che qualcuno prima di me ha già affrontato qui su The Bottom Up, non è dei più semplici: il caporalato e l’uso di meta-anfetamine da parte dei braccianti della comunità Sikh nell’Agro Pontino, costretti a lavorare – sempre che di lavoro si possa parlare in una situazione dove i diritti individuali e collettivi, oltre che quelli del lavoro, vengono continuamente ignorati – per 15 ore al giorno. Il caporalato è ormai un fenomeno comune nel nostro paese e, a differenza di quanto si possa credere, non è solamente relativo al Meridione, ma è diffuso in tutta Italia e a strettissimo contatto con le agro-mafie. La situazione della comunità Sikh, in particolare, mostra chiaramente l’inefficienza delle istituzione nel risolvere il problema e la disumanità dello sfruttamento. Costretti a chiamare il datore di lavoro “padrone”, spinti all’utilizzo di droghe (vietate secondo il Sikhismo) e continuamente soggetti a violenza verbale e fisica, sfruttati in ambito lavorativo, i braccianti Sikh mostrano una dignità ed una ricerca di giustizia, nel piccolo e passo per passo, che deve essere conosciuta da tutti. Il progetto The Harvest rende il tutto possibile.
Una produzione come The Harvest, all’interno di un evento come il Terra di Tutti, ci ricorda che il Sud del mondo, con tutte le problematiche ad esso collegate, non è lontano da noi come poteva esserlo in passato. Non è lontano nel bene e nel male: la multiculturalità è un fenomeno centrale della nostra società, valorizzata da molti, ma anche sfruttata. Dunque, è lecito chiedersi se un paese che rifiuta di concedere i basilari diritti, soprattutto relativamente al lavoro, a circa 430.000 braccianti sia effettivamente un paese civile e democratico.
Per continuare a sostenere il progetto: https://goo.gl/uXAblH
Anna Nasser
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