“Sul fronte del mare”: l’immigrazione vista con gli occhi di un poliziotto

“Sul fronte del mare”: l’immigrazione vista con gli occhi di un poliziotto

nel 1968 era un giovane lucano emigrato “clandestinamente” in Germania. Tornato in Italia per volere della famiglia, è diventato un poliziotto. Per anni è stato , dove ha assistito per tutti gli anni ’90 agli sbarchi delle navi stracolme di albanesi. Lì ha compiuto il suo lavoro e applicato la legge che gli chiedeva di respingere tante persone che cercavano di venire in Italia a costruire una vita migliore. Oggi Nicola Montano è in pensione e, ormai da qualche anno, dà Si batte per quello in cui crede ed ha scritto un libro per raccontare quello che ha visto durante gli anni in servizio ( documentario di Raffaella Cosentino presentato in anteprima nazionale il 15 ottobre 2016 al Terra di Tutti Film Festival . Il racconto si sviluppa su due piani. Da un lato ci sono ricordi e riflessioni dell’ex ispettore Montano. Dall’altro parlano gli agenti oggi in servizio nei porti che ogni giorno ricevono i migranti che affrontano la traversata del Mar Mediterraneo. tra chi applica la legge della frontiera europea e chi quelle stesse leggi le contrasta , sempre con le armi del diritto e della Costituzione italiana. Dal racconto dei poliziotti in servizio oggi ciò che emerge è la necessità di raccontarsi che si sta agendo per il bene della collettività , per mantenere l’ordine pubblico e per aiutare quella povera gente che arriva in Italia in condizioni disumane. Peccato che in seguito all’aiuto – leggasi riconoscimento – i migranti siano rispediti in Grecia. Le loro parole lasciano intendere che c’è un grande rispetto per la divisa che portano e disobbedire agli ordini dei superiori è un’attività non contemplata. Quello che pensa la coscienza rimane a casa durante le ore di lavoro. Questo lo conferma Nicola Montano con le sue parole. Solamente ora che non indossa più la divisa può sanare le ferite della sua coscienza. per chiedere la chiusura definitiva del Centro d’identificazione ed espulsione di Bari a causa delle gravi carenze strutturali e del mancato rispetto dei diritti umani. Dettaglio non da trascurare, l’azione mira a sollevare un dubbio di costituzionalità riguardo ai centri stessi. Ed è proprio insieme all’avvocato Paccione e a Montano che il documentario ci mostra le condizioni del CIE di Bari e ci fa ascoltare le voci di alcuni dei detenuti , perché è così che bisogna chiamarli, viste le condizioni di vita che sono costretti a sopportare. che assume. Quando si affrontano questi temi spesso si guarda all’operato delle forze dell’ordine con diffidenza. Sostanzialmente ci sono due posizioni, una che vede i poliziotti come paladini della giustizia e dell’ordine pubblico e l’altra che li vede come i cattivi, come coloro che trattano male i poveretti che arrivano sulle nostre coste. Ecco, io credo che entrambe le posizioni siano sbagliate perché come ha voluto sottolineare la stessa Raffaella Cosentino a fine proiezione: “T . Noi, che ogni giorno leggiamo i giornali, ci interessiamo, ci preoccupiamo, magari facciamo anche del volontariato, ma non riusciamo a ribellarci al sistema. Noi che applichiamo la legge e poi ce ne vergogniamo, la critichiamo con le parole ma non con i fatti. Nicola Montano rappresenta la ed è questa la forza della storia raccontata in questo documentario, la sua unicità. Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)