L’Egitto dei desaparecidos

Arrivano a casa tua alle prime ore del giorno o al calar del sole. Un calcio alla porta e poi l’ . A decine, vestiti come se fossero in battaglia. Sono gli uomini dell’ . Con l’arroganza di chi sa di poter contare sulla più totale , portano via i mal capitati con il viso ancora assonnato. Lo dichiarano senza mezzi termini, sono le di un paese sovrano e, secondo loro, non hanno alcun bisogno di mandato. Con le buone o con le cattive, caricano i “ A portare alla luce questa spaventoso racconto è la mamma di Mazen Abdallah, quattordicenne prelevato da casa in piena notte e portato non si sa dove. Mazen ha passato 10 giorni in quell’ si sono volatilizzati senza lasciare traccia. Spariti come se non fossero . È così, per far fronte a questa nuova frontiera della Per voce del suo inventore, che ci tiene a rimanere anonimo, l’ . Secondo la Commissione Egiziana per i Diritti umani e le Libertà, . Un lasso di tempo tutt’altro che irrilevante. Fondamentale, anzi, proprio per non perdere di vista le persone arrestate, evitando che vengano risucchiate nel limbo dei In realtà, una app simile era già stata realizzata durante le , tanto per intenderci, infiammando la terra che un tempo fu dei Faraoni. Si rivelò, purtroppo, un’arma a doppio taglio. La , infatti, cominciò a cercare tutti coloro che l’avevano istallata sullo . Come andò a finire? Lo lascio alla vostra immaginazione. Questa volta, assicurano dalla Commissione, le cose dovrebbero andare diversamene. L’ è stata elaborata per evitare che gli uomini della sicurezza nazionale possano rintracciarla. L’ , semplice quanto geniale, sta tutto nella sua interfaccia simile ad una basta un click, come si dice, o meglio basta inserire un , fermate per strada o prelevati dalle loro abitazioni e trasferite in , secondo l’organizzazione umanitaria, in cui si viene sbattuti senza la benché minima garanzia processuale. In cui persone di tutte le età vengono che generalmente non sono in grado di fornire. Il tutto senza che nessuno . Una terra di nessuno, appunto, dove nemmeno l’autorità giudiziaria può entrare. . Scomparsi nel nulla e a cui viene negato di qualsiasi contatto con la . Sono centinaio le storie simili a quella Giulio, il ricercatore trovato morto sul ciglio della strada che collega il Cairo ad Alessandria d’Egitto. Si chiamano studenti come tanti. Picchiati, bendati ed ammanettati per mesi. Lasciati per giorni appesi al soffitto come carme da macello. di al-Sisi il passo è breve, brevissimo direi. C’è un anello di congiunzione infatti, macabro, ma c’è. Un uomo, un funzionario di alto livello che collega l’Egitto del “ arresti. Così tanti da rendere necessaria la costruzione di due nuove , urlavano slogan e sventolavano al cielo le loro bandiere rosse, bianche e nere. Viene da chiedersi cosa sia andato storto. Che cosa non ha funzionato durante quel dirompente processo di , attuata per dare l’idea che tutto stava cambiano rimanendo, in realtà, com’era. , è qualcosa più simile ad un ringraziamento sincero e doveroso. avrebbe fatto a meno di ricevere. Sento, però, di doverlo fare lo stesso. È, infatti, solo grazie alla , avvolto in una coperta e gettato da una macchina in corsa neanche fosse un sacco della spazzatura, che oggi sappiamo. La morte del giovane ricercatore, se non altro, ha avuto il potere di scoperchiare quel fatto di torture, violenze e sparizioni forzate. Senza di lui, forse, avremmo continuato a credere che all’ombra delle piramidi stesse nascendo una Click to share on Facebook (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per inviare l’articolo via mail ad un amico (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)