I pannolini sporchi si lavano in famiglia, alcune note sul “Fertility Day”

Ve ne siete probabilmente ricordati ieri, quando avete visto girare sui social la “Le buone abitudini da promuovere” sono quelle di sorridenti coppie, bianche ed eterosessuali, mentre “I cattivi ‘compagni’ da abbandonare” sarebbero ragazzi dalla pelle nera, che fumano. Rimaniamo in attesa dei dati relativi al nesso tra colore della pelle e infertilità. Già la prima era piaciuta a pochi, quasi a nessuno. A fine agosto, appena è stata diffusa la foto di una , sovrastata dallo slogan “La bellezza non ha età. La fertilità sì”, le polemiche si erano ferocemente scatenate sul web. A ragion veduta, s’intende. Di quella serie di cartoline rimangono oggi solo gli screenshot: dopo aver lanciato il sasso, ed essersi accorta di aver – malauguratamente – colpito in testa decine di migliaia di donne, la ministra Lorenzin ha tirato indietro la mano: Insomma, è il caso di dire: sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Chissà, magari provoca pure infertilità. Tornando al tweet, in effetti il “Fertility Day” non si riduce a due cartoline e un hashtag. L’istituzione di questa giornata costituisce il quinto punto del dal Ministero della salute. Il testo la definisce “giornata nazionale di informazione e formazione sulla fertilità, dove la parola d’ordine sarà scoprire il prestigio della maternità”. L’assonanza tra . È preoccupante quindi il fatto che buona parte degli haters abbiano scaricato fiumi di rabbia per qualche foto, senza andare a fondo e verificare cosa prevedesse effettivamente il “Piano”. A parte difendere la fertilità e preparare una culla per il futuro (immagine che mi riporta involontariamente a uno scenario alla Il tutto si traduce in: informare le donne sui rischi dell’età associati alla fertilità, educare il bambino alla sessualità per preservare la fertilità, prevenire comportamenti sessuali irresponsabili e con essi la trasmissione di malattie che mettano a repentaglio la fertilità, così come alcuni disturbi tempestivamente diagnosticabili. Nel caso in cui non aveste capito: fertilità, fertilità, fertilità. , rendendoci così uno dei Paesi europei con il più basso livello di nascite. Le donne partoriscono sempre più tardi e, avvicinandosi al limite biologico per la procreazione, rischiano di doversi nel 2050 “la popolazione inattiva sarà in misura pari all’84% di quella attiva” Puntate la sveglia nel vostro “orologio biologico”, che poi arrivate tardi gli accenni alle responsabilità maschili nelle dinamiche riproduttive si contano sulle dita di una mano . È qui che ritorna l’immagine di quella clessidra, che richiama il più lontano concetto di (9/15 settembre 2016), spiega da dove sia originato questo mito angosciante. Era il 16 marzo . Nei vent’anni precedenti, il tasso di natalità era drasticamente crollato negli USA, da una media di 3,5 figli a donna nel 1957 si era passati a soli 1,5 nel 1976. Non troppo distante dall’attuale media nostrana. “Colpevoli” di questo calo furono due fattori: la degli anni Settanta, per cui sempre meno famiglie potevano permettersi di andare avanti con un solo stipendio, e il desiderio di liberazione delle donne inneggiato dalle bianche istruite. Quella dell’orologio biologico fu una campagna che doveva riportare in carreggiata la cosiddetta donna emancipata: il professato determinismo biologico le avrebbe impedito di allontanarsi dall’ , la Weigel fornisce alcuni dati relativi alla fertilità femminile: “La donna tra i 35 e i 39 anni su tre non riesce a rimanere incinta anche dopo averci provato per un anno nasce da uno studio del 2004 basato su ”. Molto prima della scoperta dell’elettricità e degli antibiotici. Fermo restando che – come afferma la stessa Weigel – le prove scientifiche del fatto che la quantità e la qualità degli ovuli diminuiscono con l’età sono accertate e che chiaramente non ci sia nulla di male ad avere un figlio da giovani, Ma passiamo dai problemi biologici a quelli politici e sociali. A leggere la campagna della ministra Lorenzin, sembra che lo stato di cose non sia cambiato così tanto dagli anni Settanta. Invece che chiamare in causa la scienza per accusare le donne che non vogliono essere madri di mettere in crisi il sistema di welfare . In un Paese dove, alla data stabilita per la presentazione del Piano di sostegno alla famiglia, il (ad oggi non è ancora consultabile), come si può incentivare una donna alla procreazione? Il per ciascun figlio sfiora i limiti del ridicolo. Forse i ministri dovrebbero essere aggiornati sul costo di un pacco di pannolini: , che non può rimanere incinta se non vuole perdere il posto di lavoro, segue la rotta del che la accompagnano. Sempre che questo lavoro si trovi. Sia per scegliere semplicemente la famiglia, che per scegliere il lavoro combinato alla famiglia, ci vogliono Certo, “l’imperativo ‘Godi!’ è onnipresente, ma il piacere e la felicità ne sono quasi del tutto assenti”, spiega Nina Power in , che si fa di nascosto, sotto una coperta di moralismi e ipocrisie. Alle donne è richiesto dunque di per non mettere a repentaglio la propria fertilità: e il diritto alla vita e all’autodeterminazione? Non verrebbe prima di tutto? Finché nelle scuole e il 70% del personale medico continuerà a rifiutarsi di praticare interruzioni volontarie di gravidanza con la scusa dell’ non si può chiedere alle donne di pensare prima alla propria ipotetica prole che a se stesse . L’offerta della moderna emancipazione femminile, quella di essere alla pari degli uomini, nasconde il solito principio di subordinazione: in questa politica della maternità, si esplica una dinamica politica o di potere? , sottraendoci, donne e uomini, con astuzia e ingegno, in caso combattendo, allo schiacciamento dei rapporti di forza”. Per tutte le donne incazzate, e non semplicemente indignate, l’invito è quello a scendere nelle numerose piazze italiane dove si protesterà al grido di Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)