Brian Jonestown Massacre: viaggi pacati e potenti

Brian Jonestown Massacre: viaggi pacati e potenti

della loro presenza per la terza volta in sei anni. Questa volta, a , un complesso musicale (sale prova/locale) in zona industriale, aperto da pochi anni e che non ospita molti concerti di questa portata ma che – tanto per dirne una – mi sembra possa vantare un’acustica migliore dello storico Estragon. L’ultima volta, che fu la prima, li vidi completamente a caso al (fu) Vicolo Bolognetti, in centro, gratuitamente. Chi si occupava della pagina del Covo, che produceva quei concerti, contrariamente all’abitudine (e all’attitudine talvolta un po’ snob che alberga in quel di viale Zagabria) il giorno dopo si sbilanciò con un “Abbiamo la consapevolezza di aver assistito a qualcosa di storico, ieri!”. , soprattutto considerando i tanti bei concertini e concertoni che la città di Bologna ha offerto e offre, forse era esagerato ma di sicuro quel giorno di 4 anni fa non mi ha lasciato dubbi nel voler partecipare nuovamente a questo evento siglato BJM. è la figura centrale dei BJM, attorno a cui hanno girato decine di musicisti a partire dal 1990. California, Il nome è forse l’unica cosa cosa inquietante della band: da un lato c’è il Brian Jones degli Stones, simbolo perduto di un certo modo di fare psichedelia; un dall’altro ispirato a una peculiare forma di “socialismo pentecostale”, tra millenarismo e Pol Pot. Tolto questo, i BJM sono una band per famiglie (almeno quelle che contemplino l’idea di A livello sonoro c’è poco da spiegare e tanto da godere : tre chitarre sul palco, sezione ritmica (con uomo-del-tamburello di cui parleremo poi) tastiere e, in un singolo cameo, mandolino. La musica dal vivo dei Brian Jonestown Massacre si fonda su ritmi non complicati ma pestati, riffini tanto semplici quanto coinvolgenti e una vocalità per nulla pazzesca ma suadente. La dico in maniera un po’ più cruda: i BJM fondamentalmente suonano lo stesso pezzo per 2 ore e 40 di concerto (grande plauso per questo, a prescindere) ma riescono in quella sottilissima arte di cambiarlo impercettibilmente da brano a brano in modo da non nasconderti questa scarsa dinamica ma, nondimeno, da farti divertire non un grammo di meno. Sul concerto resta poco altro da dire, se alcune chicche offerte da Newcombe stesso, la cui figura val la pena di approfondire. Il suo twitter è qualcosa che rappresenta la giusta sintesi tra un guru della psichedelia vintage e . Quest’ultima attitudine è stata confermata da alcune sparate che ci ha regalato durante il concerto (ad esempio, qualcosa che non ho capito bene riguardo a) che gli togliessero le luci bianche sul palco e gli lasciassero solo le luci-droga b) di non parlargli in “drogolese” che tanto non capisce c) che le band dovrebbero o suonare mezz’ora o tre ore, non esistono vie di mezzo concesse  d) di non urlare richieste perché lui è un essere umano e fa quel cazzo che gli pare, per queste cose esiste Spotify [qua sarebbero dovuti partire 92 minuti di applausi]). It would be nice to be able to hang out for more than 20 seconds without being mobbed for photos people have actually lost their souls. Vez, persino i giocatori americani delle squadre di pallacanestro di Bologna hanno capito che tagliatelle al ragù > qualsiasi altra cosa. E tu invece vai di sushi. Va bene. Devo davvero commentare? Posso forse solo aggiungere che, per la cronaca, gli anni sono 49. Potrei continuare all’infinito, ma chi siamo noi per giudicare fuori dal palco i nostri eroi musicali? Nessuno, nessuno. L’unica consolazione la trovo pensando che di cui sopra, sia un figo anche nella sua vita non professionale. Quest’uomo, conciato così, si fa un centinaio di date all’anno suonando per tutta la durata del concerto esclusivamente il tamburello o – ma giusto un paio di volte – maracas e altre percussioncine. Durante le pause abbiamo anche avuto il piacere di ascoltare la sua voce con timbro da rana che non ha fatto altro che aumentare la stima indefessa verso quest’uomo, che nutro da quel dì del 2012. – sono previsti altri strumenti al di fuori del solo tamburello. Eroe vero, Joel. Ad ogni modo, cari amici cultori della psichedelia gentile, i dischi dei Brian Jonestown Massacre possono regalarvi gaudio, ma il live è proprio un’altra cosa. Qualcosa di più grande. Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)