Essendo presente nel titolo, ed essendo il main topic di questo articolo, ed essendo anche che non tutti i lettori possono conoscere l’origine od il significato del termine soft power, iniziamo l’articolo con una breve definizione di suddetto termine attraverso le parole del Professor Joseph Nye, politologo statunitense nonché coniatore di tale neologismo:
Se gli Stati Uniti dovessero seguire politiche votate al taglio dei consumi interni del due percento del PNL (che è cresciuto nell’ultima decade), la nazione più ricca al mondo potrebbe permettersi sia un miglior sistema educativo sia una crescita di influenza internazionale guadagnata da un efficace programma educativo e di aiuti per attirare studenti stranieri. Quello che è necessario è quindi un incremento degli intestimenti in “soft power“, ovverosia la complessa macchina dell’interdipendenza, piuttosto che nell’ “hard power” – ovverosia costosi armamenti.
Joseph S. Nye, “The misleading metaphor of decline,” The Atlantic, March 1, 1990.
Se non avete visto il fantastico video di promozione delle future olimpiadi di Tokyo del 2020 presentate alla cerimonia di chiusura di Rio 2016, dovete assolutamente correre a farlo.
Quel video di presentazione delle future olimpiadi in terra nipponica rappresentano lo show off di tutto quanto il Giappone moderno può offrire ai telespettatori: Sport1, tecnologia e cartoni animati (pardon, anime) estremamente kawaii. Senza voler fare spoiler, nel filmato appaiono infatti molti personaggi noti dei prodotti di intrattenimento giapponese, ovvero Capitan Tsubasa (noto in Italia come Oliver Hutton, il capitano della New Team dell’anime Holly e Benji), Pacman, Doraemon, Kittychan (il personaggio del brand Hello Kitty) ma anche il meglio della tecnologia nipponica come il velocissimo treno shinkansen (le cui tratte ferroviarie detengono il record del minor ritardo accumulato al mondo dato che nel 2014 il ritardo medio per treno era di 54 secondi), la Tokyo Skytree, la torre più alta del mondo eretta nel quartiere di Sumida a Tokyo, ed infine le scintillanti strade dello Shibuya Crossing, l’incrocio più trafficato al mondo.
Last, but not least, l’evento principe dei due minuti scarsi del teaser trailer titolato Warming up for Tokyo 2020, è stato l’apparizione del Premier Shinzo Abe, che svolge un cameo alquanto importante; si trasforma infatti nel famosissimo personaggio Nintendo Super Mario, e non solo digitalmente: è infatti in quelle vesti che Abe appare (è il caso di dirlo) alla cerimonia di Chiusura di Rio 2016, con una rocambolesca entrata in scena, totalmente inusuale per un Primo Ministro di un paese G8.
Se a primo acchito questa scelta estremamente scenografica e splendidamente autoironica mi ha esterrefatto, l’ho dovuta poi ascrivere nella tradizione tutta nipponica del non-sense. In fondo, per chi conosce un poco le famose pubblicità giapponesi, questa trovata ne risulta perfettamente in linea. (Si veda, a titolo di esempio, qualsiasi video del canale youtube JPCMHD – stante per Japanese Commercials HD)
Ma a mente fredda non può che risultare in realtà qualcosa di ben più profondo e congeniato. Non è infatti mai lasciato al caso niente nella programmazione politica, specialmente dal premier Shinzo Abe. Le olimpiadi di Tokyo 2020 rappresentano infatti uno strumento geopolitico di dimensioni enormi e, contrariamente a quanto fatto da Londra 2012 e da Rio 2016, l’intenzione giapponese è quella di proseguire sulla linea tracciata da Pechino 2008: utilizzare le Olimpiadi come megafono per amplificare il soft power del paese. Non è un mistero infatti che l’edizione più costosa della storia dei Giochi Olimpici, ovvero Pechino 20082 non sia stata altro che un gigantesco spot pubblicitario del regime, bissato due anni dopo con la fantasmagorica edizione dell’ Expo di Shangai.
La politica estera di Shinzo Abe è infatti caratterizzata da un revival del nazionalismo nipponico: dalle tensioni con la Cina per le isole Diaoyu/Senkaku alla riforma della costituzione pacifista del 1948 da correggere in senso militarista passando da un certo negazionismo (o revisionismo) presente nell’elettorato e nel governo; nessuno di questi è un buon segnale per la stabilità della regione, già abbastanza calda dopo le varie affermazioni nord coreane. Ma soprattutto ciò rischia di minare l’immagine che per decenni il Giappone ha venduto di sé: un paese ricco e prospero che vive in pace ed armonia con la natura e con i paesi che lo circondano.
Ed ecco che le olimpiadi di Tokyo 2020 rappresentano per Abe e per le sue politiche una enorme opportunità di rilanciare il Giappone in ottica geopolitica più che economica. Se infatti è assodato che le spese per le olimpiadi raramente vengono coperte dai ricavi, non è invece trascurabile l’apporto di immagine che i giochi conferiscono al paese ospitante, purché quest’ultimo lo sappia sfruttare. E se anche la abenomics non dovesse funzionare, cosa che potrebbe minare il governo liberaldemocratico di Abe, il Giappone sfrutterà le olimpiadi come se non meglio della Cina in termini di ritorno di immagine. Questo perché il Giappone può mettere in campo cose non investibili dalla Cina: la propria cultura Pop.
Inconsciamente o meno che sia, negli ultimi trenta/quaranta anni il Giappone esporta verso il mondo occidentale (e non solo) migliaia di prodotto di Cultura Pop e Urban Pop: Videogames, consoles (portatili – come il brand Nintendo – e non, come il brand PlayStation), Manga (i noti fumetti con gli occhioni), Anime, Personaggi (come Hello Kitty) e, soprattutto, il relativo Merchandise. Non è inoltre un mistero che negli ultimi anni l’attenzione degli occidentali verso il Giappone e la sua cultura millenaria (oltre che pop) sia in aumento: la testimonianza chiave è il record di visite del Giappone da parte di stranieri, il che rende il turismo uno dei motori dell’economia nipponica. (d’altronde il Giappone è 12° per numero di patrimoni iscritti nella lista Unesco con 20 siti, con altri 8 siti in attesa di iscrizione)
Shinzo Abe è pronto a riscuotere quell’enorme patrimonio di soft power accumulato negli anni nei paesi dove conta: in USA, in Europa ma anche in Cina e Corea (storiche rivali geopolitiche nella regione). E l’intenzione è di ampliare questo soft power esponenzialmente, intrecciandolo indissolubilmente con un evento di portata mediatica mondiale: interconnettendo infatti giochi olimpici e brand di aziende di entertaiment come Nintendo (Super Mario) ed NHK (Doraemon) ma anche con altre aziende (quale la Japan Railways e i suoi Shinkansen), l’obbiettivo già evidenziato con il teaser trailer è quello di estendere il mercato di tali brand a fette di popolazione che non ne erano a conoscenza utilizzando il tema olimpiadi, ma anche viceversa, ovvero avvicinare la popolazione otaku (i fan del mondo pop di manga/anime) ai giochi olimpici e al Giappone come nazione (geopoliticamente parlando); se lo scopo commerciale è manifesto (gigantesca pubblicità ai grandi Brand Giapponesi worldwide con lo scopo di rilanciare l’esportazione del made in Japan e dunque rilanciare l’economia giapponese), lo scopo di soft power gain è solo lievemente velato.
Nelle migliori intenzioni del Premier Abe, queste olimpiadi (ma soprattutto l’avvicinamento ad esse) dovranno rilanciare l’immagine del Giappone come Mirai Kuni, il Paese del Futuro. Con i suoi neon scintillanti, i suoi treni superveloci e superpuntuali, i suoi videogames sempre più realistici e con i suoi anime sempre più appassionanti, allo scopo di guadagnare potere geopolitico da spendere per ritornare ad essere non un comprimario ma un attore protagonista della regione, prendendo il posto degli USA sempre più rinunciatari nella regione (così come nel resto del mondo) dopo otto anni di Obama. Anzi, una vittoria di Trump renderebbe necessario un controbilanciamento della superpotenza Cinese nella regione dato che il candidato repubblicano sembrerebbe essere poco interessato a tutto ciò che riguarda la politica estera da superpotenza.
1 Fra cui i nuovi sport ammessi dal CIO per la prima volta a Tokyo 2020, che includono lo sport nazionale nipponico, il baseball, e la storica arte marziale okinawense, il karate.
2 Se escludiamo i Giochi Invernali di Sochi 2014, ai quali però si applica lo stesso ragionamento fatto, con gli ovvi distinguo.
Alessandro Bombini