Il 21 febbraio scorso Papa Francesco aveva invocato durante l’Angelus una moratoria della pena di morte. In sostanza ha chiesto che nessuna condanna venga eseguita in questo Anno Santo della Misericordia e che i vari governi del mondo si prodighino per una rapida abolizione della pena capitale. Speriamo che il messaggio del Papa possa avere un qualche effetto ed essere tramutato presto in realtà in quanto l’anno appena trascorso si è contraddistinto in negativo su queste tematiche.
Dal rapporto sulla pena di morte nel mondo riguardante il 2015, diffuso il 6 aprile di quest’anno da Amnesty International risultano due dati sconcertanti. Il primo è che siamo di fronte al più alto numero di esecuzioni dal 1989, il secondo che il 90% delle esecuzioni ‘censite’ risulta ad opera di sole tre nazioni: Pakistan, Iran e Arabia Saudita. Nel 2015 infatti sono stati messi a morte almeno 1634 prigionieri , più del doppio rispetto al 2014. La Cina non è compresa nell’elenco poiché tratta le informazioni sulla pena di morte come segreto di stato, ciononostante secondo Amnesty International è il paese dove probabilmente quest’anno le esecuzioni sono state migliaia.
Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International ha dichiarato: “Iran, Pakistan e Arabia Saudita hanno fatto un uso senza precedenti della pena di morte, spesso al termine di processi gravemente irregolari. Questo massacro deve cessare”. Nonostante tutto comunque vi sono anche buone notizie e uno spiraglio di luce quest’anno infatti quattro paesi: Figi, Madagascar, Repubblica del Congo e Suriname, hanno abolito la pena di morte per tutti i reati e pure la Mongolia ha adottato un nuovo codice penale abolizionista che entrerà in vigore nel corso del 2016. Questo fa ben sperare per il futuro; Shetty infatti ha dichiarato: “Nonostante i passi indietro di corto periodo del 2015, nel lungo periodo la tendenza resta chiara: il mondo si sta liberando della pena di morte. I paesi che ancora eseguono condanne a morte devono rendersi conto che si trovano dal lato sbagliato della storia e abolire questa crudele, inumana e definitiva sanzione”.
Sul sito di Amnesty è presente l’intero rapporto che propone un analisi capillare dei territori in cui è ancora in uso la pena di morte e di cui consiglio la lettura ma quello che preme ora a me è rispondere e rispondermi in due righe a una domanda: La pena di morte ha un utilità? La risposta è no. È infatti stata dimostrata da tempo la sua inutilità come deterrente e online abbonda la documentazione a riguardo, un esempio è un documento, sempre di Amnesty, dal titolo: Not making us safer del 2013. All’interno di questo documento l’inutilità della pena capitale è messa in bella mostra anche attraverso molti rilevanti esempi reali; solo per citarne un paio.
In Canada il tasso di omicidi è passato da 3.09 nel 1975, anno precedente a quello di abolizione della pena di morte, a un tasso del 2.41 nel 1980 per poi restare sempre più basso di quello precedente l’abolizione. Uno studio ottenuto confrontando i tassi di omicidio a Hong Kong e Singapore, che hanno una popolazione di numero simile, per un periodo di 35 anni a partire dal 1973, ha messo in luce che l’abolizione della pena di morte nel primo e l’alto tasso di esecuzione secondo stato a metà degli anni 1990 ha avuto poco impatto sui livelli di criminalità.
Fabio Gagliandi
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