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EuroCorner 3: la Brexit e la Rivoluzione

E ora?

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Sconforto e soprattutto incertezza regnano sovrani. Il Premier Cameron si è dimesso, le borse mondiali sono crollate e gli antieuropeisti di tutto il continente esultano. La mattina del 24 giugno rischia di essere una data che i nostri figli o i nostri nipoti studieranno nei loro ololibri, o su pietre incise. L’uscita dall’Europa, quando diventerà effettiva (perchè questo era solo un referendum consultivo, non dimentichiamolo) porterà enormi complicanze nel mercato del lavoro, dove il transit tra Europa e isole britanniche sarà vissuto come extra comunitario. E questo porterà complicazioni costosissime per il più ricco dei campionati “europei”, la Premier League.

In molti hanno protestato, dicendo che le squadre del Regno Unito debbano essere escluse dagli Europei. In realtà, oltre al fatto che come già detto la Gran Bretagna non è ancora uscita dall’UE, le nazionali come Inghilterra o Galles hanno tutto il diritto di stare nelle competizioni continentali. La UEFA non va di pari passo con l’Unione Europea, e contando che sia nei tornei per nazionali che per club vengono accorpate alle squadre europee anche quelle di Turchia, Israele e repubbliche ex sovietiche, si capisce come nemmeno la geografia sia un limite per la selezione dell’Europa del calcio.

Il problema principale e più grande è la libera circolazione dei lavoratori. Sarà necessario un visto di lavoro, da richiedere da parte del datore di lavoro otto settimane prima del trasferimento all’Home Office, senza l’assoluta certezza che venga effettivamente emesso. Per ottenere poi il permesso di soggiorno a tempo indeterminato, sarà necessario dimostrare di aver lavorato 12 mesi in territorio britannico. La normativa parla di fatto di extracomunitari, cosa che ora per la Gran Bretagna di fatto sono anche i cittadini europei.

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La stessa legislatura sarà applicata anche ai lavoratori nel mondo sportivo, o, nel nostro caso, ai calciatori. In particolare, nel calcio la FA aveva già stilato un regolamento per i permessi di lavoro dei calciatori extracomunitari. Una società che volesse prendere un giocatore extracomunitario dovrebbe accertarsi che tale giocatore abbia giocato almeno il 30% delle partite della sua Nazionale negli ultimi due anni, se questa è nei primi 10 posti del Ranking. La percentuale sale sempre di più, fino a raggiungere il 75% delle presenze nelle nazionali dal 31^ al 50^ posto. Uno sproposito, che limita l’accesso alla Premier League solo dei giocatori di alto profilo internazionale.

Ad oggi, più del 65% dei giocatori della Premier League sono stranieri, di cui metà sono europei. E’ il campionato con maggior incidenza di questo genere, e la maggior parte delle stelle che la Premier può vantare non sono inglesi. Il dato ad oggi dunque è che il 65% dei giocatori è extracomunitario. Le stime parlano di un aumento del 20% del costo dei cartellini dei giocatori europei per il mercato inglese, mentre per il resto d’Europa rimarrebbero invariati. Questo porterebbe una maggiore difficoltà per le squadre inglesi ad acquistare giocatori di alto profilo.

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Un impoverimento del valore delle rose, causato dalla debolezza del mercato e dalla difficoltà di prendere i giocatori migliori causerebbe un calo del tasso tecnico, con l’impossibilità di stare al passo con i top club europei. Calo dei risultati → calo dell’appeal. E calo dell’appeal significherebbe calo degli introiti derivanti dalla vendita dei diritti tv, e dagli sponsor. E calo degli introiti significherebbe ancora un calo di livello, e così via, in un circolo vizioso che farebbe precipitare il campionato inglese (oltre che scozzese, al momento) in classifica.

Insomma, tutti i fattori certi portano ad un impoverimento del tasso tecnico e pure economico della Premier League. Molti amministratori delegati di squadre di vertice hanno infatti nei giorni scorsi dichiarato come la Brexit potesse risultare fatale per l’economia del calcio inglese. Ma se questi sono i dati certi, ora entriamo nell’ignoto, in quello che dovrà essere sistemato (insieme ad un mare di altre cose) in questi futuri due anni. Che fare adesso e come considerare i giocatori europei già presenti sul territorio inglese?

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Sarebbero 192 i giocatori di Premier League toccati direttamente. Da un lato questi 192 sono forti del fatto che una legge su questo specifico tema non possa essere retroattiva, quindi questi giocatori non sarebbero costretti a richiedere un visto per la squadra dove già si trovano. Ma se volessero trasferirsi? Se volessero firmare il contratto per un’altra squadra? Sarebbero di fatto ostaggi di una legislazione che li ha visti apparire improvvisamente nella casella extracomunitari. Anche per i rinnovi con la squadra con cui hanno già il contratto potrebbe essere necessario il visto. E se questo visto non venisse concesso? Di fatto sarebbero svincolati, con ulteriore danno economico per la squadra che ne perde il cartellino. In più chi volesse fuggire e trasferirsi in continente sarebbe soggetto alle norme per il mercato da stati extracomunitari, favorito però dall’essere un cittadino comunitario. Parlare di una soluzione semplice è eufemistico. Alcuni esempi di campioni che potrebbero abbandonare la Premier? Dimitri Payet, francese del West Ham, o De Gea, portiere spagnolo dello United. Qui trovate una lista di tutti i giocatori delle venti squadre di Premier League.

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Altro fattore da sistemare, che però metterà sicuramente contro FA e FIFA, sarà la gestione della compravendita per i minorenni. L’Articolo 19 del Regolamento mondiale parla chiaramente. I trasferimenti di minori extracomunitari sono vietati. Sono invece permessi quelli all’interno dell’Unione Europea per i giocatori tra i sedici ed i 18 anni. Ma l’Inghilterra non sarebbe più unione, e quindi non potrebbe né cedere i propri giovani all’estero, né soprattutto, pratica comunissima oltre manica, depredare i settori giovanili di mezza Europa per rafforzarsi. Alcuni esempi, dite? Un certo Paul Pogba, prelevato dal Le Havre da parte dello United a sedici anni, o Pique, approdato sempre allo United a 17. La FA si batterà per avere una deroga, ma è improbabile che la FIFA crei eccezioni all’unica regola che di fatto vieta il traffico di calciatori minorenni dal Brasile o dai mercati più economici di Africa ed Asia.

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Insomma, il futuro della federazione inglese (e scozzese, se la Scozia effettivamente rimarrà all’interno del Regno Unito) non è certo roseo. Nella migliore delle ipotesi, sarà un tracollo economico che potrebbe portare al ridimensionamento di tutti i campionati a qualsiasi livello. Nel peggiore, il tracollo economico e qualitativo potrebbe essere così grande da azzerare il livello del campionato.

Marco Pasquariello

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