Trivelle Zero Marche

Le ragioni del SI: intervista a Stefano Petrella di Trivelle Zero Marche

Trivelle Zero Marche

#TBUTalksaboutTRIVELLE continua con un’intervista a Stefano Petrella, attivista Trivelle Zero Marche. Come si legge dal loro sito, “Trivelle Zero Marche è una rete regionale di realtà organizzate e liberi cittadini nata tra il maggio e il giugno scorsi in seguito alla partecipazione alla manifestazione indetta dal Coordinamento No Ombrina Salviamo l’Adriatico a Lanciano il 23 maggio e alle tante assemblee cittadine sorte in tutte le Marche nei mesi estivi in seguito agli effetti dello Sblocca Italia”.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato il decreto per l’indizione del referendum sulle trivelle solo il 15 febbraio scorso e si andrà alle urne il 17 aprile. Alla luce del fatto che accorpare un referendum con un altro tipo di elezione non è possibile, se non previa promulgazione di una legge in proposito, come comitati No-Triv, non credete che la discussione referendaria avrebbe dovuto richiedere tempi più lunghi al fine di permettere ai cittadini di informarsi sull’argomento?

Assolutamente sì, la manovra è tutta politica proprio per non dare nè al comitato per il  SI nè ai cittadini la  tempistica giusta per informare e informarsi tramite i canali tradizionali, le assemblee pubbliche e gli incontri formativi che comunque, anche se con grande difficoltà, stanno succedendosi in modo piuttosto frenetico in ogni regione tramite gli attivisti ambientalisti dei comitati No-Triv, Greenpeace, il Fai e tante altre associazioni che hanno a cuore il bene comune.

Stefano Petrella Trivelle Zero The Bottom Up
Stefano Petrella

Il quesito referendario faceva inizialmente parte di un pacchetto presentato da dieci Regioni contro lo Sblocca Italia. Alla luce di ciò, quale è stato il ruolo delle Regioni durante la campagna? Si sono esposte attivamente o si sono fermate alla promozione del referendum nelle sedi istituzionali?

Basta dire una cosa per rispondere a questa domanda e far capire il clima cha sta accompagnando la campagna referendaria : le Regioni di cui parli sono tutte (a parte una) a guida Partito Democratico ed è la prima volta nella storia repubblicana che siano delle Regioni ad avanzare un quesito referendario. Benissimo, proprio qualche giorno fa, lo stesso PD ha ufficialmente invitato i propri elettori ad astenersi dal votare il referendum del 17 aprile. Ovviamente, le Regioni tacciono e obbediscono come bravi soldatini. Solo un dato: sappiamo che la Regione Marche (tra i promotori del referendum) avrebbe stanziato 40.000 euro per la campagna. A tutt’oggi non abbiamo saputo nulla né di quei quattrini né tantomeno abbiamo ricevuto materiale informativo da affiggere o da distribuire, stiamo facendo tutto a spese nostre. Tra l’altro, cosa ci possiamo aspettare dalle istituzioni, se il ministro dell’ambiente proprio qualche giorno fa si è apertamente espresso per il no o per l’astensione…. e ho detto il ministro dell’ambiente….

Veniamo al quesito referendario. Il contenuto, va detto, è piuttosto debole, visto che si andrebbe ad abrogare, in caso di vittoria dei sì, il comma dello Sblocca Italia in cui si permette la concessione di proroghe entro i limiti di capacità del giacimento. Immagino la vostra campagna non si fermi al referendum. Quali saranno le prossime mosse dei comitati No Triv?

Il quesito è povero di contenuti tecnici e darebbe più che altro un forte segnale politico in caso di vittoria del SI. Non si occupa delle perforazioni oltre le 12 miglia marina dalla costa, né tantomeno di quelle in terraferma che sono altrettanto dannose e pericolose. Tra l’altro, essendo difficilissimo raggiungere il quorum proprio per il palese boicottaggio da parte proprio di chi il referendum dovrebbe promuoverlo e difenderlo come strumento democratico, il 18 marzo scorso, dopo una grandissima assemblea nazionale, abbiamo presentato presso la Corte di Cassazione sei quesiti referendari (4 sulla buona scuola, 1 sulle perforazioni e 1 sugli inceneritori). Il 9 e 10 aprile si parte con la raccolta delle firme, con il metodo tradizionale, dal basso, tramite banchetti e gazebo in tutta Italia. Tutte le informazioni le potete trovare sul sito o consultando la pagina Facebook Referendum Sociali.

Trivelle Zero Recanati
La delegazione recanatese del comitato Trivelle Zero Marche

Tra i principali punti della vostra campagna c’è, da un lato, il tema della sicurezza e, dall’altro, quello della coesistenza tra estrazione di idrocarburi e le attività turistiche e di pesca. I sostenitori del no al referendum (essendo un referendum abrogativo, “si vota no per dire sì”, ndr), rispondono che la probabilità di danni ambientali è minima e che turismo e pesca possono tranquillamente coesistere con le estrazioni. Qual è la vostra posizione in merito?

Proprio qualche giorno fa ho partecipato ad un’assemblea con i pescatori di Ancona. Non sembravano molto contenti della presenza di piattaforme  e trivelle in Adriatico, anzi. Ce ne fosse stato uno favorevole alle perforazioni: il comparto pesca è affossato e svilito anche e soprattutto da politiche ambientali scellerate e incoscienti, la sola costruzione degli impianti devasta il fondo marino, basta immergersi al largo delle coste anconetane o pesaresi per osservare il nulla, un’immane e disgustosa distesa di fango senza alcun pesce o alga. E io lo posso dire perché sono testimone oculare non perché lo abbia sentito dire da qualcuno. Per quanto riguarda il turismo, a parlare chiaro è l’appoggio al referendum da parte degli operatori del settore, dei titolari di stabilimenti balneari, delle amministrazioni comunali vicine alla costa, che tra l’altro ci stanno chiamando ininterrottamente per informare i cittadini e gli stessi amministratori che spesso sono all’oscuro di tutto. La bellezza e l’armonia del mare e delle coste va a braccetto con un turismo sostenibile, consapevole e redditizio e  non è assolutamente compatibile con la presenza di piattaforme e trivelle . Ci fanno sorridere i promotori del No e dell’astensionismo quando portano ad esempio le coste romagnole che nonostante oltre 50 piattaforme hanno vissuto di turismo per anni e anni. Certo è vero, ma omettono di dire che la riviera romagnola non è più  meta tanto ambita da ormai molti anni, che la qualità delle acque marine è pessima, che il fenomeno della subsidenza (abbassamento del livello delle coste) è ormai conclamato da anni e che non è detto che se si sia sbagliato per anni si debba obbligatoriamente continuare a farlo.

Spesso, una delle argomentazioni dei contrari al referendum fa leva sul danno economico per il nostro paese sia in termini di investimenti (si veda il ritiro di Shell nelle scorse settimane), che di occupazione (la Regione Emilia-Romagna parla di circa 2000 posti di lavoro a rischio nel polo ravennate). Chiaramente, gli interessi privati delle multinazionali non sono trascurabili, ma non credete ci siano anche interessi pubblici che la vittoria del sì potrebbe mettere in discussione?

I numeri sciolinati dal comitato del NO sono spesso fantasiosi e divertenti. Una volta parlano di duemila, un’altra di diecimila, un’altra ancora di settemila posti di lavoro a rischio. Noi non abbiamo bisogno di dati catastrofisti ma abbiamo bene in testa un concetto preciso: anche fossero un milione i posti di lavoro a rischio, in caso di vittoria del SI, non accadrà che il 18 aprile avremo un milione di disoccupati, ma bisognerà attendere la fine delle concessioni, cioè un periodo abbastanza largo (5/7 anni) durante i quali tutto l’indotto e i lavoratori ad esso connessi potrebbero essere tranquillamente e serenamente assorbiti dal comparto Fonti Rinnovabili, che già da lavoro a oltre 60.000 persone in tutta Italia e ha fame e bisogno di professionisti e operai. Basterebbe soltanto la volontà politica, seria e autentica, per permettere che questo accada. Giusto qualche giorno fa, Matteo Renzi ha lodato le capacità di Enel Energia per la costruzione a Stillwater in Nevada della  centrale di energie rinnovabili più innovativa del mondo, tutta italiana ma realizzata negli Stati Uniti. A noi sembra un grosso controsenso e una enorme ipocrisia.

@Roberto Tubaldi

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