(Intervista a) Lerci(o) e felici

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Tutto questo, e molto altro, Ah ma non è Lercio, Premio satira politica Forte dei Marmi 2015, Miglior Sito e Miglior Battuta ai Macchianera Italian Awards 2015.  “Non c’è comico al di fuori di ciò che è propriamente umano” scriveva il filosofo francese Henri-Louis Bergson. La comicità è ribellione di fronte all’angoscia, alla tristezza e alla malinconia della vita e la satira è un lavoro duro, durissimo, soprattutto in un momento di grigia isteria collettiva come questo, post Charlie Hebdo. Come tutti sappiamo, quando muore la satira non c’è davvero nulla da ridere.  Ma può la comicità rinsaldare i legami sociali fragili dell’individuo contemporaneo atomizzato e contribuire a rinforzare il nostro fantasmagorico sentimento di comunità? Ho provato a scoprirlo in questa intervista alla redazione di Lercio.

 In un momento di grande successo di un tipo d’arte che ha come temi principali quelli appartenenti alla sfera privata e intima, primo fra tutti il tema erotico, può la comicità svolgere da collante nella collettività e spostare l’interesse verso temi d’interesse pubblico (denuncia sociale, critica politica,…)?

La comicità lo fa sempre, almeno che tu non sia un appassionato di Pippo Franco. In fondo la satira parla di tematiche tabù, ad esempio proprio il sesso. Per questo noi della redazione stiamo attenti a tutti i movimenti culturali moderni e controlliamo le foto su Instagram di tutte le ragazze che ci intervistano.

Dopo Charlie Hebdo, quanto è presente e limitante la paura della satira? Viene maggiormente riscontrata nei professionisti della satira o nel pubblico?

Si può aver paura in certi casi, sarebbe anormale non averne, sia da parte di chi scrive le battute sia da parte di chi le sente. Ma come anche Charlie ha insegnato si deve andare avanti, continuando a fare ciò che si sa fare. Per questo abbiamo chiuso il sito e aperto un portale sulla pesca.

Pensate sia necessario o auspicabile porre un limite a ciò di cui si può ridere?

I limiti ce li poniamo solo sui bersagli da colpire, non facciamo battute sulle vittime, punto. Per il resto spaziamo su tutto e su qualsiasi argomento troveremo qualcuno che avrà qualcosa da ridire. È normale.

Come individuate l’elemento comico o grottesco in quella che per molti è solo la banalità del quotidiano?

Leggendo un qualsiasi giornale online, o cartaceo. Siamo arrivati al punto che il giornalismo è diventato la macchietta del giornalismo stesso. Siti di quotidiani importanti che ci deliziano con articoli su Rihanna, sui gattini e sulle cose incredibili e pazzesche. Perché lo fanno? Perché il pubblico vuole esattamente quelle cose. Non è colpa delle redazioni se il cliente vuole quello. E noi ridiamo di quello, ridiamo della normalità, e in quella normalità c’è tutto lo scibile umano che poi si riaffaccia sempre sui quattro temi fondamentali: politica, religione, sesso e morte. E si riesce a riderne sempre. Un modo si trova.

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Avete mai ricevuto denunce, intimidazioni, critiche particolarmente violente? Come avete reagito?

Certo. Ogni utente da social è pronto a ridere se le battute riguardano gli altri, appena si entra invece nella propria sfera emotiva, religiosa, sentimentale, o anagrafica sono lì che partono gli insulti, le minacce e la celeberrima frase “su queste cose non si scherza”. Come diceva un vecchio saggio “se non incontri mai qualcosa che ti offende, significa che non vivi in una società libera”. Dovrebbero ringraziarci se si sono sentiti offesi, ma normalmente quando li ringrazi, rimangono spiazzati, e poi ti insultano di nuovo. Dandoci nuovi spunti per ulteriori articoli.

Quanto è rilevante il legame fra dramma e comicità? Si può parlare di un sottile legame fra allegria e disperazione?

L’ironia è un sano meccanismo di difesa, secondo Freud. Permette di riportare alla coscienza un contenuto psichico disturbante, magari avvertito solo superficialmente, e, per così dire, risolverlo e accettarlo. Tutti i contenuti psichici sono collegati, comunque. Una divisione cartesiana dei pensieri in polarità e dicotomie che si escludono è, a nostro avviso, sbagliata. Raramente la satira non è, contemporaneamente, divertente e amara. In un certo senso esiste un legame tra allegria e disperazione. Ma aggiungiamo che c’è un’enorme differenza tra chi fa battute su di un dramma solo perché è trending topic su Twitter e chi le fa per esorcizzarne la portata e indurre alla riflessione. Nel primo caso il legame tra dramma e allegria è forzato, svilito, troppo immediato per essere davvero catartico o psicologicamente utile. È una questione di metodo: si tratta di riconoscere la valenza emotiva di un evento drammatico e trovare la giusta chiave per parlarne (o non parlarne).

Si può parlare di “ridere per resistere”? La comicità può essere intesa come una forma di lotta di contropotere?

La satira instilla dubbi, è sovversiva e contro ogni tipo di potere, anche quello della satira come forma di comunicazione estrema. La lotta è dentro le nostre teste.

Che tipo di pubblico segue Lercio? Si può parlare di un determinato target?

Andiamo forte sul target dai venticinque anni in su, insomma sui disoccupati. Ma chiunque segue Lercio. Nei vari eventi che abbiamo fatto in giro per l’Italia abbiamo constatato la varietà di età e di idee di chi ci segue e la voglia di satira che li anima. Dai ragazzini ai non più giovani, ma freschi dentro. Ci fa piacere. È sintomo di un buon lavoro, poi se il nostro pubblico fosse composto solo da ragazze disinibite, sarebbe ovviamente molto meglio.

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Come definireste la vostra comicità?

Attuale e ragionata. Siamo sul pezzo ma ci prendiamo i nostri tempi. Pubblicare la prima cosa che si pensa, come detto prima, risulta quasi sempre una scelta sbagliata. Un ulteriore modo in cui ci piace definirla è efficace. Se molte persone adesso prima di condividere qualsiasi notizia si domandano se è nostra o di un giornale online, significa che abbiamo colto il punto. O che non si riescono più a distinguere i nostri articoli da quelli veri.

“La fantasia distruggerà il potere e una risata ci seppellirà”? O la comicità è, piuttosto, destinata ad un ruolo di un contentino mentre i potenti non si concedono fantasie ma continueranno a soverchiare seriosamente il mondo?

Sta al pubblico decidere. Ma pensando alle censure subite dalla satira nella storia, probabilmente la prima.

Sofia Torre

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