Andare a Vilnius significa immergersi in una città letteralmente segnata da vicende storiche plurisecolari, nella quale il passaggio di imperi, repubbliche, conflitti, genti di lingue e religioni differenti hanno lasciato un segno indelebile che condiziona in maniera determinante non solo il paesaggio urbano e i suoi simboli, ma forse lo stesso “zeitgeist” cittadino. Passeggiare lungo le vie e i vicoletti della meravigliosa “Seinamiestis”, la città vecchia, uno dei centri storici più belli e meglio conservati d’Europa, ti da esattamente il senso di che contenitore storico-culturale sia stata Vilnius nel corso del tempo: chiese cattoliche, luterane ed ortodosse una ad un metro dall’altra, i luoghi che testimoniano la lunghissima presenza ebraica nella città (conosciuta, prima della Shoah, come la “Gerusalemme d’Europa”), il ruolo, nel bene e nel male, che la Polonia, e i polacchi, hanno rappresentato per la città…si potrebbe andare avanti per ore e ore ad affermare che tipo di melting pot sia stata la capitale lituana, ma non mi dilungherò, a quello ci pensa già Wikipedia. Riprendendo citazioni di fantozziana memoria: “documentario tedesco…ma con i sottotitoli in lituano!”
Questo perché non voglio rimandare a lungo lo scopo di questo articolo: ovvero provare a narrare, dopo tre giorni a spasso tra bancarelle di birrifici, venditori di cappelli per sauna (avete capito bene se siete rimasti un po’ sorpresi), panettieri, macellai e mastri falegnami, quell’evento fondamentale per la vita cittadina quale è la fiera di San Casimiro (Kaziuko Můge), ma conosciuta da tutti con il diminutivo di “Kaziukas”. Anche riguardo la storia della fiera non mi dilungherò più di tanto (tutto quello che volevate sapere, e per qualche ragione a voi ignota, non avete mai chiesto, si trova qui): dico solo che San Casimiro, santo protettore di Polonia e Lituania, fu anche Re del primo Stato e Gran Duca del secondo, quando, insieme, formavano uno degli Stati più potenti d’Europa. Il primo week end di marzo coincide con l’inizio della fiera, che si protrae per tutto il fine settimana, e comincia sempre ogni 4 marzo, giorno della morte dell’ex sovrano.

Pur essendo dislocata lungo tutta la “Città vecchia”, si può fondamentalmente dividere Kaziukas in due parti: una che corre lungo tutto Gedimino Prospektas, l’arteria principale che corre attraverso il centro storico, toccando anche Lukiskiu Aikste, situata di fronte al Museo delle vittime del genocidio e per molti anni la sede originaria della manifestazione. Questa prima metà della fiera raccoglie in qualche modo il “salotto buono della città”, centro di gravità permanente dei turisti e dei passanti (cause principali dei miei attacchi di claustrofobia) che creano un vero ingorgo dove uscirne indenni ti fa guadagnare la medaglia d’oro al valore civile sul campo. I prezzi ovviamente non sono a buon mercato, e i venditori si sono attirati addosso le critiche di buona parte dei cittadini, critici verso una rassegna che a loro dire, in alcune parti, si sta sempre di più trasformando in un centro commerciale a cielo aperto.
Le premesse per i lettori non dovrebbero essere buone, visto che siamo partiti subito a sviolinare critiche e a mettere in risalto come, ahimè, il lato oscuro della globalizzazione divori una fiera, che come tutte, nasceva impostata sul baratto e sulla condivisione dei beni. Ma ovviamente non tutto è perduto, perché, come sempre, è allontanandosi un po’ dalle zone nevralgiche (ergo: facendo gli hipster) che la magia prova a resistere contro lo spettro della modernità. In particolare dalla fine di Gedimino Pr. quando le bancarelle cominciano ad allungarsi dalla Cattedrale lungo Sventariago Gaitve e Radvilaites Gaitve, un pezzo di strada che, costeggiando il bellissimo parco di Bernardino e il fiume Vilnia, passa accanto ad Užupis, quartiere degli artisti della città. E’ li che si apre dinanzi a me il tratto più originale e VERO di Kaziukas. Un panorama folkloristico dove da un metro all’altro rimbalzano venditori di tutto l’universo che gira intorno alla Sauna (compresi, oltre ai già citati cappelli, delle erbe aromatiche da utilizzare per la depurazione del corpo e un uomo mezzo nudo che ti invita a spron battuto a provare il suo nuovo bagno turco), mastri birrai intenti nella produzione della loro pozione magica (sono un po’ i Panoramix del Baltico, solo che dopo tre pinte, invece di una forza inaudita in stile Asterix e Obelix, le tue gambe cominciano a diventare di gomma), un esercito di babute (letteralmente, le nonne) intente a prendersi cura di Samovar roventi pieni di The per i passanti e a vendere i Verbos, le palme usate durante la funzione religiosa della domenica antecedente Pasqua, preparate in origine dalla comunità polacca della città. Ovviamente, per chi fosse già spaventato all’idea, posso assicurare che la presenza di cibo era notevole: tra griglie traboccanti di carne, macellai pieni di ogni sorta di ben di Dio e km e km di pesci di varia natura rigorosamente affumicati, posso assicurare che la vera vincitrice è stata la bancarella di alcune signore appartenenti ad una comunità di tatari residente nel Paese, grazie ai Balandeliai: una foglia di cavolo ripiena di riso, cipolla e carne; il tutto servito con salsa di pomodoro e panna acida. Una bella bombetta ipercalorica al modico prezzo di 1 euro.
Kaziukas è anche l’occasione perfetta per scoprire lati nascosti della città e presenze di monumenti e simboli di cui prima si ignorava completamente il significato: dopo aver assistito alla funzione religiosa del sabato in Piles Gaitve, strada che porta al Castello della città, dove la sagoma di Casimiro viene portata in processione per le vite del centro, ho deciso di unirmi ad visita turistica organizzata gratuitamente da uno scrittore della città, via social network, (ovviamente, ero munito di interprete); grazie a ciò, ho potuto scoprire lo straordinario passaggio della comunità ebraica nella città, fatto di sinagoghe private immerse nelle corti dei palazzi e finite totalmente nel dimenticatoio, visite all’interno dell’ex ospedale israeliti, simboli che annunciavano come il proprietario di quel palazzo fosse di religione ebraica, grazie alle iniziali di nome e cognomi scolpite su ogni proprietà. Strade nelle quali ero passato svariate volte, ma nelle quali non avevo mai notato questi particolari. E’ anche questo merito di questa fiera: farti scoprire che un intero mondo è passato dove tu stai camminando, e tentare, stimolando anche la tua immaginazioni, di fartelo rivivere.