Papa Francesco va in Messico e Trump lo attacca

Papa Francesco va in Messico e Trump lo attacca

– fortemente simbolici sia dal punto di vista politico/istituzionale che da quello umano – Papa Francesco è salito nuovamente su un aereo per affrontare un viaggio fuori dai confini europei. Stavolta la meta è stata il Sudamerica (dove ha già visitato Brasile, Bolivia, Paraguay e Ecuador) e in particolare il Messico – del quale qui su E proprio il narcotraffico, al quale si collegano i problemi di povertà e corruzione del Paese,  è stato uno dei temi affrontati dal Pontefice nel corso della sua visita apostolica. “Che tentazione ci può venire da ambienti dominati molte volte dalla violenza, dalla corruzione, dal traffico di droghe, dal disprezzo per la dignità della persona, dall’indifferenza davanti alla sofferenza e alla precarietà?” della città di Morelia, capoluogo dello Stato centrale del Michoacan, a 210 chilometri dalla capitale messicana Città del Messico. E nei primi giorni della sua visita il Pontefice aveva subito ricordato alla classe politica che “ogni volta che cerchiamo la via del privilegio o dei benefici per pochi a scapito del bene di tutti, presto o tardi la vita sociale si trasforma in un terreno fertile per la corruzione, il narcotraffico, l’esclusione delle culture diverse, la violenza e persino per il traffico di persone, il sequestro e la morte, che causano sofferenza e che frenano lo sviluppo”. Insomma non troppi giri di parole per denunciare come la lotta alla criminalità organizzata si possa portare avanti solamente attraverso una cultura della legalità che interessi lo Stato e le autorità. E tutti sappiamo come in Messico questo sia un grande problema. Durante l’incontro con i rappresentanti della Chiesa messicana presso la Cattedrale di Città del Messico Papa Francesco ha ribadito il concetto, invitando i pastori ad affrontare il problema del narcotraffico, definito Ma soprattutto Bergoglio con il viaggio in Messico (Paese visitato anche da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) ha richiamato l’attenzione proprio sulle piaghe sociali di un Paese che in dieci anni conta oltre 200mila vittime di omicidi, 27mila desaparecidos e centinaia di migliaia di sfollati. Ma quello del narcotraffico è un tema che è diventato oggetto anche della politica americana, con gli Stati Uniti direttamente interessati in quanto Paese confinante a sud con il Messico e quindi frontiera di traffici e illegalità. E a tornare più volte sull’argomento è stato più di una volta il dirompente e mai banale Donald Trump, candidato repubblicano alla Presidenza degli Stati Uniti. In una intervista alla Fox infatti Trump aveva espresso tutto il suo disappunto per la visita di Bergoglio in Messico “Non penso che il Papa comprenda la gravità del pericolo per gli Usa rappresentato da una frontiera aperta col Messico. Penso che i messicani lo hanno spinto a fare questo gesto perché vogliono mantenere la frontiera perforabile, come è oggi. Loro ci guadagnano sopra una fortuna e noi perdiamo”. , quantomeno per le motivazioni che porta – debba portare avanti la tematica in chiave populista. Già questa la soluzione ideata per “proteggere” gli States e annunciata già la scorsa estate – Naturalmente le vivaci dichiarazioni di Mr. Trump non potevano passare inosservate e sono quindi diventate oggetto delle domande che i giornalisti hanno rivolto a Bergoglio nel corso della conferenza stampa sul volo di ritorno dal Messico. Questa la secca risposta del Pontefice: “Grazie a Dio ha detto che io sono politico, perché Aristotele definisce la persona umana come “animale politico”, e questo significa che almeno sono una persona umana. Io una pedina? Mah, lo lascio al vostro giudizio e al giudizio della gente. Chi pensa solo a fare muri e non ponti, non è cristiano. Questo non è nel Vangelo. Votarlo o non votarlo? Soltanto dico che se ha parlato così, quest’uomo non è cristiano”. L’abbraccio fra Papa Francesco e il Patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill (Photo Credit: Limesonline) Subito prima di recarsi in Messico però Papa Francesco ha fatto una tappa importante, incontrando all’aeroporto dell’Avana il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, Kirill. Cuba segna ancora una volta il Pontificato di Bergoglio, dopo la Se in quel caso a fu lo stesso Bergoglio a fungere da mediatore nei negoziati fra Cuba e gli Stati Uniti, stavolta è stato il Presidente Raul Castro a essere protagonista dello storico incontro fra il maggior esponente della Chiesa Cattolica e quello della Chiesa ortodossa russa: soprattutto per la storicità di un incontro avvenuto dopo quasi un millennio di separazione che rappresenta un altro importante passo nel cammino sul dialogo ecumenico portato avanti da Bergoglio in continuità con i suoi due predecessori. Francesco e Kirill al termine del loro incontro hanno firmato una nella quale hanno espresso le loro preoccupazioni comuni legate all’attualità (come ad esempio la situazione in Medio Oriente e i conseguenti flussi migratori) e sancito il loro storico incontro. Dichiarazione che Bergoglio ha tenuto particolarmente a definire Come previsto nessuna dichiarazione da parte di Bergoglio in merito allo stretto rapporto fra il Patriarca Kirill e il Presidente russo Putin – che il numero uno della Chiesa russa avrebbe definito in passato . Obiettivo dell’incontro era infatti il dialogo ecumenico e qualsiasi dichiarazione in merito al ruolo di Putin avrebbe distolto l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. In questo senso Bergoglio ha ancora una volta pensato e agito senza trascurare l’aspetto mediatico, tanto da mantenere segreti anche i contenuti della chiacchierata con Kirill prima della firma della dichiarazione congiunta. Per sapere cosa il Pontefice argentino pensa davvero dell’asse Kirill-Putin bisognerà aspettare la prossima puntata. Per il momento in Vaticano si è tornati al dialogo con la Chiesa russa. Dopo un millennio. 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