Contro la perfezione in cucina: “Cucinaremale” (ma vivere bene)

Cari lettori, questa settimana, dal 1 all’8 di novembre, The Bottom Up parlerà di cibo, in occasione della chiusura di Non parleremo solo di quello, anzi, sarà più che altro una scusa per far affrontare questo tema ai nostri autori, dal punto di vista dell’economia, della cultura e della politica. E non rinunceremo a provare a rispondere, a modo nostro, alla domanda posta da EXPO: A chi cucina così così non tutte le ciambelle gli riescono con il buco. , attivo da quasi due anni: principalmente raccoglie foto, postate in gran quantità ogni giorno dagli utenti, dei di cui essi stessi si sono resi responsabili nelle proprie cucine. , più che virtuale, è sorprendentemente omogenea e questo determina il grandissimo affiatamento e la solidarietà che animano gli scambi sul gruppo. Ho detto ‘solidarietà’ perché se si arriva a postare su o, se non altro, si stanno mettendo in crisi i valori oggigiorno dominanti sulle tivù, sulle riviste specializzate e nella è un gruppo di decostruzione ideologica, come direbbero i Wu Ming qui si smonta la narrazione tossica della Buona Cucina (che fa un po’ #labuonascuola, diciamolo) che ci vuole tutti capaci di affettare verdure senza riportare cicatrici da Vietnam, preparare riduzioni di liquidi senza strinarli, sapere che “guazzetto” , quella vera: i fornelli delle persone reali sono sporche come trincee del Carso e, come in quel tipo di circostanze, la bilancia tra gusto, salubrità, nutrimento e sopravvivenza pende decisamente verso quest’ultima – nonostante un classico del gruppo sia la foto in cui si mostra la data di scadenza (o semplicemente l’aspetto, con una definizione ostensiva) di un qualche alimento, come a dire: commilitoni, sto per lanciarmi all’assalto nella terra di nessuno, ricordatemi così. Per fortuna, questi tentativi di destrutturare la narrazione tossica con cibo verosimilmente Una quotidiana guerra, insomma, da una parte tra l’ossessione che viene più o meno sottilmente inflitta a noi del Primo Mondo che ciò che mangiamo dev’essere bello, buono, salutare e gioioso da preparare e, dall’altra, lo scontrarsi di questo mondo idealizzato (ma allo stesso tempo concretissimo, in quanto quotidianamente propagandato in tivù e venduto nei supermercati) con quelle che sono le condizioni materiali di vita dei non-cuochi che rappresentano una (non più!) silenziosa maggioranza c’è una storia di una persona che, molto spesso, non ha semplicemente tempo di darsi da fare oppure si lancia in ardite sperimentazioni o, altrettanto frequentemente, non ha proprio la passione per le pentole e il fuoco Oltre alle forze occulte della società, il più temibile avversario per uomini e soprattutto donne italiane sono coloro che in salute e malattia dovrebbero amarti e onorarti e invece sanno solo pretendere: i . Parliamoci chiaro: il mito della donna italiana casalinga abilissima cuoca, depositaria di segreti culinari che generazione di etnografi avrebbero ucciso per poter testimoniare, non esiste più, è ormai solo una , sono sempre più spesso lavoratrici e casalinghe part-time. Ma forse ciò che si è perso e peggiorerà con la generazione dei Millennials è la trasmissione del know-how. Perché le mamme e le figlie di oggi non hanno imparato una fava dalle nonne. Vale lo stesso per padri e figli, il cui comportamento conferma l’ipotesi, come riporta Elisa, la cui bambina in un tema di terza elementare ha scritto che il piatto preferito che cucina sua madre è la pizza epocale a diverse femministe. I bambini, si sa, nel loro candore sanno essere crudeli e nonostante tutto qualcosa nel DNA fa capire loro che, nonostante sia freudianamente fonte e oggetto d’amore infinito, la loro mamma non sa cucinare come dovrebbe, tanto che il quattrenne figlio di Silvia l’ha stesa dicendo: “mamma, una volta possiamo Giovani eredi a parte, ho scelto 6 categorie spirituali per abbozzare una cartografia del mare in cui naufragare, più che dolce, potrebbe essere un po’ abbondante di sale: Qui c’è la buona la volontà. O, più probabilmente, l’incoscienza dei propri mezzi. Questo è forse , quando le illusioni sono vivide e guardando la foto del piatto finito su Internet, si derubrica tutto con uno sprezzante quanto stolto “eccheccevo’?”. , la temperatura di ebollizione dell’olio o la dinamica dei fluidi. In quel caso, si rischia la vita (o di comprare una cucina nuova). “Ah ma non l’avevi spento tu il fuoco?” – Annabella T. bello. Se poi devi cucinarti tu, ancora meno. Magari non hai neanche voglia. Metti che non hai nulla in frigo. O metti che ce l’hai, ma sei negato da sempre. Qui e solo qui abita il disagio reale dell’uomo moderno. Pringles alla salsa barbecue, ricotta (?), un po’ di ragù e via che si esce a dominare – Sandy M. La creatività non è di casa in questa categoria: si ha poco e ci si accontenta. : l’impiattamento è importante, come Masterchef ci ha insegnato. Largo alla fantasia, quando la materia poco è poca e magari pure squallida. quando sai già che per rifarti la bocca dovrai approcciare il Vecchia Romagna- Melaney J. La fantasia è un ingrediente fondamentale per scavalcare la triste realtà con cui il nostro frigo ci fa scontrare ogni sera: è a quel punto che gli animi più estrosi si fanno ispirare dalla Musa e creano composizioni al di là di ogni ragionevole aspettativa – ma sempre senza avanzare troppe pretese nel rapporto estetica/edibilità degli alimenti. La scelta cromatica è stupefacente, come anche l’effetto spirale vs. brodo primordiale Da zucchina ripiena a progetto di scienze rappresentante l’eruzione di Ercolano – Dania S. Non tutti gli artisti però vengono compresi, specie se si tratta di arte astratta; se , il risultato finale potrebbe essere molto diverso da quello da cui sei partito. A quel punto scatta il percorso a ritroso: Ex-peperoni? Tibie umane? A volte è meglio non sapere (e non mangiare)- Victoria D. Neppure quello in basso a destra è convinto di cosa avrebbe dovuto essere – Ilaria P. ha sì ragioni da consegnare alla sociologia, alla storia dell’arte o più spesso ai NAS dei Carabinieri, ma è soprattutto un luogo dove rilassarsi e , cioè da un errore può generarsi qualsiasi cosa in modo imprevedibile. Daniela, che confessa candidamente di bruciare la cena perché si perde dietro ai videogiochi (nella migliore tradizione di cui accennavamo sopra) pur dotata di capacità “da alta cucina”, fa notare che funge anche un bagno di realtà, contro le illusioni di chi pensa di preparare qualcosa di bello e buono mentre invece non lo è: questo rilassa i nervi, come conferma Azzurra, liberandoci dall’ipocrisia dei sorrisoni da food-porn instagrammiano. La psiche dell’utente medio però tocca anche diverse criticità: se Simona lamenta un odio della cucina stessa nei suoi confronti, Roberta più romanticamente parla di come in un romanzo ottocentesco e che porta a una sublimazione tramite “perversioni” per le quali si cerca approvazione sociale nel gruppo (che per converso attira anche sadici come Chiara, che “cucin[a] benissimo, ma st[a] là per farsi grasse risate”). Maria Paola infine è rassegnata e spiega che la fame, ma il “velo pietoso” con cui guarnisce ogni sua creazione . Raffaella, più riflessiva, ha imparato ad accettarsi e ha capito che i ricordi della bambina costretta a “sbucciare come mele” delle polpette bruciate, non hanno prezzo e non valgono mezzo complimento di Bruno Barbieri. Chiudo questo pezzo con una dichiarazione di Lawrence, che davvero sintetizza tutto quello che rappresenta per noi imbrattapentole. E, sì, ho detto “noi” perché – lo ammetto – questa “Probabilmente penserai che cucinare male è frustrante. E non posso negare il contrario. Il vero problema è che siamo in un periodo in cui è diventato frustrante mangiare . La rete e i social network hanno esteso informazioni e immagini e bufale e mode facendo un unico grande minestrone che invece di completarci, sottrae. Carni rosse, quelle bianche, il cancro, gli integratori, la piramide alimentare, i vegani, i carnivori, i grandi chef, le giornaliste che fanno le chef, l’impiattamento, i termini che fino a poco fa mai usavano. Cucinare male non è bruciare la torta . Infatti sono convinto che qui da noi si mangi benissimo.” Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)