La TAV in Val di Susa: nessuna luce in fondo al tunnel.

Della serie: a volte ritornano. Martedì 14 maggio l’opinione pubblica italiana si è ricordata che, oltre alle tante “gatte da pelare” che ha il nostro paese, esiste e continua a permanere la questione attorno alla costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino- Lione. E’ di martedì 14 maggio la notizia che nella nottata le frange estreme dell’attivismo No Tav hanno assaltato a colpi di molotov e bombe carta il cantiere di Chiomonte, dove le imprese abilitate stanno proseguendo nella costruzione del tunnel in mezzo alla montagna dove passeranno i treni ad alta velocità. Si torna quindi a sentire le autorità politiche e giudiziarie evocare climi da “stagione terroristica”, di necessità di prendere provvedimenti urgenti. Il capo della procura di Torino, Gian Carlo Caselli, ha lanciato un appello alle istituzioni, chiedendo se c’è ancora la voglia di proseguire con il progetto o se è ormai diventato una perdita di tempo per il quale non vale più la pena proseguire, soprattutto per ragioni di pubblica sicurezza. Questa ennesima sollecitazione sembra essere stata recepita dal neo ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi, il quale ha annunciato che porterà la ratifica del trattato internazionale sulla Tav in parlamento. Sembrerebbe essere l’ennesimo tentativo di velocizzare una questione che ormai ha raggiunto i livelli di una commedia, soprattutto per i costi che ogni anno lievitano (siamo passati dai 12 miliardi di euro del 2002 ai 25 attuali) e per le proteste attorno al progetto che non diminuiscono. Nonostante tutto il potere pubblico italiano continua imperterrito nella realizzazione della linea in Val di Susa, forte anche dell’indebolimento del movimento No Tav, il quale, nonostante le numerose azioni di protesta negli anni, non è riuscito ad ostacolare il progetto. : dall’inizio degli anni ’90, cioè quando è partito il progetto, il traffico sulla linea è drasticamente diminuito, oltre al fatto che il costo crescente della sua opera peserà notevolmente sulle nostre finanze pubbliche già disastrate. Da questo punto di vista, ci chiediamo come mai non si attui un , forse il problema più forte (lo ha ammesso a stessa Ltf, Lyone Turin Ferroviare): nelle montagne dove dovrebbero passare le gallerie sono presenti notevoli quantità di amianto e uranio. Dall’altra parte della barricata però il movimento No Tav dovrebbe elaborare una : si ha l’impressione infatti che le frange antagoniste e radicali siano sempre più le vere forze dominanti della contestazione, rischiando così di fare entrare nella spirale di violenza anche l’ala non violenta, sia nelle azioni di sgombero delle forze dell’ordine dei vari sit in di protesta, sia nelle azioni della magistratura. Le azioni violente rischiano solo di aumentare una militarizzazione del territorio e la frattura tra la società civile e delle istituzioni che hanno perso qualsiasi contatto con le realtà locali, prendendo decisioni che rischiano di devastare un territorio naturale, sulla pelle delle popolazioni locali. : sono stati ormai presi degli impegni, con la Francia e con l’Unione Europea: sperare che i governi abbandonino il progetto è utopico; la soluzione sarebbe una sorta di azione condivisa da parte delle parti in causa, attraverso la creazione di un tavolo dove si possa arrivare alla ricerca di punti che soddisfino tutti. Anche qua però entriamo nel meraviglioso regno delle illusioni; la verità è che al momento vie d’uscita non se ne vedono, il muro contro muro continuerà mettendo in conflitto la fazione del progresso contro quella della resistenza e della salvaguardia del territorio. Un miraggio pensare che un giorno questa lotta potrà essere risanata dal dialogo?