E se fosse lo Stato a pagare le tasse a te?

Ok, parto dal presupposto che questo titolo ad effetto mi è costato la prima e la seconda laurea in economia, con immenso dispiacere dei miei genitori ed il cordoglio di tutta la comunità scientifica. Ma è per un buon motivo e adesso capirete il perché. sono due cose nettamente diverse – le prime servono a compensare lo Stato per un servizio che eroga su richiesta del cittadino; le seconde sono richieste dallo Stato per poter finanziare il suo funzionamento, anche se non c’è una controprestazione esplicita – nella letteratura economica, ormai da molti anni, si è diffusa l’idea che lo Stato possa erogare esso stesso una forma di sussidio alle famiglie in difficoltà e che tale sussidio prendesse il nome di . Ecco a che serviva il gioco di parole, ma torniamo seri. L’ idea di una Imposta Negativa sul Reddito fu avanzata nei primi anni ’40 da , politico britannico, ma solo negli anni ’80 ne fu formulata una vera e propria teorizzazione in ambito di politica fiscale da . L’impianto teorico alla base del NIT si compone di tre elementi essenziali: Y*, un livello di reddito standard minimo (tale livello è fissato tenendo conto degli standard di vita e altri elementi che incidono sulle condizioni di povertà); t, un’imposta sul reddito familiare di tipo “flat”, cioè piatta e uguale per tutti. Tutte le volte che il reddito effettivo della famiglia supera il livello del reddito standard minimo, tale differenza è utilizzata come base imponibile per calcolare le imposte sul reddito che la famiglia deve allo Stato ( ); nel caso contrario, cioè se tale differenza è negativa, sarà lo Stato a pagare l’imposta alla famiglia per permettergli di raggiungere un livello di sussistenza adeguato ( Anche se il ragionamento alla base di questo strumento è semplice e di facile comprensione, proprio come gli altri strumenti presentati da Luca e Andrea nelle scorse pubblicazioni, questo non significa che sia di facile applicazione. Difatti, Friedman proponeva questa Imposta Negativa in un mondo in cui il e, di conseguenza, anche le sue spese fossero limitate: questo significa riduzione drastica della spesa sociale e del livello di assistenza dello Stato verso i propri cittadini. Ma questo non è l’unico aspetto negativo (proprio come l’imposta!) che ne rende difficile la sua attuazione, almeno in Italia. Vi sono altri due aspetti interessanti da considerare. In primis, si dovrebbe riflettere su , operazione non sempre così facile e banale, e quale periodicità utilizzare per il calcolo dello stesso. In secondo luogo, in una società che diventa sempre più diseguale da un punto di vista della ricchezza, quali vantaggi potrebbe portare un’imposta di tipo “piatto”, cioè identica per tutti, che come risaputo non avvantaggia la redistribuzione della ricchezza? Quelli presentati qui sul The Bottonomics, sono solo alcuni degli strumenti su cui il dibattito si è imperniato negli ultimi anni e altri ne sono stati considerati in letteratura economica: ad esempio, il , che per alcuni aspetti potrebbe coincidere con l’Imposta Negativa sul Reddito di Friedman, ed il nelle sue più diverse sfaccettature e implementazioni (che per alcuni aspetti sono assimilabili a quanto letto negli articoli precedenti). Al di là di questo nostro sforzo “di comunicazione”, il nostro vero obiettivo è quello di promuovere la conoscenza su queste tematiche. Difatti, le ultime indagini statistiche condotte a livello europeo mostrano una situazione di stallo in cui , molto poco. Oltre al vecchio, anche il nuovo mondo e l’oriente non sono più ruggenti come una volta: che potrebbero esplodere da un momento all’altro. Globalmente parlando, la crescita economica è piatta e, dove c’è, è guidata dal . Quest’ultimo, a sua volta, è considerato da sempre il male assoluto, tanto è vero che da secoli le classi che svolgono lavori meno qualificati o facilmente rimpiazzabili temono la bestia della al pari della peste. Ma il progresso tecnologico è inevitabile e tende a diffondersi nel mondo produttivo ad una certa velocità, soprattutto quando diventa a buon mercato come in questo momento storico. Grazie ai progressi negli ambiti dell’ , la disoccupazione tecnologica potrebbe colpire anche le classi di lavoratori più qualificati perché ormai le macchine leggono come noi, capiscono come noi e, cosa che non era mai successa prima, apprendono e pensano come noi. Ma senza crescita, o meglio con la scarsa creazione di ricchezza concentrata per lo più nelle mani di pochi, e senza la creazione di nuovi posti di lavoro (si stima che ogni 3 posti di lavoro che vengono distrutti dal progresso tecnologico attuale, solo 1 ne venga rigenerato) chi comprerà i beni che Amazon spedisce in tutto il mondo? E chi spenderà centinaia di euro per comprare l’ultimo iPhone o l’ultimo Gear Smart Watch? Il crollo della domanda sarà inevitabile e bisognerà ripensare un po’ tutto il sistema Una possibile soluzione è l’adozione di politiche atte a sostenere, con un importo monetario, la domanda di base , soluzione che ormai da tempo è entrata nei dibattiti economici di mezzo mondo. E a noi interessava che voi ne foste a conoscenza. Click to share on Facebook (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per inviare l’articolo via mail ad un amico (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)