Bougainville – Bougainville (2019)

, ha finalmente reso pubblico il lavoro che lo impegna da anni nel sottobosco dei Campi Elisi della musica elettronica. Bolognese d’adozione ma radicato nella patria di Gaetano Salvemini (trovando così l’ideale nell’essere concittadino di Gianluca Basile, uno che a Bologna ha fatto successo) potrebbe in realtà essere un perfetto producer d’Oltrecortina, se ci limitassimo ad ascoltarne la sua musica senz’altro sapere. ) e le sonorità delle sei tracce, una sorta di affilata fuliggine è quella che pervade i polmoni all’ascolto della Philosopher, c’est chercher, c’est impliquer qu’il y a des choses à voir et à dire. Or, aujourd’hui, on ne cherche guère. Un mondo messo a ferro e fuoco, in un certo senso desolato, e pur tuttavia ancora in azione. La penultima traccia si intitola ma di trascendenza, financo terrena, non v’è traccia. Di approdo salvifico, neanche a parlarne. , una versione ricromatizzata del serpente preferito da Kobe Bryant. Una sorta di incubo senza fine al sapor d’ è quello che Mastandrea, filosofo laureato e organista diplomato, sorprendentemente offre all’ascolto. invita invece al sincretismo e le lontane voci umane, pur amichevoli, finiscono quasi letteralmente giù per lo scarico di ritmi incessanti e sovrapposizioni studiate che hanno un che di dusseldorfiano. Un riferimento contemporaneissimo dal punto di vista non tanto sonoro quanto di alcune scelte è lo chtulucenico di Dialect, 2018. Certo è che la ricerca del producer pugliese non è arrivata a un punto di compimento, ma è capace di scavare ancora più in fondo negli abissi di una disperazione confusa a bordo di un Train Grande Vitesse diretto verso un futuro che non ci appartiene più e che difficilmente potrà appartenere a chiunque altro. Torneranno le piante a impossessarsi degli esoscheletri arrugginiti?