Go West! Accoglienza e conseguenze dei flussi migratori interni all’UE

: questi quattro principi sono fra i pilastri ideologici su cui si fondano gli ordinamenti dell’Unione Europea. La libera circolazione di persone, in particolare, è alla base degli : ci permette di viaggiare senza visti, di trasferirci e iniziare un lavoro senza dover chiedere permessi, di Negli ultimi anni, gli accordi di Schengen non hanno avuto vita facile: . Paesi come Francia, Norvegia o Germania, per citarne solo alcuni, continuano da anni a rinnovare questa sospensione con motivazioni legate alla sicurezza. Di fatto, per bloccare l’ingresso di migranti. I flussi provenienti da paesi esterni all’Unione negli ultimi anni hanno creato situazioni di tensione in corrispondenza di diverse frontiere, e addirittura Forse potersi muovere liberamente non è tanto comodo quando possono farlo anche gli altri. Forse i cittadini europei si sono dimenticati quanto fosse complicato viaggiare prima dell’Unione Europea. Forse è proprio è stata già ampiamente (e con un certo compiacimento negativo) smentita in Italia. Una delle idee più resistenti legate alla libertà di movimento delle persone è il . Un esempio che domina le prime pagine da un paio d’anni è il ha messo al centro del dibattito proprio questo tema, in uno dei paesi che ricevono i flussi più intensi di migrazioni interne al continente. Gli inglesi sarebbero stufi di farsi rubare il lavoro e abbassare gli stipendi dagli stranieri Ma la perfida Albione non è che la punta dell’iceberg, il caso che ha ricevuto più attenzione mediatica negli ultimi anni. Senza andare lontano, nella tollerante e moderna di cittadini locali che avessero perso il lavoro in favore di immigrati dall’Est Europa. ha accolto nell’Unione paesi come Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria. Più di un decennio dopo, secondo il think tank Carnegie Europe, rimane . I paesi dell’ex blocco sovietico sono diventati terre di emigrazione, e tra i due blocchi est e ovest dell’UE si è creato , alimentato da disparità economiche e profonde differenze culturali. Da questo sono nati luoghi comuni e problemi. da tanti anni. In Italia non ha preso altrettanto piede, perché da noi il fenomeno più evidente di migrazione dall’est sono le badanti romene. , fino a superare il milione di persone e scavalcare gruppi di migrazione storica come albanesi e marocchini. Lo stereotipo dei migranti che peggiorano le condizioni lavorative dei paesi di accoglienza è Quali sono gli effetti dell’espatrio su chi parte e quale accoglienza trovano questi “migranti interni” all’Unione Europea, soprattutto in un momento storico in cui muri e confini godono di allarmante popolarità? Le prospettive non sono particolarmente rosee se si prende in considerazione la fascia più numerosa di espatriati: , dove è richiesto solo un livello base di educazione. Come afferma . Al problema contribuiscono anche le profonde differenze nei livelli di sviluppo e welfare nei paesi dell’Unione. Questi elementi vanno a creare situazioni in cui è facile per datori di lavoro e intermediari provenienti da paesi con stipendi e contributi più bassi. Il meccanismo si trasforma facilmente in sfruttamento. Wagner riporta un episodio: nel 2010, nel cantiere della centrale termoelettrica di Uksmouth, , e una parte del loro stipendio veniva decurtata illegalmente per l’alloggio. Se però vogliamo tornare a parlare della comunità romena in Italia, la situazione non è migliore. Per citare dal I settori prevalenti di inserimento (edilizia, agricoltura e servizi alla persona) sono quelli dove più diffusi sono fenomeni distorsivi del mercato del lavoro come il lavoro nero, il caporalato e lo sfruttamento della manodopera straniera : la cronaca dei quotidiani italiani registra frequentemente l’emersione di casi che vedono vittime cittadini romeni in ogni angolo della Penisola, dal ragusano al veronese, dalle Langhe al gallurese. […] Altro risvolto negativo della situazione occupazionale è il Nel settore del badantato, vitale al punto da aver creato un vero e proprio stereotipo, vale la pena parlare della , una lettura essenziale e difficile. Una piaga che spesso porta chi si prende cura dei nostri anziani nei casi ‘migliori’, si crea un senso di profondo sradicamento nel momento in cui queste donne tornano a casa dopo essere state via per lunghi anni. Altre vittime sono i figli, cresciuti a volte dai nonni, altre dai vicini, o da soli in orfanotrofi, i cosiddetti orfani bianchi . Anche loro soffrono di depressione e a volte si suicidano. In questo stato di cose, tra una crescente tensione nei paesi di accoglienza e – almeno nel caso della Polonia – la speranza data dalla crescita economica nei paesi d’origine, non sorprende come da qualche anno a questa parte, Una crescente percentuale di polacchi ha deciso di ritornare dopo il voto a favore della Brexit , per un senso di rifiuto e di incertezza legato al paese che li ha accolti. Il primo ministro Mateusz Morawiecki ha espresso felicità per il flusso di ritorno, e ha aggiunto, rivolto al Regno Unito: “ridateci il nostro popolo”. il numero di romeni che scelgono l’Italia come meta è diminuito costantemente negli ultimi anni; adesso anche loro si spingono verso il nord Europa, Germania, Francia, Regno Unito, paesi che offrono migliori condizioni di lavoro e ritorni economici. L’Italia è un esempio particolarmente complesso, essendo sia terra di arrivo che di partenza. Enrico Pugliese, professore emerito di Sociologia del lavoro alla Sapienza di Roma, ha pubblicato nel 2018 , dove analizza le ondate migratorie dal nostro paese negli anni recenti. “Nel Mezzogiorno, per effetto delle partenze delle classi in età fertile e da lavoro, si assiste a un vero e proprio tsunami demografico, mentre i tassi di disoccupazione continuano a mantenersi altissimi. Dal Mezzogiorno italiano si emigra, infatti, non solo verso l’estero, ma anche verso il nord per studiare e per trovare occupazione. . Completano la loro preparazione nell’Italia settentrionale e poi lasciano il nostro Paese”. Io sono cresciuta in Sardegna, e durante la mia adolescenza il concetto di andare “in continente” per studiare e lavorare era estremamente normale , quasi scontato. Ovviamente, non tutti sono poi partiti, anzi molti sono rimasti, ma molti di quelli che sono partiti non hanno fatto che allontanarsi progressivamente. Di tanto in tanto qualcuno torna e altri decidono di partire. Io stessa sono partita in direzione nord progressiva, da Pisa a Venezia per approdare in Germania. . “Chi parte” non è una categoria fissa, ma si evolve nel tempo, e al momento pare che i pensionati abbiano scoperto l’espatrio. Molti di loro partono per trascorrere gli anni della pensione in paesi con un clima gradevole o con costi della vita più convenienti. In altri casi si tratta però dei cosiddetti : persone vicine alla pensione, che cercano opportunità all’estero perché hanno ancora necessità di maturare anni di contributi (la fascia dai cinquanta in su) e magari mantenere i figli. Un’altra figura in crescita è quella del , anziani che si riuniscono ai propri figli, ormai stabiliti all’estero. Ad ogni modo, è sempre più evidente che le migrazioni all’interno dell’Europa non sono un blocco unico. Se si osserva il fenomeno da vicino, si individuano . E si scoprono alle radici delle partenze gli stessi impulsi e bisogni di tutti: la famiglia, le necessità economiche, la ricerca di stabilità. Storie che provengono dai quattro angoli del continente, ma con trame in fondo molto simili. Storie che vale la pena conoscere, nella loro difficoltà e nella loro speranza.