Il racial profiling ha già fallito, ma negli States è ancora la prassi

Il racial profiling ha già fallito, ma negli States è ancora la prassi

If you’re black you might as well not show up on the street . Il testo denuncia senza mezzi termini un fatto di cronaca reale, le vicissitudini giudiziarie di , pugile professionista (nero) accusato ingiustamente di triplice omicidio nel 1966. Carter scontò ben 19 anni di carcere, prima di essere assolto in appello dalla Corte Federale perché il processo sarebbe stato inquinato da . Il pugile, dalla cui autobiografia è tratto anche il film (1999), ebbe effettivamente, fin dall’infanzia, piccoli problemi con la giustizia, che lo portarono ad essere conosciuto, per non dire perseguitato, dalle forze dell’ordine di Paterson, New Jersey. Hurricane è l’ennesima vittima collaterale di un sistema di polizia che troppo spesso ricorre al si intendono tutte quelle pratiche discriminatorie messe in atto da funzionari di polizia con lo scopo di individuare i presunti autori di reato sulla base di piccoli precedenti, razza, colore, origine etnica, religiosa o nazionale. Quindi in sostanza , tanto più difficili da individuare se gli agenti decidono di agire sulla base di un mix di motivazioni, tra le quali può comparire anche un’effettiva violazione della legge, sebbene di solito si parla di reati minori (guida ad alta velocità, disturbo della quiete pubblica, piccolo spaccio, furto). , o comunque persone dalla pelle scura. Questi trattamenti discriminatori non si limitano purtroppo a fermi e perquisizioni, che sono ad ogni modo rappresentativi della discrezionalità con cui viene esercitato il potere, ma Basta un atteggiamento oppositivo, una postura sbagliata, qualche forma di protesta. La realtà è che spesso nemmeno l’arrendevolezza più completa, o la sostanziale mancanza di prove circa la fattualità dei reati, bastano a tenersi stretta la propria esistenza. , uccisi ad un giorno di distanza l’uno dall’altro rispettivamente il 5 e il 6 luglio 2016 in Louisiana, hanno attirato molta attenzione mediatica, contribuendo ad evidenziare la frequenza degli abusi verso la componente “nera” della popolazione. Sebbene i neri rappresentino solamente il Un nero ha il triplo delle possibilità di essere fermato rispetto ad un bianco. La percentuale di neri disarmati uccisi dalla polizia risulta essere 5 volte superiore alla percentuale di bianchi. Per la maggior parte corrispondono al , con un’età media tra i 18 e i 35 anni, ma tra le vittime compare anche qualche donna. Nel 2015, solamente in 10 casi (su 102), gli ufficiali di polizia coinvolti nelle uccisioni sono stati chiamati a rispondere dei propri atti. La che il corpo di polizia gode da parte di magistratura e giustizia offre di fatto una legittimazione all’uso ricorrente, eccessivo e non giustificato della violenza. Ed evidenzia un rapporto non scevro da legami clientelari e favoritismi. Il sindacato di polizia parla il più delle volte di “legittima difesa”. Di fatto, anche laddove , il 97% degli agenti non viene nemmeno incriminato. Aspetti che non hanno fatto altro che aumentare la rabbia delle comunità afroamericane, sollevando ondate di proteste e manifestazioni in tutti gli Stati Uniti (nota a tutti è l’associazione Se a morire fossero persone bianche, la loro morte avrebbe lo stesso scarso valore? La risposta, devastante nella sua crudezza, è no. Condensata nelle parole di , per portare a un livello superiore l’assalto al nostro corpo. Ma una società che protegge alcuni attraverso la rete di sicurezza (…), e che pensa di proteggere te solo con il bastone della giustizia criminale, ha fallito nel realizzare le sue buone intenzioni, oppure è riuscita in qualcosa di ben più oscuro”. colgono impreparati, lasciano basiti, tolgono il respiro. Ci si sente smarriti di fronte all’esercizio extra-legale della forza da parte di coloro a cui deleghiamo la gestione della . Le coscienze si affannano alla ricerca di una spiegazione plausibile, che acquieti i dubbi, come se sviscerare le circostanze delle uccisioni possa far emergere elementi a supporto della retorica della morte inevitabile, prezzo da pagare per garantire alla maggioranza di godere di una società sicura Non si tratta nemmeno di iniziative mosse da impulsi razzisti del singolo soggetto. Perché , un esercizio della violenza trasversale alla società, funzionale a mantenere un determinato status quo, a legittimare il saccheggio e la conquista in epoca coloniale, e a preservare ancora oggi il privilegio di una certa componente bianca della popolazione, quella che trae beneficio da determinate segmentazioni di classe e razza, produttive, distributive e di genere, che si proiettano nella costruzione di un’identità nazionale circostanziata ed escludente. che, in nome di una ben determinata gestione/controllo del territorio e della comunità, opprime le fasce più vulnerabili con politiche repressive, relegandole alla base della scala sociale, in una guerra ai poveri che è indissolubilmente legata al mantenimento dei confini, razziali e di classe. “ è una pratica che abbiamo visto consolidarsi negli Stati Uniti dopo l’11 settembre, quando a fare le spese del generale clima di panico e sospetto sono state pressoché tutte le persone provenienti dai Paesi arabi e musulmani, senza peraltro alcun collegamento con gli attacchi terroristici. Aspetti biologici, culturali e comportamentali diventano il pretesto per stigmatizzare un’altra categoria di persone: gli . Aggiungendo in questo modo un altro confine astratto e tuttavia escludente, quello della cittadinanza. L’intersezione tra gli ordini esecutivi sull’immigrazione voluti da Trump, incarcerazioni di massa e ancora sconvolta dagli attentati terroristici, delineano uno scenario chiarissimo: una morte “accidentale” per soffocamento e una violenza sessuale avvenute durante “regolari” controlli d’identità, evidentemente svolti su base razziale. Si , la violenza è funzionale a far credere che queste dinamiche di disuguaglianza e negazione di diritti non possano cambiare. Ripenso a qualche settimana fa, quand’ero seduta a bere un caffè in stazione Termini a Roma, in attesa del treno che mi riportasse a casa. Mai, nemmeno per un secondo, ho pensato che qualcuno avrebbe potuto fermarmi e chiedermi di mostrare i miei documenti. Bianca, giovane, donna. Nell’ora in cui sono rimasta seduta, i due carabinieri di servizio all’interno della stazione hanno fermato 5 ragazzi. Tutti uomini, tutti presumibilmente di origine araba o nordafricana. Accanto a loro è passata una ragazza, con sé aveva una borsa di stoffa con sopra scritto “ Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)