“Neruda”, il fuggitivo vizioso di Pablo Larraín

“Neruda”, il fuggitivo vizioso di Pablo Larraín

irriverente del Partito Comunista del Cile. Del quale, fin dal primo fotogramma, verrà delineato un ritratto di uomo antipatico e borioso. si innesca fin dalla prima sequenza: siamo in un bagno pubblico, è il ) si difende dalle accuse di tradimento rivolte da alcuni politici lì presenti, concludendo la sua invettiva con un bell’invito ad andare al diavolo. La premessa storica viene omessa nel film, ma l’errore del senatore fu quello di . Divenuto Presidente, le scelte politiche autoritarie del politico si rivelarono molto distanti da quanto promesso in campagna elettorale: la violenta repressione contro i minatori in sciopero e la messa al bando del PCCh costrinse i comunisti a prendere pubblicamente le distanze. Per questo motivo Neruda fu accusato di tradimento per offesa al prestigio della patria. Di tutto questo, Larraín ci mostra solo la celebre contro l’insinuazione di  lanciatagli dal Presidente, e nella quale elencò i minatori tenuti prigionieri dallo Stato. . Questo stesso avvenimento diventa il motore dell’intreccio, fino ad ora raccontato dalla , che sembra spiare il poeta dal buco della serratura di ogni porta nella quale si infila. Dal registro storico si passa a quello del , perché ha inizio una vera e propria caccia all’uomo: scopriamo che il narratore è il ), l’uomo incaricato di trovare e arrestare il senatore, il suo aguzzino. Risuonano in questa scelta non troppo originale gli echi di numerose altre pellicole (recenti e molto diverse tra loro, , fintanto che le loro identità non si mescolano, in un reciproco rapporto di dipendenza. , disvela un po’ alla volta l’evidenza; persecutore e perseguitato, Peluchonneau e Neruda, inseguono in realtà lo stesso sogno: fare di se stessi un e lasciare una traccia nella storia, poco importa con quali mezzi. L’uno vorrebbe diventare eroe catturando il grande traditore, e servendo lo Stato fascista, mentre l’altro trasformandosi nel più celebre ricercato del Cile, a tratti accarezzando l’idea del martirio. Due personaggi alquanto controversi. Larraín mostra quelli che – a suo parere – sarebbero i abituato a una vita fatta di lussi e privilegi. Come si definisce lui stesso , che può permettersi di rendere questa fuga avventurosa come nei che tanto ama, perché circondato da compagni e amici disposti a coprirlo, mettendo a repentaglio la loro stessa vita. Mentre il Prefetto, che rientra nel tipico stereotipo dello statale ottuso e vanaglorioso, dimostra d’altra parte di essere un attento lettore delle odi, citandole nel dettaglio (“la cipolla disgustosa”). Pablo Larraín ha voluto omaggiare quindi i gusti letterari del poeta, amante appunto del poliziesco, ma la scelta non tiene: i due personaggi sono pedine di un bel gioco meta-cinematografico privo di contenuti, dove (la moglie, i compagni che lo coprono). Esattamente la parte che il Prefetto non vuole ricoprire. , legati tra loro dalla continuità del discorso. Un film pretenzioso e forse sopravvalutato dalla critica, che sminuisce il , ridotta a semplice significante recitato a memoria, mai sincero motore dell’azione sociale. Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)