Venezia è la seconda città più visitata d’Italia, secondo i dati dell’Istat: ogni anno circa 13 milioni di turisti affollano la città storica, numero che sale a 30 milioni se si considerano gli escursionisti giornalieri. È un carico non indifferente per una città che conta poco più di 50.000 abitanti e che si sta spopolando proprio a causa dell’overtourism. A inizio giugno le calli veneziani si sono riempite di cartelli recanti la cifra 49.999, una protesta silenziosa ideata dall’associazione Venessia.com contro lo spopolamento della città e l’inazione della classe politica. Complice l’esplosione dell’economia di piattaforma, per residenti e studenti sta diventando sempre più complesso trovare casa e, con lo sblocco degli sfratti, questo per molti veneziani significa dover abbandonare la città. “Ci sono molteplici attori diversi in competizione per lo stesso bene limitato: Venezia non può espandersi fisicamente e la disponibilità di case è limitata; quindi, se ci sono usi in contrapposizione vince l’uso più forte, le categorie svantaggiate rimangono senza e devono andare in terraferma” spiega Clara Zanardi, autrice di Bonifica umana. Venezia tra turismo e esodo in un’intervista per The Bottom Up.
L’esodo dei veneziani tra bonifica umana e overtourism
L’esodo dei veneziani non è un fenomeno nuovo. A inizio ‘900, Venezia vantava una popolazione di quasi 130.000 abitanti nella città storica, di cui la gran parte proveniente dalle classi popolari. “Nella città storica c’erano delle sacche di povertà enormi. Addirittura, 50.000 persone, cioè l’equivalente della popolazione attuale di Venezia, erano assistite dagli istituti di carità” spiega Zanardi. “Tutto questo ovviamente non piaceva alle classi dirigenti, perché si cominciava a capire già in quegli anni molto chiaramente che la bellezza estetica dello spazio potevano potevano essere commercializzati per creare profitto.” La volontà di rendere Venezia storica un simbolo a livello regionale e nazionale, attribuendole funzioni rappresentative e rendendola una meta del turismo d’élite, spinse la classe dirigente ad attuare una serie di politiche volte ad allontanare le classi popolari dal centro città. La costruzione di porto Marghera nel 1917 è una tappa fondamentale dell’esodo dei veneziani verso la terraferma, esodo che fu di fatto “incoraggiato finanziariamente, socialmente, in tutti i modi possibili.”

L’esodo, o come lo chiama Zanardi rifacendosi ad un’espressione usata spesso dalla classe dirigenziale degli anni ‘30, la “bonifica umana”, non nasce come conseguenza del turismo. Tuttavia, l’avvento del turismo di massa non ha fatto che esacerbare il fenomeno, al punto che, secondo Zanardi, oggi si può dire con certezza che il turismo è una delle cause principali dello spopolamento della città. Infatti, come ha spiegato a The Bottom Up Giacomo-Maria Salerno, membro di OCIO, l’Osservatorio Civico indipendente per la casa e la residenza e autore del saggio Per una critica dell’economia turistica, “lo stabilirsi in una ‘monocoltura turistica’, ossia di un’industria che fa della città la sua principale risorsa attraverso lo sfruttamento turistico, fa sì che tutti gli aspetti della vita quotidiana vengano ostacolati in tanti modi dalla presenza critica di turisti.”
Emergenza abitativa: “pochi e ridicoli” interventi contro una situazione
L’overtourism modifica il modo in cui i cittadini percepiscono e vivono la propria città: si trovano a fare i conti quotidianamente con la saturazione dei mezzi di trasporto, la congestione degli spazi pubblici e la trasformazione dei negozi di beni essenziali in negozi di souvenir. Soprattutto, devono fare i conti con la scarsità di alloggi, sottratti ai residenti a favore del mercato turistico.
“Se cerchi casa, nelle agenzie ti chiedono: sei un residente? Se dici sì, ti dicono: mi dispiace non abbiamo niente per residenti” racconta Zanardi. Chi riesce a trovare casa, la deve pagare a un valore di mercato che è tra i più alti d’Italia. I dati raccolti da OCIO, l’Osservatorio Civico indipendente per la casa e la residenza parlano chiaro: nel 2019 il numero dei posti letto per uso turistico (alberghiero ed extra-alberghiero) era pari a quello dei residenti. A questa crescita incontrollata ha contribuito il boom dell’economia di piattaforma, cioè Airbnb e simili: per i proprietari di case e appartamenti è più redditizio affittare a breve termine a turisti di passaggio piuttosto che a residenti e studenti. Nel 2019, il 92% delle strutture ricettive in città storica era costituito da alloggi privati affittati a breve termine. Con la fine del blocco degli sfratti, introdotto all’inizio della pandemia, si sono moltiplicati i casi di proprietari che non hanno rinnovato i contratti di affitto agli studenti.

Altro fattore che contribuisce all’emergenza abitativa a Venezia è il degrado dell’edilizia residenziale pubblica. Secondo Zanardi, a Venezia ci sono 2500 case popolari sfitte: sono abitazioni che non possono essere riassegnate perché non sono a norma o necessitano di restauro. La messa a norma e il restauro delle abitazioni, però, costano, quindi spesso si preferisce chiuderle, andando a ridurre il bacino delle case popolari. Il problema, spiega Salerno, è che a Venezia “tutte le volte che si progetta e realizza un intervento di rigenerazione urbana o di riqualificazione la destinazione pensata da queste amministrazioni senza fantasia è sempre una destinazione di fatto turistica”. L’edilizia residenziale insomma è lasciata allo sbando, mentre si continua a investire per aumentare i flussi turistici. La classe dirigente, infatti, non sembra intenzionata a invertire la rotta per arginare l’esodo dei veneziani. Anzi, si sta procedendo ad ampliare le infrastrutture a scopo turistico, per esempio allargando i canali ed espandendo l’aeroporto con l’obiettivo di raddoppiare i flussi turistici nei prossimi 10 anni.“ L’amministrazione Brugnaro non è assolutamente attenta né interessata alla questione della residenzialità. I pochi, ridicoli provvedimenti che sono stati presi sono puramente di facciata e non hanno avuto alcun impatto sul trattenimento degli abitanti, o non sono stati proprio realizzati” denuncia Zanardi.
Un esempio di questi provvedimenti di dubbia utilità è l’introduzione del ticket di accesso per tutti coloro che vogliano visitare Venezia in giornata: approvata nel 2019 dalla Giunta comunale e slittata al 2023 a causa del Covid, la misura sta facendo discutere sia per la sua effettiva efficienza che per la dubbia costituzionalità. “Qualora fosse messa in atto, l’iniziativa sarebbe un colpo simbolico e materiale molto grosso, perché afferma che la città in cui stai entrando è in primo luogo una destinazione turistica e solo in un secondo momento una città”, dice Salerno. Promossa dall’amministrazione comunale come un provvedimento a favore dei cittadini, l’introduzione del contributo di accesso è ben lontano dall’esserlo, perché non agisce a monte del problema (dove anzi si sta pompando per aumentare i numeri del turismo), ma si limita a lucrare sugli ingressi dei visitatori.
Il ripopolamento? Possibile, ma “bisogna cambiare drasticamente la direzione in cui si pensa lo sviluppo della città”
Lo spopolamento, così come il ripopolamento, è innanzitutto una scelta politica. Secondo le tante associazioni veneziane che si occupano di diritto alla città, far tornare i veneziani nella città antica è possibile, ma servono provvedimenti mirati che tengano conto delle problematiche dei cittadini, a partire dall’emergenza abitativa. “In primo luogo, bisogna intervenire sull’uso speculativo della casa regolamentando le locazioni turistiche”, spiega Salerno. A questo proposito è nata Alta Tensione Abitativa, una proposta di legge volta a ristabilire il diritto all’abitare nelle città turistiche. L’iniziativa, promossa da un gruppo di associazioni veneziane tra cui OCIO, vuole fornire ai Comuni uno “strumento concreto per limitare la diffusione incontrollata delle locazioni brevi, al fine di salvaguardare la residenzialità”, si legge sul loro sito web.
Parallelamente, serve una politica di agevolazione degli affitti residenziali e di rifinanziamento delle case popolari, affinché siano messe a norma e rese abitabili dalle centinaia di famiglie che sono in lista d’attesa. “Al di là della regolamentazione del turismo”, sottolinea Zanardi, “bisognerebbe lavorare molto sull’aumentare lo spazio dell’abitare, cioè quei servizi di cui gli abitanti hanno bisogno e che stanno sparendo”, come per esempio negozi di beni essenziali, asili e ospedali.
È insomma convinzione comune che se si vuole salvare Venezia dallo spopolamento, bisogna cambiare drasticamente la direzione in cui si pensa allo sviluppo della città. Se invece si continua a pensare Venezia come un parco a tema in cui estrarre risorse e denaro a partire dall’economia turistica, si sancisce la scelta di perdere del tutto la città”, conclude Salerno.
Veronica Calienno
Foto di copertina: Reuters
2 pensieri su “L’altra faccia del turismo: lo spopolamento di Venezia”