Terzo articolo di questo progetto sull’acqua in Tanzania. Nella prima parte è emerso che a una buona fetta della popolazione manca l’acqua pulita. Le cause: cambiamento climatico che porta la siccità, combinati con una pessima gestione delle risorse idriche. Nella seconda parte raccontiamo come la siccità porti all’aumento delle malattie legate all’insicurezza dell’acqua. Il problema colpisce soprattutto per le comunità rurali, soggetto di questo reportage.
MSANGA, Tanzania – Il villaggio di Msanga si trova nel distretto di Kisarawe, a poco più di 3 ore di macchina da Dar es Salaam. Lo si raggiunge percorrendo un breve tratto di strada asfaltata, poi si prosegue per circa 75 km sui tragitti di terra rossa. Msanga si trova sulla cima di una collinetta, e fa caldo, molto caldo.

Mjangi è il capo villaggio di Msanga, eletto democraticamente dagli wanjamii, ovvero i membri della comunità, che sono circa 720. Ogni famiglia ha tra gli 8 ed i 16 componenti e, secondo Mjangi, ha bisogno di 60 litri di acqua al giorno, per dare una dimensione, in Italia il consumo medio di acqua a persona è di circa 240 litri al giorno.
A Msanga la stessa acqua che è usata per bere è usata anche per cucinare, lavarsi, lavare i panni, costruire le case di fango e far abbeverare i polli, mentre gli alberi da frutto (manghi, arance, banane e jack fruits) sono alimentati direttamente dalle piogge. “In Tanzania abbiamo due stagioni delle piogge. Una è tra Aprile e Maggio, l’altra è tra Ottobre e Novembre. Ma quest’anno queste ultime non sono ancora arrivate, le stiamo aspettando. Speriamo che arrivino presto”. Effettivamente le piante sono sofferenti, e il terreno è molto arido, nonostante questa parte dell’Africa sia caratterizzata da una natura rigogliosa.
Ad oggi, l’acqua piovana è un bene prezioso perché non idrata più solo gli alberi, ma anche i wanjamii. L’acqua viene raccolta in dei secchi dalle singole famiglie, “ma quando non piove, come adesso, camminiamo fino alle due fonti più vicine per procurarcela”. Gli abitanti di Msanga sono fortunati rispetto ad altri villaggi in cui i bambini devono camminare anche 8/10 km prima di raggiungere l’acqua. Sono quasi sempre i bambini a prenderla, perché parte del tragitto lo dovrebbero comunque fare per arrivare a scuola. La Piccola fonte, la più vicina, è a soli 20 minuti; anche se per raggiungerla a piedi la strada è estremamente ripida.

La Grande fonte, la principale, è 3 km più avanti, e in quella c’è l’acqua tutto l’anno. Invece la Piccola, quando non piove per molto, si prosciuga. In entrambe le fonti l’acqua è stagnante, nella Grande ancora di più. Ma prima di berla non viene né bollita né filtrata, ma solo messa in un posto fresco. Al chiedere se siano consapevoli che quest’acqua trasmette malattie, Mjangi sorride: “Beh, questa è l’unica acqua che abbiamo, e alimenta tutto il villaggio. È una benedizione questa fonte!”.

Nel villaggio sanno che l’acqua non è pulita e che questo influisce sul loro benessere. Anche se mancano i dati per percepire fino a che punto, le difficoltà sono evidenti: “Non saprei dirti quanti malati di malaria ci sono, ma aumentano ogni anno. Semplicemente, c’è sempre gente ammalata e non contiamo quanti sono. Se dovessi fare una stima, su 20 persone che la prendono ne muoiono circa 2″. Il 10%. La colpa è dell’acqua stagnante, che crea un ambiente favorevole per la proliferazione delle zanzare, vettore principale della malattia.
Il secondo grande male causato dall’acqua sono le infezioni del tratto urinario.
“Ne soffriamo spesso, ma le donne di più. Ormai sappiamo riconoscerle, perché iniziano con i dolori di stomaco e la febbre, poi vengono le difficoltà nell’urinare, spesso c’è del sangue nelle urine, e sappiamo che se non ci curiamo per tempo possono intaccarci gli organi”. Queste infezioni sono dovute ai batteri, in particolare all’escherichia coli, che si trovano nell’acqua contaminata.
La politica delude la comunità
Nell’ SDGs Index, che misura il progresso di ogni paese verso il raggiungimento dei 17 Obbiettivi di Sviluppo Sostenibile, la Tanzania è 132ª su 165 (l’Italia è 26ª), e la gestione dell’acqua rappresenta un grosso limite. Sono moltissimi i villaggi in Tanzania a soffrire di questo problema. Mjangi, in quanto capo del villaggio, riferisce al capo della provincia, che è membro del Parlamento. “Il capo della provincia è venuto nel nostro villaggio due volte, è a conoscenza di questo problema, ma non sappiamo quando verranno presi provvedimenti”. Riuniti con noi ci sono i capifamiglia, meno diplomatici di Mjangi: “Le persone del governo vanno in giro soprattutto vicino alle elezioni, e la maggior parte dei provvedimenti vengono presi in quel periodo. Le prossime elezioni saranno nel 2025, nel 2024 verranno a dirci ‘votateci, vi faremo avere l’acqua pulita!’ noi voteremo e loro spariranno”.
Vicino alla scuola c’è un contenitore da 1000 litri, che è stato donato al villaggio da due benefattori 1 anno e mezzo fa. Anche se il finanziamento era privato, “il capo della provincia è venuto con i giornalisti, a far vedere che aveva fatto arrivare l’acqua pulita a Msanga, ma dopo 6 mesi la pompa si è rotta, abbiamo preso l’acqua con i secchi dal pozzo per un po’ e poi si è prosciugata.”


La soluzione esiste, Mjangi e i capifamiglia membri del consiglio del villaggio l’hanno individuata: c’è una fonte sotterranea a qualche chilometro da Msanga, dove l’acqua è pulita, o perlomeno non è stagnante. È troppo lontana per essere raggiunta a piedi, ma il desiderio più grande dei wanjamii è trovare i soldi per poter portare quell’acqua al villaggio. L’impianto costerebbe circa 600€, ma il villaggio non ha i soldi: “Abbiamo già venduto i terreni di proprietà comune per costruire le case per i maestri della scuola, frequentata da più di 220 bambini, che altrimenti non avrebbero potuto raggiungere Msanga quotidianamente. Adesso la nostra priorità è l’acqua.”
Lucrezia Ducci
Tutte le fotografie © Lucrezia Ducci