Francia protesta violenza

Nous Toutes, le femministe francesi contro la violenza di genere

Venerdì 28 gennaio 2022 a Parigi, in Francia, una donna di circa trent’anni è stata uccisa dal suo compagno. L’uomo è un agente di polizia, già noto per aver commesso in precedenza atti di violenza domestica. Mentre scriviamo, questo è il 12esimo femminicidio dell’anno nel Paese. I dati non sono sicuramente rassicuranti. Secondo il rapporto Mission sur les homicides del Ministero della giustizia, nel 2019 153 donne sono state uccise dal loro compagno o ex partner. Féminicides Par Compagnons ou Ex, collettivo che ricerca e raccoglie articoli di stampa che trattano di casi di femminicidi coniugali al fine di fare un censimento, nel 2020 ha contato 103 femminicidi, mentre lo scorso anno i casi sono stati 113.

“In Francia, un argomento molto sentito e problematico è la violenza di genere all’interno della coppia”, ci racconta Diane Richard, militante di Nous Toutes, collettivo contro la violenza sessista e sessuale. “Una donna su 10 è vittima di violenza per mano del proprio partner. Tra l’altro, quando si tratta delle giovani la situazione è ancora più grave: stimiamo circa 7 ragazze su 10, anche se è difficile da quantificare correttamente perché non sempre le ragazze si riconoscono fidanzate”.

Nous Toutes

Nous Toutes è un collettivo che nasce nel 2018 come risposta diretta al movimento #metoo.
Due delle fondatrici si sono riunite con lo scopo di organizzare la più grande manifestazione femminista nella storia della Francia. E così è stato: il 23 novembre 2019, in vista della la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, più di 150.000 persone sono scese in strada per dire no alla violenza sessista. L’anno successivo, a causa della pandemia, la manifestazione è avvenuta online, mentre nel 20 novembre 2021 hanno partecipato più di 50.000 persone.

Il nostro obiettivo è concentrarci sulla violenza di genere, far sì che se ne parli. In Francia è uno dei problemi principali, ed è un argomento che interessa tutti: metà della popolazione è una potenziale vittima, e una donna su 2 ha subìto violenza di genere”. Sebbene i dati possano sembrare eccessivi, Richard specifica il significato di violenza: ”non dobbiamo intenderla solo come fisica, ma anche psicologica e sessuale. Inoltre, in molti fanno fatica a credere che esista violenza sessuale all’interno di una coppia perché si pensa che bisogna concedersi al proprio partner anche quando non si vuole. In realtà anche in questo caso è violenza e bisogna riconoscerla come tale”.
A causa della pandemia da Covid-19 e dei vari lockdown, molte donne si sono ritrovate isolate e bloccate a casa con familiari e partner violenti. Secondo quanto riferito da Richard, si stima che in Francia la violenza di genere sia aumentata del 25%.

Il problema della giustizia

Un caso che ha suscitato particolare sdegno è stato l’omicidio di Éléonore Places, 27 anni, pugnalata a morte dal compagno. L’uomo era già stato denunciato per tentato strangolamento ed era noto alla polizia, ma ciononostante era libero.
Uno studio del Ministro della giustizia del 2019 mostrava già le molte disfunzioni nella gestione delle denunce e dei reclami: su 88 femminicidi, il 65% delle donne uccise aveva sporto denuncia in precedenza. Un recente sondaggio di Nous Toutes mostra risultati simili. Su 3.496 testimonianze raccolte, il 66% delle persone intervistate ha segnalato un scarso sostegno da parte della polizia quando volevano esporre denuncia per atti di violenza sessuale. In particolare, accade che gli agenti di polizia banalizzano l’accaduto, si rifiutano di accogliere la denuncia, nonostante ciò sia illegale, incolpano la vittima, porgono domande scomode e inappropriate, fanno commenti sessisti e discriminatori, ed esprimono solidarietà con l’imputato. “Si tratta di una doppia violenza: alla violenza di genere subita si aggiunge la violenza istituzionale “, commenta Richard. “Questa è la prova di come la giustizia non stia funzionando. Molte persone non denunciano proprio perché sanno che non si risolverà niente”.

Francia proteste violenze
Foto di Nous Toutes

Rivolgersi agli agenti di polizia non è l’unica strada. Per ricevere aiuto è possibile chiamare il numero 3919, gratuito, anonimo e attivo 24h e 7 giorni su 7, o contattare associazioni locali e nazionali che si possono trovare qui.
Inoltre è possibile rivolgersi agli “hébergement d’urgence”, centri antiviolenza presenti su tutto il territorio francese. Richard ci spiega che negli ultimi anni, durante il mandato presidenziale, il numero dei posti letti è aumentato. Nel 2017 erano circa 5100 i posti letto disponibili, mentre ora il numero è salito a 7820, e dovrebbero aumentare ancora di più nell’arco di quest’anno.
“Sicuramente è un buon risultato, ma non è decisamente sufficiente. Secondo una ricerca di Fondation des Femmes, quasi il 40% delle donne che hanno chiesto un posto letto non l’hanno ricevuto. Questi centri sono gestiti da organizzazioni e non hanno fondi a sufficienza. Servono più finanziamenti per ricoprire tutte le richieste”.

Educazione e prevenzione

All’inizio del mandato presidenziale, Emmanuel Macron aveva dichiarato che l’uguaglianza di genere sarebbe stata “la grande cause du quinquennat”, la grande causa del suo governo. In questi anni sono state approvate diverse normative in materia: ad esempio, con la legge del 27 gennaio 2017, il sessismo è diventato una causa di aggravamento delle pene.
“Allo stesso tempo, però, il presidente Macron ha nominato ministro degli interni Gérald Darmanin, accusato di stupro, e il ministro della giustizia, Éric Dupond-Moretti, il quale continua ad attaccare le femministe”, commenta Richard. “Il problema principale di questo governo è che non parla e non si occupa di prevenzione della violenza, quando dovrebbe essere l’aspetto più importante. Non bisogna solo pensare a punire l’aggressore perché in questo caso il danno è già fatto ed è troppo tardi per agire”. Proprio per questo Nous Toutes si sta impegnando per mettere al centro dell’agenda il tema della prevenzione. Tra le proposte principali: educare la polizia a conoscere correttamente la legge, formare le persone che lavorano a contatto con le donne vittime di violenza e soprattutto l’educazione nelle scuole.

Dal 2018 nelle scuole francesi è obbligatoria la presenza di una persona referente per l’uguaglianza di genere al fine di garantire il rispetto delle regole e sensibilizzare in particolare le studentesse e gli studenti, ma anche i genitori. Secondo un’indagine nazionale svolta da Nous Toutes, soltanto in una scuola superiore su tre è presente questa figura.

Dal 2001, invece, sempre per obbligo di legge, devono essere svolte delle lezioni di educazione sessuale nelle scuole medie e superiori per agire sulla prevenzione della violenza di genere e sessuale, promozione dell’uguaglianza, rispetto del corpo e informare studenti e studentesse sui loro diritti, ad esempio rispetto della loro identità di genere. Ma ancora una volta, dal sondaggio di Nous Toutes emerge il problema: la norma non viene rispettata.

Oltre all’educazione nelle scuole, Richard si sofferma sull’opinione pubblica e sul linguaggio usato dai media in tema di violenza di genere. “In generale c’è ancora molto lavoro da fare. Quando si deve riportare una notizia, persiste la cultura dello stupro, si colpevolizza la vittima e a volte si continua a usare il termine ‘crimine passionale’ invece di ‘femminicidio’”.
Grazie al movimento #metoo e al lavoro di tante associazioni femministe sono stati fatti molti progressi. Tanti argomenti un tempo taboo ora sono diventati visibili e sono discussi più apertamente nell’opinione pubblica, nella società e nei media. Il linguaggio si sta modificando e alcuni termini, come appunto femminicidio, stanno entrando nel vocabolario comune. “Tra l’altro, stiamo cercando di includere in questo reato anche donne trans* e donne uccise da un membro della famiglia, non soltanto dal partner. Non è facile, ma ci stiamo provando”.

Francesca Capoccia

Fonte foto di copertina: NousToutes

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