Polonia migranti confine

Polonia: nuove leggi per proteggere i confini e respingere i migranti

La seconda parte del nostro approfondimento sulla situazione al confine tra Polonia e Bielorussia, dove da mesi i migranti rimangono bloccati, vedendo negati i propri diritti. Potete leggere la prima parte qui.

In Polonia, il 30 novembre, giorno del termine dello stato di emergenza, il presidente Andrzej Duda ha firmato un emendamento alla legge sulla protezione del confine di stato che prevede la facoltà per il ministro dell’Interno di introdurre, per un determinato periodo, il divieto di sostare alla frontiera. Questo non si applica ai residenti, lavoratori e studenti che necessitano di varcare il confine, mentre per il resto delle persone, tra cui giornalisti e organizzazioni umanitarie, sarà la guardia di frontiera a decidere se consentire o meno l’accesso.

“Poiché la nostra Costituzione non permette di prolungare ulteriormente lo stato di emergenza, il governo ha predisposto un disegno di legge speciale che di fatto è il proseguimento della zona rossa dichiarata il 3 settembre con l’unico obiettivo di censurare i media e non permettere alle ONG di aiutare i rifugiati. Non c’erano – e non ci sono nemmeno ora – le circostanze che potessero suggerire di stabilimento dello stato di emergenza”, commenta Franciszek Sterczewski, membro della camera dei deputati, che abbiamo incontrato a Poznan, nel suo ufficio.

Propaganda governativa

Secondo la Costituzione polacca, lo stato di emergenza può essere introdotto in caso di particolare pericolo solo come ultima opzione, se altre misure sono inadeguate. “Il governo non ha fatto nulla per porre fine a questa crisi, per esempio non ha intrapreso alcuna iniziativa diplomatica, non ha iniziato a collaborare con le ONG, non ha chiesto sanzioni per la Bielorussia”, spiega Sterczewski. “Secondo la narrazione governativa, i rifugiati sono solo in Bielorussia, perché ogni qualvolta qualcuno cerca di entrare in Polonia, la guardia di frontiera riesce a fermarli. Questo è il motivo dello stato di emergenza e della nuova legge: non avere giornalisti sul campo, non avere prove dei respingimenti, non mostrare i volti delle persone migranti per evitare di creare empatia nell’opinione pubblica. E’ pura propaganda, e stanno usando questa situazione per coprire problemi interni come il numero dei contagi da coronavirus, il numero dei vaccini, e l’andamento economico del Paese”.

Anche Marta Górczyńska, avvocata specializzata in diritto dell’immigrazione che collabora con Grupa Granica, in videochiamata ci spiega il suo disappunto. ”Lo stato di emergenza dovrebbe essere una misura eccezionale, ma con questa nuova legge il governo sta introducendo in via permanente un provvedimento molto simile”.

Problemi di legalità

Oltre a trovare un espediente per prolungare di fatto lo stato di emergenza, il 14 ottobre il Parlamento polacco ha emanato una legge che consente di respingere i migranti alla frontiera: tutti gli stranieri che vengono fermati dopo aver attraversato irregolarmente il confine polacco saranno obbligati a lasciare il Paese, nonostante la richiesta di asilo politico. “Questo provvedimento non è legale. Non è conforme alla Costituzione polacca, ai valori e al diritto dell’Unione Europea e al diritto internazionale. Non accettare le domande di asilo politico e respingere le persone migranti significa violare la Convenzione di Ginevra, in particolare in materia di accesso alla protezione internazionale e al diritto di non respingimento in un Paese non sicuro, come è la Bielorussia”, commenta Górczyńska. “Il problema non è solo questa nuova legge, ma ciò che succede nella pratica, perché la guardia di frontiera, su indicazioni del governo, ignorava già da tempo le richieste di protezione internazionale”.

Foto di Franciszek Sterczewski

Da agosto 2021 Grupa Granica, un’iniziativa informale che raggruppa ONG, attivisti, giornalisti e fotografi, si occupa di fornire aiuto umanitario e assistenza legale alla frontiera.
“Noi riceviamo richieste da persone che hanno superato il confine e sono bloccate nella foresta, in territorio polacco, e se possiamo raggiungerli forniamo loro cibo caldo, coperte, sacchi a pelo, tende, power bank, latte per i bambini. Poi li aiutiamo ad avviare la procedura di asilo politico, perché molti di loro stanno effettivamente cercando protezione internazionale. Provengono dalla Siria, dall’Iraq, dalla regione del Kurdistan, dallo Yemen, dalla Repubblica Democratica del Congo, quindi, a seconda della situazione del Paese di origine, scappano da persecuzioni, guerre, instabilità e altre ragioni che potrebbero garantire loro protezione internazionale in Unione Europea”, continua Górczyńska. “Monitoriamo anche la situazione delle persone ricoverate in ospedale per casi di ipotermia, malnutrizione, e vari problemi di salute, accertandoci che non vengano respinti nella foresta e poi in Bielorussia”.

Anche il parlamentare Sterczewski è stato più volte al confine, e ancora adesso è in contatto con attivisti e ONG che si trovano là, seppure le informazioni sulla situazione e sullo stato delle persone migranti stanno diminuendo sempre di più. “Personalmente sono stato coinvolto in 1025 interventi di aiuto a sostegno di singole persone, famiglie o piccoli gruppi in difficoltà. In quanto deputato, insieme ad altri attivisti, chiedevo alla guardia di frontiera di rispettare la legge e avviare la procedura di protezione internazionale. Per alcuni di loro ha funzionato, ma non per tutti, e ciò è dipeso soprattutto da quanta attenzione da parte nostra e dei media è stata riservata al caso. E’ capitato che ci rispondessero che alcune persone erano già state respinte in Bielorussia, quindi abbiamo le prove di ciò che è successo ed è importante a livello legale, per chiedere giustizia”.

Ruolo dell’Unione Europea

Il 17 novembre, a tre mesi di distanza dall’inizio della crisi umanitaria, la Commissione Europea ha deciso di stanziare € 700.000 per assistere le persone bloccate al confine tra Polonia e Bielorussia, così che la Croce Rossa possa consegnare cibo, coperte, kit per l’igiene personale e kit di primo soccorso.
Il 15 novembre, invece, il Consiglio dell’Unione europea ha modificato il suo regime di sanzioni in considerazione della situazione alla frontiera dell’UE con la Bielorussia, allo scopo di rispondere alla strumentalizzazione di esseri umani effettuata dal regime bielorusso a fini politici. L’Unione Europea potrà ora imporre sanzioni nei confronti di persone ed entità che organizzano o contribuiscono alle attività volte a facilitare l’attraversamento illegale delle frontiere esterne dell’Unione Europea.

A eccezione delle sanzioni imposte alla Bielorussia, l’Unione Europea non ha intrapreso alcun provvedimento contro Polonia e Lituania che hanno violato il diritto europeo respingendo le persone migranti. “La Polonia non è il primo Paese che sta seguendo una politica di respingimento, ma a parte l’Ungheria, non ricordo casi in cui la Commissione Europea abbia condannato questi comportamenti e avviato un processo. Tutto ciò è preoccupante, non possiamo considerare l’Unione Europea un’alleata”, commenta Górczyńska.”Ylva Johansson, Commissaria per gli affari interni, ha affermato che è possibile proteggere le frontiere esterne dell’Unione Europea pur rispettando i diritti fondamentali. Ma, a parte questo, non vediamo molta pressione politica sulla Polonia per fermare questa pratica”.

Polonia migranti confine
Foto di Franciszek Sterczewski

Possibili soluzioni

Data l’attuale pressione migratoria, al fine di proteggere il confine di stato e il confine esterno dell’Unione Europea, il 27 ottobre il parlamento polacco ha adottato una legge sulla costruzione degli impianti di protezione delle frontiere. La messa in sicurezza del confine includerà l’installazione di dispositivi di protezione insieme a infrastrutture elettroniche e di telecomunicazioni.
“Penso che spendere 1,6 miliardi di zloty (circa 3.5 milioni di euro, n.d.r.) per una recinzione sia uno spreco di denaro. Ovviamente dobbiamo difendere i confini, ma dobbiamo investirli meglio, ad esempio per educare le guardie di frontiera a cooperare con le ONG. Difendere i confini non significa infrangere i diritti umani”, commenta Sterczewski. “Per risolvere la crisi umanitaria non serve un muro, bisogna fermare il flusso di arrivo, preoccuparsi e occuparsi delle cause e dei motivi per cui queste persone scappano dal loro Paese: guerra, oppressione, ma anche ripercussione dovute alla crisi climatica che ha reso alcune zone inabitabili. E questo non lo può fare un Paese da solo, ma l’Unione Europea deve agire insieme. Dobbiamo ripensare l’economia globale in maniera più sostenibile e inclusiva”.

Dal 18 novembre alcuni Paesi del Medio Oriente, come l’Iraq, hanno organizzato voli di rimpatrio per i propri cittadini dalla Bielorussia.
Durante il dibattito tenutosi il 23 novembre 2021 al Parlamento europeo, il vicepresidente della Commissione Europea Margaritis Schinas ha dichiarato che l’Unione Europea fornirà fino a 3,5 milioni di euro a sostegno dei rimpatri volontari dalla Bielorussia.
“Non possiamo esserne certi, ma quando si tratta di rimpatri, la nostra preoccupazione è che queste persone debbano pagare le conseguenze nel loro Paese di origine per aver tentato di scappare e di raggiungere la Polonia. Sono persone che vivono storie di persecuzioni e di terrore e, poiché la loro richiesta di protezione internazionale non è stata nemmeno esaminata, tutti noi siamo responsabili di eventuali persecuzioni e maltrattamenti che subiranno nel loro Paese”, conclude Górczyńska.

Francesca Capoccia

Fonte foto di copertina: Franciszek Sterczewski

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