Quando ero più giovane, era il mio sogno più grande… mi immaginavo come fosse vedere durante la notte tutti quei posti in cui, la notte, non ero in grado di andare. Guardavo quei posti che conoscevo di giorno e provavo ad immaginarmi come fossero durante la notte.
Sainey – traduzione dell’autore della recensione
“Un giorno la notte” è il documentario diretto da Michele Aiello e Michele Cattani, scritto in collaborazione con Sainey Fatty. È parte della programmazione online del Terra di Tutti Film Festival e in proiezione giovedì 7 ottobre e in programma per le sessioni streaming del festival per venerdì 8 ottobre.
Il documentario affronta il tema delle disabilità sensoriali, in particolare visive, e lo fa seguendo la quotidianità di Sainey, un ragazzo di Bologna affetto da retinite pigmentosa e che, in conseguenza della malattia, soffre di forti limitazioni alla vista, soprattutto quando si fa buio.
Sainey non è il protagonista, ma il mezzo che permette allə spettatorə di conoscere le storie di altre persone con disabilità visive, le loro esperienze e le loro preoccupazioni. Dalla squadra di baseball per non-vedenti di Bologna (Fortitudo Baseball White Sox, campioni d’Italia in carica), di cui Sainey fa parte e in cui è l’udito a guidare i giocatori, fino ai corsi di arte dove è il tatto a permettere l’esperienza con sculture e opere in rilievo, il racconto della disabilità è portato avanti con grande equilibrio. Ci sono la voglia e la capacità di godersi esperienze che potrebbero sembrare negate, e c’è anche l’incertezza (e talvolta la rassegnazione) riguardo al futuro.
Ho smesso di sognare, di fare piani, immaginarmi un futuro o cose così… Riesco solo a vedere da un giorno all’altro, o pensare ‘Ok, magari domani diventerò cieco, o il giorno successivo… non ho bisogno di fare piani. Quando sarà, sarà.’
Sainey – traduzione dell’autore della recensione
La più grande qualità di “Un giorno la notte” è quella di riuscire spesso a far immedesimare il pubblico, di fargli percepire l’esterno in assenza della vista. Ne è un esempio particolarmente efficace la partita di baseball giocata a Cagliari. La telecamera fissa il volto di “Pasqui” (Pasquale Di Flaviano) durante l’ultimo turno in attacco della squadra. Non si vede ciò che succede in campo, ma sentiamo quello che sente lui. La mazza che colpisce la palla coi sonagli, il rumore del segnalatore acustico che guida la corsa dei giocatori, fino all’annuncio dell’arbitro “salvo alla 2!” che anticipa l’esplosione della gioia di Pasqui e di tutta la squadra per la vittoria. Come loro, seguiamo quei rumori e li decifriamo cercando di capire quello che succede dietro la telecamera.

La trasferta in Sardegna affronta anche il tema della sicurezza e di quanto sia importante avere infrastrutture adatte. Durante un allenamento, uno dei giocatori di Bologna, Ousmane, perde la direzione di corsa e sbatte contro un ostacolo posto a bordo campo. L’incidente, che avviene durante le riprese, alimenta una discussione sulla sicurezza dell’impianto, evidentemente non a norma.
Io non capisco perché si ostinino a mandarci a giocare qua… Non ci sono i campi, non si gioca. Punto. (…) Siccome siamo non vedenti e i campi ci sono, si allungherà il campionato, ma ci devono mandare a giocare dove c’è sicurezza.
Pasquale
“Un giorno la notte” racconta anche il confronto con la malattia, in particolare con la retinite pigmentosa da cui è affetto Sainey, una malattia degenerativa che può portare alla perdita della vista, e che limita sostanzialmente le capacità dell’individuo di percepire l’esterno con gli occhi. Al momento, non esiste una cura.
Nel raccontare la sua prima visita con un medico in Italia, Sainey confessa che non si era mai reso conto di quanto la sua vista fosse limitata. Pur sapendo fin da bambino di non poter vedere in condizioni di bassa luminosità, non aveva mai realizzato di avere problemi a vedere ai lati di ciò che osservava.

È interessante a questo proposito l’analogia con la telecamera: guardando il documentario, lo spettatore vede solo ciò che è inquadrato e non percepisce quello che è ai lati o attorno all’obiettivo. Per Sainey la telecamera è un mezzo per vedere meglio, poiché proietta su uno schermo di piccole dimensioni un’area maggiore di quella contenuta nel suo campo visivo. Per chi non soffre di disabilità visive o difetti di vista accentuati, la telecamera effettua invece una selezione per difetto dell’immagine visibile agli occhi. La telecamera, quindi, diventa un compromesso tra chi racconta e chi ascolta. Questo è anche il grande merito di un documentario che non vuole solo informare il pubblico, ma che con esso vuole dialogare partendo da un piano comune. Sainey è un ragazzo giovane, che a dispetto della rassegnazione che esplicita, sogna di mettere su famiglia, di trovare l’amore, avere figli e poterli vedere. Chiede a chi ha più esperienza di lui consigli pratici su come orientarsi senza vista mentre cammina, ma discute anche di come sia possibile trovare l’amore. È conscio delle limitazioni che le disabilità visive comportano, ne rifiuta i facili romanticismi, e si prepara al peggio esercitandosi a camminare bendato, mostrandoci così anche i pericoli rappresentati dagli oggetti di intralcio sui marciapiedi.
Noi dobbiamo ascoltare, per capire meglio ciò che ci è concesso vedere ogni giorno e ciò che non ci è concesso. Dobbiamo cooperare tuttə assieme per avere infrastrutture e strade sicure per tuttə, perché è difficile per chiunque affrontare il futuro se il presente è complicato.
Luca Sandrini