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Il Federalismo è adatto a situazioni di emergenza come il Covid? Un punto di vista dalla Germania

STUTTGART – La lotta al COVID-19 sta mettendo alla prova la comunità globale su più livelli. Mentre la minaccia dei contagi di massa e le implicazioni socioeconomiche dell’emergenza sanitaria sono relativamente simili, diversi Paesi hanno scelto di adottare strategie differenti. Ora, il mio scopo è quello di presentare una breve panoraica di come la Germania abbia contrastato le sfide poste dal COVID-19. Non sono un medico esperto in materia, né sono coinvolto a livello politico. Sono un insegnante in una scuola secondaria, vicino a Stoccarda. Dalla mia posizione, ho osservato coi miei stessi occhi come la Germania abbia provato a fare i conti con la situazione attuale a livello scolastico.

Casi pro capite, per Stato. Fonte: NYT

Tuttavia, è sbagliato parlare di un’azione congiunta da parte dello Stato. La Repubblica tedesca si divide in 16 Stati federati. Ogni Stato ha voce in capitolo a livello legislativo quando il governo centrale prova a far passare una nuova legge che potrebbe direttamente interessare lo Stato federato. Possono approvarla o rigettarla. A differenza della Francia, che ha un sistema governativo centralizzato, la Germania non è un Paese unificato da tanto tempo, storicamente parlando. Nel 1871, quando l’Impero germanico fu fondato, i nuovi partner fecero in modo di mantenere una qualche forma di indipendenza. QUel forte senso di rilevanza regionale e identità statale, in contrasto a quello nazionale, è sopravvissuto fino ad oggi. Non solo a livello sociale, dove per esempio bavaresi e sassoni a prima vista sembrano avere in comune solo la lingua (e anche qui ci sarebbe da ridire), ma anche a livello politico. Il governo centrale deve rispettare la sovranità parziale dei diversi stati federati. Ancora una volta, il COVID-19 mette in luce questo aspetto, sebbene vi siano crescenti critiche verso l’attuale sistema.

Mappa della “Germania” pre-1871

Da una parte, il federalismo si è consolidato in Germania e altri Paesi, non solo per ragioni storiche, ma anche pragmatiche. È dimostrato che Stati federati, che sono più piccoli, possono definire più facilmente e velocemente misure in grado di far fronte alle sfide (politiche, economiche, etc.). La questione del COVID-19, ad esempio, si è presentata prima nel sud della Germania, in Baviera. Sarebbe stato difficile spiegare agli abitanti del nord del Paese perchè avrebbero dovuto cambiare i loro comportamenti, adottando misure restrittive per contenere il virus, alla pari dei compatrioti bavaresi.

D’altra parte, i problemi iniziano proprio qui. Il COVID-19 non si ferma alle frontiere. In un mondo ormai interconnesso, migliaia di persone viaggiano di continuo anche tra Paesi molto distanti tra loro. Ci vogliono solo 9 ore per viaggiare in macchina dall’estremo sud al nord della Germania. Il COVID-19 non si ferma in Baviera, va a colpire ogni Stato federato nel Paese.

Se, da una parte, il Presidente francese Macron ha attuato il lockdown nazionale e definito piani specifici di contenimento, dall’altra, Angela Merkel – ancora una volta – non è stata ascoltata allo stesso modo. Al contrario, ogni Stato federato si è mosso indipendentemente dall’altro, adottando misure anche molto diverse tra loro. Markus Söder, governatore della Baviera, ha presentato un pacchetto di misure rigide, mentre altri Stati il Turingia o il Meclemburgo Pomerania sono stati più riluttanti a definire misure più rigorose. Ogni Stato sembrava “saperne di più” degli altri.

Soder Merkel
Angela Merkel e Markus Söder. Fonte: Bloomberg

Il risultato: una confusione generale. Ad esempio, mentre i ferramenta nel Baden-Württemberg hanno portato avanti la propria attività commerciale, in Baviera tutti i negozi sono rimasti chiusi. Oltretutto, i bavaresi al confine col Baden-Württemberg hanno continuato a viaggiare, senza escludere una possibile ulteriore diffusione del COVID-19. D’altra parte, diversi cittadini continuavano a non sapere se avrebbero ancora potuto incontrarsi con gli amici per il barbecue, ad esempio, o se avrebbero avuto ancora l’occasione di fare shopping senza indossare la mascherina. Ogni Stato ha definito e modificato i regolamenti sul contrasto alla diffusione del virus diversamente.

Lo stesso è accaduto per la scuola. L’educazione in Germania è responsabilità di ogni singolo Stato. Differiscono non solo gli standard scolastici, ma anche i tipi di scuola, il calendario delle vacanze. Stessa cosa per le misure anti-COVID. In alcuni Stati federati le vacanze estive si sono concluse e le scuole sono già iniziate. La grande questione che resta è se indossare la mascherina debba essere obbligatorio o meno. Anche qui, il Meclemburgo-Pomerania e altri Stati federati hanno reso le mascherine obbligatorie all’interno del perimetro della scuola e dell’edificio, ma non durante l’orario di lezione. Al contrario, il Nordreno-Vestfalia sta definendo misure più rigorose, estendendo l’uso della mascherina anche in classe.

Ancora una volta, i cittadini continuano ad essere confusi e si chiedono perché alcuni Stati scelgano misure più rigorose e altri più permissive. Ciò che temo è che questi diversi approcci al COVID-19 stiano intaccando l’affidabilità della politica. Sembra che non solo alcuni governatori siano agendo secondo principi populisti, ma anche che i cittadini stiano iniziando a chidersi se effettivamente la gravità della situazione posta dal COVID-19 sia giustificata. Di fatto, alcuni già lo fanno.

Un crescente numero di manifestanti a Stoccarda, Berlino e altre città hanno dimostrato il crescente disappunto con le misure precauzionali del governo. Qui, promotori di teorie complottiste come Attila Hildmann iniziano ad acquisire consenso. Questo non solo perché i cittadini si preoccupano delle limitazioni imposte ai propri diritti, ma si chiedono anche perché la questione virus sia gestita così diversamente tra i vari Stati federati.  In merito a quest’ultimo punto, sostengo che il federalismo abbia la sua ragione d’essere, ma, in tempi di crisi, ritengo sia necessario che vengano approvate misure più generali (ossia nazionali o sopranazionali), non solo per prevenire un’ulteriore diffusione di virus come il COVID-19 in futuro, ma anche dare un segnale di serietà da parte delle istituzioni.

Christian Olias

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