L’Europa è una cosa un po’ strana, si sa. Ha un Parlamento, ha un governo, ha dei confini, ha una moneta unica, tutte cose che la avvicinano moltissimo ad uno Stato. Ma, ad esempio, non ha un esercito unico per difendere quei confini e quella moneta. E, ulteriore ma che la differenzia notevolmente da qualsiasi dei 206 stati riconosciuti sul sasso rotante che ci ospita, non ha una nazionale o una federazione sportiva unica.
E non è che non si sia provato a crearla, o che a qualcuno non sia mai venuto in mente. Il problema reale è che sarebbe troppo complicato. Quasi tutti gli sport esistono da ben prima che nascesse anche solo l’idea di una unione continentale, e quindi riunire le miriadi di regolamenti, statuti, federazioni e quant’altro in un unico ente la cui nascita non era neppure presa in considerazione al momento della loro creazione sarebbe del tutto impossibile.

Ogni sport, poi, fa storia a se, con le nazioni che hanno un peso diverso fra loro. Un esempio semplice è il calcio: il massimo organo continentale con possibilità di decisione sul mondo del pallone è la UEFA, Union of European Football Association, che nel nome mostra già tutta la sua difficoltà nel prevaricare le singole nazioni e le singole federazioni, mascherandolo in un organo di pura rappresentanza. In realtà però, la UEFA, massimo organo continentale, deve non solo fare i conti con le federazioni statali, ma anche con l’IFAB, l’International Football Association Board. L’IFAB è il legislatore del calcio, l’ente preposto alla decisione – insindacabile – su regole, competizioni e gioco stesso, un ente parallelo alla FIFA (e quindi anche alla UEFA) ma le cui decisioni devono essere seguite obbligatoriamente da questi. Infatti il Board è nato nel 1886, una ventina di anni prima della FIFA, e la Federazione internazionale può proporre solamente quattro membri giudicanti su otto, a fronte di una maggioranza necessaria per ogni decisione dei ¾ (quindi, su otto, sei membri).

Gli altri quattro sono indicati direttamente dalle federazioni inglese, scozzese, irlandese e gallese, gli autonominati padri fondatori del calcio, che si sono arrogati il diritto (con il beneplacito della FIFA nel 1904, mai revocato) di decidere sul football per tutta la storia del mondo. E queste quattro federazioni, che quindi possono attraverso i loro membri soffocare qualsiasi moto rivoluzionario della FIFA, sono contemporaneamente sottoposte e superiori alla UEFA. Un bel caos, eh?
Probabilmente questo rappresenta abbastanza bene lo stato dell’Unione Europea, in costante altalena tra possibilità di decidere per i suoi stati e obbligo di sottostare alle leggi nazionali.
In questo sconfortante panorama fatto di incomprensioni, afflati nazionalistici e burocrazia soffocante, però, c’è una piccola scintilla di speranza di una nazionale a stelle gialle su sfondo blu. E arriva in realtà proprio da uno degli sport più antichi esistenti: il golf.
Infatti nel golf la nazionale europea esiste. Ora, trattenetevi dal correre in piazza sventolando la bandiera europea che tenete sempre sopra il letto ed evitate di andare a chiedere al pizzaiolo all’angolo se può sintonizzare lì la televisione invece che sulle repliche delle partite di Maradona al Napoli. Perchè la “nazionale” europea nel golf esiste solamente in una competizione internazionale, anche se forse una delle più famose: la Ryder Cup.
A questo punto della nostra storia compaiono nuovamente gli inglesi, anche se stavolta hanno molto poco da fare i gradassi: infatti la Ryder Cup era la competizione di golf, con cadenza biennale, tra la selezione inglese e la selezione degli Stati Uniti, nata nel 1927 dopo che, tre anni prima, il signor Ryder, inglese, aveva donato alla federazione statunitense un trofeo, proprio la nostra coppa, da usare in occasione di un torneo dell’amicizia tra i due stati. Ma gli inglesi vantarono un non proprio invidiabile record di quindici sconfitte nelle diciannove prime edizioni, e così prima, nel 1973, inglobarono la formazione irlandese, rimediando però solo altre sconfitte, e poi nel 1979 convocarono gli spagnoli Antonio Garrido, che aveva vinto quasi tutto in patria, ed il giovanissimo Seve Ballesteros, reduce appena due mesi prima dalla vittoria dell’Open d’Inghilterra, proprio davanti agli americani Crenshaw e Nicklaus, che facevano parte della squadra a stelle e strisce della Ryder.
Con la nascita della selezione europea, le cose diventarono sempre più equilibrate: quell’anno vinsero comunque gli Stati Uniti, 17 a 11, così come le due edizioni successive. Ma già nel 1983 la squadra europea arrivò a solo un punto da quella statunitense, chiudendo il torneo 13½ contro 14 ½. Ormai la vittoria era nell’aria, e così, sul campo inglese di Sutton Coldfield, nel 1985, la selezione europea di Ryder Cup, guidata quell’anno dall’anglosassone Tony Jacklin, vinse contro gli Stati Uniti per 16½ a 11½. Dall’introduzione della selezione continentale l’assegnazione della Ryder Cup è molto meno scontata, con undici successi per l’Europa a fronte di solo otto statunitensi.
E in questa nazionale europea, gli italiani hanno spazio? Ovviamente a farla da padrone restano gli inglesi, e dal 1979 solo tre golfisti italiani hanno indossato il blu europeo. Il primo è stato uno dei giocatori di golf più importanti della storia d’Italia, nonché il più forte, almeno fino all’arrivo dei successivi due: Costantino Rocca. Lui partecipò a tre edizioni, dal 1993 al 1997, portandosene a casa due. Nel 1995 deliziò anche i palati di tutti gli amanti del golf con una hole in one, una buca in un colpo solo (0.53 nel video alla fine del paragrafo) mentre nel 1997 affrontò in uno dei dodici scontri individuali un esordiente alla Ryder Cup Tiger Woods. Proprio quella del 1997 fu la prima edizione della Ryder a disputarsi fuori dai green di Gran Bretagna e Stati Uniti: si giocò in Spagna, al Valderrama Golf Club di Sotogrande, per celebrare l’investitura a capitano di Seve Ballesteros, primo non inglese a guidare la selezione europea, peraltro vincendo 14½ a 13½.
Gli altri due italiani sono i fratelli Francesco ed Edoardo Molinari, i primi due fratelli nella squadra europea a giocare insieme una Ryder Cup, nel 2010, vincendola sul campo di Newport, in Galles, ancora una volta per 14½ a 13½ . Checco Molinari, che probabilmente condivide con Rocca il primato di miglior golfista italiano della storia, ha anche partecipato a quelle del 2012 negli Stati Uniti e l’ultima disputata, quella del 2018 a Guyancourt, in Francia, vincendole entrambe e potendo fregiarsi di ben tre Ryder Cup, il 100% di quelle a cui ha partecipato.

La prossima edizione, quella del 2020, sarà giocata in Wisconsin, mentre nel 2022 si giocherà per la prima volta in Italia, appena fuori Roma, nel Marco Simone Golf and Country Club. Ma in quel momento, tra più di tre anni, ci sarà ancora un’Europa per cui fare il tifo?
Marco Pasquariello
Fonte immagine di copertina: The Week